LA STRADA/ Quella "Pasqua" nel film di Federico Fellini
In questi anni ho avuto la fortuna professionale di incontrare dei sodali
di Fellini: Moraldo Rossi da cui prese ispirazione per I VITELLONI, Gerald
Morin assistente alla regia, Gianfranco Angelucci autore, regista e
scrittore.
Per Federico Fellini il cinema neorealista non esisteva, solo forse PAISA’
lo era, il resto era scopiazzatura. Regalò all’Italia e al mondo LA
STRADA, una favola misteriosa e truce, come FF la definiva.
Il regista inizialmente non trovo un produttore per realizzare il film
finchè non si presentò Dino De Laurentis, che volle imporre come protagonista
femminile sua moglie Silvana Mangano. Federico stracciò il contratto e il
produttore accettò di scritturare Giulietta Masina nelle vesti di Gelsomina.
E arrivò l’Oscar.
Il film racconta la vita del brutale Zampanò e di Gelsomina, la sua
assistente, che travestita da clown intrattiene e raccoglie i soldi al
termine delle esibizioni di forza dell’uomo. Zampanò tratta Gelsomina come un
cagnolino, la tradisce con le donne che trova, la umilia continuamente, finchè
lei un giorno lo abbandona. Incontra un acrobata, detto il Matto che appena la
vede l’accarezza e si interessa a lei. Gelsomina scopre di avere un
significato, un valore che è più forte delle situazioni miserabili che
vive. Scorge dentro di sè un cuore che riesce a far emergere
un principio spirituale che la può rendere degna della sua identità umana.
Prende coscienza di sè. C’è il sapore dello scritto di Romano Guardini :
Nell’esperienza di un grande amore tutto ciò che accade diventa avvenimento
nel suo ambito.
Il Matto propone a Gelsomina di partire insieme e di fare coppia fissa nei
suoi numeri acrobatici.
Qui c’è la scena clou del film in cui Gelsomina è felice della proposta ma
al tempo stesso è sgomenta per la prospettiva di lasciare Zampanò. Il suo viso
e i suoi occhi sono l’espressione di questo. Il Matto coglie il conflitto
in Gelsomina e le dice:
Forse è meglio che ci stai tu qui con Zampanò, sennò chi ci sta?
Poi raccoglie un sasso da terra e continua:
Matto - Io sono ignorante, ma ho letto qualche libro. Tu non ci crederai,
ma tutto quello che c'è a questo mondo serve a qualcosa. Ecco, prendi quel
sasso lì, per esempio.
Gelsomina - Quale?
M - Questo... Uno qualunque... Be', anche questo serve a qualcosa: anche
questo sassetto.
G - E a cosa serve?
M - Serve... Ma che ne so io? Se lo sapessi, sai chi sarei?
G - Chi?
M - Il Padreterno, che sa tutto: quando nasci, quando muori. E chi può
saperlo? No, non so a cosa serve questo sasso io, ma a qualcosa deve servire.
Perché se questo è inutile, allora è inutile tutto: anche le stelle. E anche
tu, anche tu servi a qualcosa, con la tu' testa di carciofo.
Gelsomina decide di restare con Zampanò. Questi, accecato dalla gelosia,
reincontrando il Matto lo uccide accidentalmente.
Qui, prima che egli muoia, c’è una battuta favolosa scritta da FF:
Ehi, mi hai rotto l’orologio!
Morto il Matto, muore anche la parte interiore di Gelsomina. Non è più lei,
perde come il senno, e Zampanò l’abbandona a morte certa in montagna al
gelo posandole accanto la tromba che il Matto le aveva insegnato a suonare.
Anni dopo Zampanò sente una donna che canticchia il motivo che
Gelsomina suonava sempre con la tromba. Scopre che la poveretta era arrivata
malconcia, silenziosa e stralunata, era stata accolta in casa e quando c’era
sole suonava il motivo con la tromba. Questo sino alla sua morte.
In seguito a questa scoperta Zampanò si ritrova di notte in
riva al mare a piangere e singhiozzare, guarda le stelle in cielo e
prende coscienza di non essere un bruto ma di avere anch’egli un cuore.
FF usava una definizione che ha in sé qualcosa di evangelico dicendo che LA
STRADA era una storia di un’illuminazione, di un trasalimento di coscienza
grazie al sacrificio di Gelsomina, come se raccontasse il sacrificio della
croce.
Perché ho proposto questo film per Pasqua? Tre anni
orsono al Bif&st di Bari era esposta una mostra con i disegni originali dei
sogni di Fellini, uno in particolare mi aveva colpito, il regista che indicava
il cielo stellato con la seguente didascalia:
"Tutto
ciò che possiamo fare è cercare di raggiungere la consapevolezza che siamo
parte di questo imperscrutabile mistero che è il creato. Obbediamo alle sue
leggi inconoscibili, ai suoi ritmi e ai suoi mutamenti. Siamo misteri tra i
misteri."
FF un uomo con il cuore aperto al reale. Attraverso
le interviste con i suoi collaboratori ho avuto la conferma delle mie
impressioni. Ho rivisto perciò LA STRADA con questi occhi e
aldilà della bellezza espressiva di Gelsomina, che già di sé è un segno di purezza spirituale, mi ha
colpito il pianto di Zampanò, il bruto, il peccatore. Lui, un uomo devastato dai propri errori,
coglie Gelsomina come la sua redentrice. Un urlo e un pianto di dolore del proprio
peccato redento dalla morte di una persona che gli voleva bene.
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