Piero
Gheddo - IL
VESCOVO PARTIGIANO Aristide Pirovano 1915-1997 Editrice Missionaria
Italiana – 2007
Il titolo è abbastanza riduttivo, in quanto il libro
ripercorre la vita del missionario e non solo il periodo della sua militanza
partigiana. Certo che con un nome così, Aristide, il protagonista non poteva che avere una vita avventurosa, non
certo quella di impiegato statale. Tipo vigoroso il nostro Aristide. Ordinato
sacerdote nel 1941 nella congregazione del Pontificio Italiano Missioni Estere, entrò in contatto
con il CNL di Milano. Venne arrestato dalle SS tedesche nel 1943, restò a San
Vittore per tre mesi tra interrogatori e pestaggi, ma continuò a negare i suoi
rapporti con i partigiani.Dopo
l’8 settembre salvò dalle mani vendicative dei partigiani rossi sia fascisti
che militari tedeschi. Nel 1946 partì missionario per il Brasile. Fu lui ad
aprire la strada all’evangelizzazione in Amazzonia. Qui incontrò il dott. Marcello Candia e diede
vita al movimento Mani Tese. Fu ordinato Vescovo (il primo)
della diocesi di Macapà.Tutto finito? No, fu richiamato in Italia
nel 1965 perché venne eletto superiore generale del PIME per due mandati fino al 1977. Dall’Amazzonia a Roma il passo non fu facile.
Attraversò il Concilio Vaticano II, il sessantotto, risanando lo spirito e le
finanze della congregazione. Uomo di grande fede, attaccato a Cristo, sia nella
foresta che nella capitale della cristianità. Mise ordine nel PIME durante la contestazione del ’68 consolidandosi alle radici ed alla
tradizione della Chiesa, che aveva incontrato sin da bambino.
Allo scadere del secondo mandato si offrì per andare
in missione nelle Filippine. Ci sarebbe andato da semplice sacerdote. Ma il
clericalismo viveva e vive all’interno delle curie. Restò in stand-by per
qualche tempo.
Fu allora, verso la fine del 1977 che ebbi occasione
di sentirlo parlare. In una mattina di bigiata scolastica mi intrufolai con un
mio compagno nel salone conferenze del PIME di Milano ad un incontro tenuto da
don Giussani per gli universitari degli atenei minori. Don Giussani arrivando aveva incontrato Aristide Pirovano e l’aveva
invitato. L’ospite inatteso testimoniò
ai presenti la sua esperienza di vita missionaria. Era alto magro, con una
lunga e folta barba bianca. I due sacerdoti erano buoni amici e si vedeva
dall’aria rilassata, felice e scherzosa che il padre aveva. Era stato lui a
chiedere a don Giussani nel ’61 di mandare dei ragazzi di Gioventù Studentesca
in Brasile. Alcuni poi diventarono sacerdoti, altri nel burrascoso ’68
saltarono il fossato.
Nell’aprile del 1978 partì nuovamente per il
Brasile, cappellano del lebbrosario di Marituba costruito da Marcello Candia.
Vi rimase sino al 1992. Tornato in Italia, nonostante l’età avanzata, si diede da fare per racimolare fondi per
l’ospedale brasiliano. È morto nel 1997.
Speriamo che diventi velocemente Beato.
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