martedì 19 gennaio 2010


LO SCANDALO DELLA BANCA ROMANA/ Se la fiction sembra scritta da Travaglio e Santoro...
Gianni Foresti


La storia si ripropone ciclicamente. Nel 1890 partì una inchiesta sulla Banca Romana che nel 1893 portò all’arresto dei vertici dell’istituto di credito che tirarono in ballo presidenti del consiglio, parlamentari, imprenditori e giornalisti. Fu uno crack economico enorme, la Banca Romana stampò senza autorizzazione banconote per 68 milioni di lire di allora, molte delle quali in serie doppia. Il processo si rivelò una farsa e tutti furono assolti.
Negli anni la storia si è ripetuta, pensiamo al crack del Banco Ambrosiano, alla Popolare di Lodi di Fiorani e al circolo dei furbetti. La crisi economica partita dagli Stati Uniti ha messo in ginocchio il sistema bancario ed il mondo intero, mentre Bernard Madoff con la sua truffa ha fatto sparire 50 miliardi di dollari e si è beccato 150 anni di galera.



Domenica i principali attori sono stai presenti in tv quasi tutto il giorno per lanciare la serie, prima a Domenica in, poi a Quelli che il calcio e, per finire Fiorellino ospite al TG1 delle 20.00. Una tirata della rete in grande stile.
Qualcuno ha parlato di narrazione intensa e ben scritta, di dialoghi forti, e balle varie, probabilmente dormiva da venerdì per aver visto invece L’Ultima Parola condotta da Paragone, una noia mortale a parte le storie e il dolore delle persone condannate ingiustamente.
L’eterna lotta per il potere politico ed economico, la corruzione ed i soldi, la stampa ed i suoi direttori, la mafia: Lo Scandalo della Banca Romana come Tangentopoli nella prima Repubblica e come le trame di Berlusconi in quella attuale.
Facciamo adesso un gioco.



Provate ad immaginare Santoro e Travaglio sceneggiatori di questo pezzo di storia datato 1890, (sicuramente la scriverebbero meglio di Alessi e Purgatori), sostituite i personaggi con Berlusconi, Dell’Utri, Spatuzza, Feltri e Il Giornale, La Repubblica e le 10 domande, qualche cardinale e vescovo et voilà, il gioco è fatto.
Mi stavo dimenticando dell’incorruttibile poliziotto impersonato nella fiction dal bravo attore Ninì Bruschetta, che sarebbe l’immortale Antonio Di Pietro e tutto può sembrare attuale.
La saga di Tangentopoli con Craxi è partita nel 1992, cent’anni prima si svolgeva lo scandalo bancario riproposto nella fiction, con tanto di intervento parlamentare a discolpa.
La riproposizione di ciò è frutto di coincidenze? RaiUno l’ha studiata benissimo?
Prima l’editoriale di Minzolini, poi la fiction in onda nella ricorrenza dei 10 anni dalla morte di Benedetto detto Bettino, poi le parole di Napolitano ed in ultimo il tentativo di beatificazione da parte degli ex socialisti da Vespa a Porta a Porta.
C’è forse Berlusconi dietro a tutto? Ricordatevi che Craxi fu anche testimone di nozze di Silvio, baciò la Veronica, come Andreotti baciò Totò Rina.
C’è del marcio in Danimarca? Non lo so, forse ce lo diranno ad AnnoZero. Gli ascolti sono stati comunque buoni una media del 24% di share con 6.000.000 di spettatori, considerando che domenica sera Canale 5 aveva in campo Amici e ieri sera Il Grande Fratello.



Dopo la fantapolitica oso affermare che mi è sembrata però inopportuna la messa in onda in questo periodo della fiction Lo scandalo della Banca Romana, la crisi la stiamo vivendo sulla nostra pelle e la fiducia per gli istituti di credito non è in questo momento nel cuore degli italiani.
Uniamoci il fatto che in Italia chi ne fa le spese sono sempre i piccoli risparmiatori, le piccole imprese e i lavoratori dipendenti, ed il gioco è fatto. Sfiducia nera perciò, e la ripresa non è all’orizzonte nonostante le dichiarazioni di Berlusconi. Delusione perciò anche dalla classe politica. E chi paga è sempre il popolo.

Esprimo subito il mio giudizio sul cast. Lando Buzzanca, ormai 74enne, impersona a meraviglia il canagliesco governatore della banca. Ormai il nostro ex sciupafemmine degli anni ’70 ha intrapreso una seconda brillante carriera nelle fiction, (vedi Io e mio figlio: il commissario Vivaldi), ha buone e radicate qualità interpretative, e si vedono.
Vincent Perez interpreta il direttore del giornale colluso con la banca. Non penso sia facile interpretare il cattivo, il viscido e lo stupratore, ma lui ci riesce alla grande. Parlo ora di Fiorellino. Ve lo ricordate quando presentò il karaoke di Italia 1 con il relativo flop? Viveva all’ombra del fratello, ma poi ha trovato la sua strada, basta vedere l’interpretazione in Salvo d’Acquisto e Giuseppe Moscati. Direi che ormai è proprio un bravo attore, preparato e convincente.

Non all’altezza è la sceneggiatura, anzi direi scarsa. Nella prima puntata con la velocità della luce Fiorello, onesto giornalista, da Cefalù arriva dritto a Roma, diventa un cronista politico affermato, soldi, bei vestiti, porta via l’amante del direttore, acquista come prestanome per lui un palazzo di 25 appartamenti davanti al Pantheon.
Cioè si mette nei guai.
Ma normalmente i siciliani non sono svegli e furbi?
Il giornalista Fiorello è un ingenuo, non si accorge dei maneggiamenti, delle collusioni mafiose, giornalistiche, dei troppi soldi riciclati che girano, delle corruzioni politiche. Ma dove vive? Ha un po’ del fessacchiotto innamorato. Storia debole.
Tutto è da sfondo alla truffa della Banca Romana. La mente è il direttore del giornale che usa il suo delfino per arricchirsi ed essere sempre più potente.
Dopo il suicidio del padre e l’abbandono da parte dell’amata, Fiorello si risveglia e decide di saltare la barricata facendo poi esplodere lo scandalo.

Come dicevo in apertura, la storia è ciclica, si ripete, Giovanni Giolitti si dimise da primo ministro facendo cadere il governo ma non fu però condannato (come nessun altro politico), si ripresentò in parlamento 10 anni dopo riprendendosi la leadership e la carica. Per Bettino invece non è andata proprio così bene.

N.B. Per par condicio proporrei che un’altra sceneggiatura la scrivesse anche il bravo Oscar Giannino