martedì 29 settembre 2015

EXPO - Emirati Arabi



Ho visitato il padiglione EXPO degli Emirati Arabi. Bello esternamente, una specie di gola levigata color rosso mattone.
Dopo il percorso obbligatorio si entra in una sala cinema in cui viene proiettato un filmato promozionale. Immagini di deserto, di grattacieli, di costruzioni. Una donna anziana in abiti e velo nero, ma con viso scoperto è di guardia ad una palma che troneggia tra i nuovi palazzi di vetro. Gli ingegneri la vogliono togliere. Arrivano i parenti della nonna su un gippone e qui partono dei flash back della vita sua vita. Finale dolce e sviolinato e la pianta sarà salvata.
Unico neo: quando i parenti arrivano con il gippone, sull'auto vi è la nipotina, il padre e la madre con i vestiti locali, ma chi guida? Al volante c'è la donna.
Ma da quando negli Emirati Arabi le donne possono guidare?

domenica 27 settembre 2015

GRANDE FRATELLO 2015/ Tra concorrenti e autori un “minestrone" da flop

GRANDE FRATELLO 2015/ Tra concorrenti e autori un “minestrone" da flop





Prima di parlare del GF 14 vorrei fare una riflessione su Canale 5.  Gli ascolti della rete stanno arrancando a partire da Barbara D’Urso, Avanti un altro e Striscia la notizia. Siamo all’inizio della stagione tv e pian piano, come gli altri anni, sperano di recuperare. La fiction Squadra antimafia è stata invece disastrosa, considerando che è un prodotto inside con costi non certo bassi. Rumors dicono che la poltrona del direttore di rete traballa.
Intanto siamo giunti all’edizione n. 14 del Grande Fratello, secondo come longevità solo al Maurizio Costanzo Show. Il suo spostamento in palinsesto dallo storico lunedì al giovedì  è parso molto strano, ma a Cologno hanno smentito di aver paura degli ascolti Rai per Il Giovane Montalbano e Pechino Express. Poco convincenti però.
Un paio di giorni orsono Aldo Grasso si chiedeva se avesse ancora senso il GF. Probabilmente la domanda doveva essere posta sin dalla prima edizione. Il battage pubblicitario è stato forte. Gli articoli sui media nelle settimane precedenti hanno puntato a titoli cubitali sulla partecipazione di un ex monaco benedettino ora transessuale, sulla presenza di due fratelli di cui uno sordo, di due gemelle, e sulle affermazioni di Alessia Marcuzzi tipo “ Spaccheremo i divani !” .
La bionda Alessia si è presentata di veli svestita in uno studio con una passerella enorme su cui passava a ripetizione il nome del programma. Luci a più non posso e il marchio dell’occhio del GF sovraesposto a mo’ di logo massonico.
La bionda conduttrice ha la solita verve sguaiata, ma noi maschietti guardavamo altro, ormai più che il GF non può condurre . Quest’anno  è arrivata una nuova coppia di opinionisti: il ruvido Amendola e il gaio Malgioglio. Ciuffo blu e non più bianco, forse perché l’Inter è ancora imbattuto, aveva altresì gli occhiali e le calze dello stesso colore. Che dire, Cristiano l’abbiamo visto e rivisto in Rai e da Chiambretti sempre con l’identica parodia di sé stesso, mentre Claudio è il duro macho  di Tifosi. Diciamolo: fan cader le braccia.
Nel battage promozionale del programma, il responsabile degli autori aveva incentrato il discorso sulla forza della personalità dei partecipanti. Certo, è il cast con le peculiarità di ciascuno che da vita al programma. Quest’anno pare che i provini di selezione siano stati 40.000, svolti in maniera accurata. Il reality, si fonda sull’amalgama dei vari distinti caratteri e personaggi. E da qui perciò partiamo con le scelte fatte.
Il bell’ortopedico sardo, direi fotomodello; i due fratelli/amici di cui uno sordo; il nerd studente di scienze matematiche; le due gemelle cameriere; lo sfigato ancora innamorato di una delle gemelle; il nativo di Kiev adottato a Palermo; visto che c’è un dottore non poteva mancare un’infermiera … sexy; una modella; una imprenditrice; una manager palestrata; uno spogliarellista; un modello nero che parla in dialetto padovano. Dimenticavo, ma l’ho citato in apertura, l’ex monaco diventato trans.
La Marcuzzi ha iniziato il programma ululando: “Sarà un’edizione incentrata sulla coppia, sulla compagnia”. Certo che poi il montepremi finale lo vincerà invece un  solo concorrente.

A guardare bene il casting è un bel minestrone, il solito. Forse ci saranno delle nuove trovate (leggesi idee autorali), ma il fulcro resta lo spiare dal buco della serratura, il sesso, i pianti e i litigi.
Il capo autori ha dichiarato che è un mix eterogeneo di giovani che rispecchia la nostra società.
Certo, ma forse è l'idea di società che lui, i mass-media e una parte del governo ha in testa: unioni civili, Lgbt, gli stranieri italianizzati, la libertà sessuale, il modo facile di fare euro.
C'è anche da aggiungere che il livello culturale dei partecipanti è cresciuto, la maggior parte sono laureati. Non so se sia un bene o un male per il programma. Da padre mi vien da dire: ti ho pagato l'università e sei andato al GF a fare il pirla (detto col significato alla milanese).

Dulcis in fundo, lo spostamento al giovedì non ha giovato agli ascolti del programma, il GF 14 ha raggiunto solo il 19% di share mentre su RaiUno la fiction della prof. Pivetti si è attestata al 22%.
E la poltrona del direttore di rete traballa sempre più.

venerdì 25 settembre 2015

YELLOW BOOK - Scarafaggi di Jo Nesbo

Jo Nesbo
Scarafaggi
Einaudi
2015




Non è un nuovo romanzo della saga di Harry Hole, è il secondo, datato 1998. L'autore non aveva voluto, forse per problemi di diritti o per mala scrittura, far tradurre i primi due libri del poliziotto norvegese. Nel 2014 è uscito il primo, Il Pipistrello, e ora il secondo.
Questo è molto meglio dell'ultimo, Polizia, in cui HH sembra resuscitato dopo lo Spettro, in cui sembrava morto.
Se gli ultimi due sono abbastanza improbabili, il primo e il secondo sono acerbi, sia nel connotare il protagonista che nel susseguirsi della storia.
Però Scarafaggi, non milano è dispiaciuto.
L'ambasciatore norvegese in Thailandia viene trovato morto accoltellato in un motel. Tutto fa pensare a una squallida storia pedofila. Le autorità norvegesi, pensando di non far trapelare la notizia in patria, mandano l'ubriacone HH reduce dall'impresa australiana del primo romanzo.
Il nostro si mette a stecchetto e ribalta le scopre diversi altarini. La realtà non è come appare. Mettiamoci un agente segreto, una collega rasata a zero, una giovane senza un braccio, un padre omosessuale, un energumeno cinese, dollari e uccisioni a gogo,  mixate il tutto ed otterremo un giallo color rosso sangue.
Romanzo meno cruento e cupo di quelli a venire anche se un po' troppo complicato

mercoledì 23 settembre 2015

Fuga da Fresnes

Fuga da Fresnes. Storia del bandito bergamasco che doveva uccidere Berlusconi

Milieu 



L’autore ripercorre le imprese malavitose del fratello Pierluigi, detto Gigi. Famiglia bergamasca di Trescore con negozio di pasticceria e bar. Al figlio maggiore  il lavoro in cui è coinvolta la famiglia non si addice, gli piaccion le belle auto e le donne. Con altri amici bergamaschi inizia a rapinare banche in Svizzera e Francia. Qui verrà incarcerato in una fortezza ad alta sicurezza, ma con l’aiuto del fratello Emiliano (l’autore del libro), riuscirà ad evadere scambiandosi i ruoli in parlatorio. Questo per la loro notevole  somiglianza. Continuerà le rapine nei due stati europei con puntate in Olanda e Inghilterra.
Nel 1987 la malavita francese gli propose di rapire ed uccidere un imprenditore rampante italiano, Silvio Berlusconi. La banda fece finta di accettare spillando 700 milioni ai francesi. In maniera rocambolesca dovette ridare il denaro.
Gigi fu poi ucciso con tre colpi di pistola alla schiena in un vero e proprio agguato ad opera dei carabinieri italiani. L’autore aleggia il mistero dei servizi segreti.

domenica 20 settembre 2015

Yellow Book: ERA di MAGGIO di Antonio Manzini

ERA DI MAGGIO
ANTONIO MANZINI
SELLERIO
2015




Il terzo libro della saga si era concluso con un colpo di scena, era stata ammazzata in casa del vicequestore Rocco Schiavone  una sua amica romana.
E' depresso più che mai, arrabbiato, cafone, sopra le righe, ma ha sempre delle intuizioni geniali.
questo quarto recente romanzo di fatto è la continuazione del terzo, con  'ndrangheta, collusioni, appalti e persone già inserite nel libro precedente.

Visto il successo in libreria, l'anno prossimo partiranno le riprese per la fiction con protagonista il vicequestore. 
sono proprio curioso di come tratteranno il fatto che ogni mattina Rocco Schiavone si fuma uno spinello.

venerdì 18 settembre 2015

Amy



Amy – The Girl Behind the Name”, il documentario sulla vita della cantante soul e jazz Amy Winehouse, è uscito nelle sale italiane per soli tre giorni - il 15, il 16 e il 17 di settembre - distribuito da Nexo e Good Film. Il regista, per intenderci, è Asif Kapadia, già dietro la macchina da presa per l'apprezzatissimo docu-film su Ayrton Senna, che, con perizia e pazienza, dopo aver bussato a centinaia di porte, è riuscito nell'impresa titanica di raccogliere oltre sette ore di filmati inediti e personali che ritraggano con pennellate crude ma efficaci la vita della cantante dietro le quinte e li ha arrangiati con sapienza, realizzando un filmato di oltre due ore. Alla realizzazione del documentario hanno partecipato attivamente ex promoter, manager, agenti, produttori di Amy, persino le guardie del corpo, ma soprattutto gli amici di una vita.
Il film si apre infatti mostrandoci una Winehouse quattordicenne alla festa di compleanno dell'amica d'infanzia Lauren che, insieme a Juliette e Nick (che fu anche il suo primo agente) saranno gli unici veri pilastri stabili su cui la ragazza poté contare fino alla tragica morte, avvenuta il 23 luglio di quattro anni fa.
Fin dai primi minuti, lo spettatore intuisce la direzione che prenderà il progetto e lo scopo del regista, cioè farci vedere e quasi toccare con mano l'essenza più autentica della Winehouse,     cancellando con un colpo di spugna netto e rigoroso l'immagine che un po' tutti, superficialmente, abbiano finora avuto di lei, quella cioè di una povera ragazzaccia “maledetta” dal look tutto beehive , tatuaggi e trucco “alla Cleopatra” che, drogata e ubriacona come gli altri suoi “soci” del Club 27, è morta in modo tragico privando il mondo della sua voce meravigliosa. Un cliché abusato e usato a sproposito, quello del Club 27, che con Amy non ha nulla a che fare ma che a tabloid e giornali è sempre venuto comodo per etichettare una personalità complessa e sfaccettata come la sua ed evitare di guardare in faccia il vero dramma che una vicenda del genere nasconde dietro a sé, behind , appunto. È tanto semplice allontanare dai noi stessi la Winehouse-persona, rendercela estranea se usiamo unicamente il criterio delle droghe e delle dipendenze in generale: ma Amy – ci mostra a chiare lettere Kapadia – non può essere chiusa nella scatola nera dei rocker maledetti e pieni di soldi che se la sono cercata per colpa di vari abusi. Dai girati privati, ci appare come una ragazzina dolce e fragile, quasi una di noi, e ci muove a una tenerezza infinita. Nulla in lei è artefatto o costruito: la sua genuinità e ingenua umanità sono quasi disarmanti. “I like your sense of common”, le fa notare durante una delle prime interviste tv uno showman. Non c'è nulla in lei della star e non c'è un'occasione in cui la si senta parlare di soldi, di contratti, di necessità di fare concerti unicamente per gli introiti e per ottenere visibilità.
Non vorrei mai diventare famosa, non saprei come gestire il successo”, disse quando nel 2003 uscì Frank, il suo primo album, lasciando intendere che l'unica cosa che le interessava davvero fosse la musica, con la quale aveva un rapporto vero, sublime, viscerale. Poter cantare, suonare e scrivere canzoni erano le uniche cose che le stavano a cuore: “Io so che ho un dolore dentro, ma quando ho la chitarra in mano e mi metto a suonare tutto sparisce e per un'ora io sono contenta. Mi spiace per chi non possa avere un rifugio del genere”, confessa a un punto, ribaltando quasi i ruoli tra lei e lo spettatore, che istintivamente sente una fitta di invidia per una donna che, pur con tutti i suoi limiti, il suo desiderio di autodistruzione e i suoi problemi, non solo ti sbatte in faccia il suo perfetto Eden, ma dichiara in tutto candore di essere realmente dispiaciuta per chi non riesce a provare in Terra un assaggio di Paradiso come lei, per chi non ha un feeling così sublime com'è il suo per la musica.

Un amore puro, quello per la musica, per lo scrivere di persona, piegata sul suo taccuino, pezzi che vengono dal profondo del suo vissuto e della sua esperienza, che ha purtroppo come contraltare quello umano: il suo rapporto a senso unico con il padre, Mitch, che lei adorava ma che sembra sempre essere più interessato ai soldi che al benessere psico-fisico della figlia, e quello - malato e “cacofonico” - con il marito Blake Fielder-Civil, che la introduce a droghe più pesanti come crack ed eroina. “Amy era una ragazza che voleva solo essere amata”, afferma Nick, il suo primo agente, all'inizio del documentario, e ogni fotogramma del lavoro di  Kapadia lo sembra urlare. Amy non è solo e semplicemente una malata, una tossicomane bulimica e sregolata. Amy, cresciuta con un padre assente e sposata con un uomo che, dopo averla lasciata, torna da lei appena diventa famosa, ha una sete di amore che la divora, la uccide, come lei stessa spiega senza mezzi termini nella hit Love is a Losing Game, estratta dal suo secondo album Back to Black..
In un certo senso, Amy è stata semplicemente sfortunata, circondata e circondatasi di uomini che non hanno fatto altro che usarla e logorarla, mentre, per il ruolo “istituzionale” che rivestivano, avrebbero dovuto proteggerla dal mondo e da se stessa. Un vuoto d'amore necessario, il suo, che nemmeno il cibo, le droghe, l'alcol e la tanto amata musica hanno potuto colmare. Amy è un po' figlia di tutti noi che, aridi e incapaci di amore vero, da soli non siamo in grado nemmeno di prenderci cura di chi dovremmo e la sua è una storia che ci può insegnare ad essere più rispettosi e attenti di chi professiamo di amare solo a parole ma poi calpestiamo con gli stivali del nostro meschino egoismo.

giovedì 17 settembre 2015

Yellow book - Non è Stagione di Antonio Manzini

NON È STAGIONE
Antonio Manzini
Sellerio - 2015








Il vicequestore si arrabbia se lo chiamano commissario, chissà perché? Se penso a Maigret...
Gli piace fumare le Camel, anch'io  quando fumavo. Si ostina a calzare le Clarks nonostante la neve, in tre libri ne ha buttate dodici paia. Anch'io le uso da 40 anni, ma non compro quelle originali. Pirla sì, ma non così.
In questa nuova avventura il vicequestore Rocco Schiavone indaga su un incidente con due morti, su un rapimento, sulla 'ndrangheta calabrese e su un omicidio.
Ad un certo punto afferma:
- Lo sa perche' succedono certe cose? Perché uno non guarda con attenzione.

Certo, l'osservazione della realtà è il metodo da cui partono due grandi investigatori, Padre Brown e del ten. Colombo.

Questo terzo romanzo acchiappa, ed ha un finale a sorpresa che non vi svelo.

martedì 15 settembre 2015

Yellow book: La Costola di Adamo di Antonio Manzini

La Costola di Adamo
Antonio Manzini
Sellerio Editore
2014




Secondo romanzo con protagonista il vicequestore Rocco Schiavone. Poliziotto eccessivo, un po' maledetto e autodistruttivo. Qui si incrociano gli amici banditi di Trastervere con cui da una lezione al giovanotto stupratore ed al padre parlamentare. Lo aveva massacrato di botte e per questo motivo era stato confinato ad Aosta. Lo stupratore continua i suoi atti delittuosi e Rocco scende a Roma a punirlo.
Definitivamente? Leggete il libro.
Una donna viene trovata impiccata. Suicidio? Omicidio? Leggete il libro.  Anche qui Schiavone diventa giudice morale.
Nel frattempo piange sua moglie scomparsa e distrugge il suo rapporto amoroso con una bella aostana.


domenica 13 settembre 2015

Yellow book: Pista Nera di Antonio Manzini

Pista Nera
Antonio Manzini
Sellerio Editore
2013



In tutti i gialli che ho letto, italiani e stranieri, i commissari e gli ispettori sono tutti personaggi particolari, con storie affettive negative, con scheletri negli armadi e con arie autodistruttive. Uno solo si salva, Maigret di Simenon, che non giudica, ma che spesso ha pena per gli assassini.
Il giallista, sceneggiatore, attore, Antonio Manzini, con il suo vicequestore Rocco Schiavone non fa eccezione.
È stato trasferito ad Aosta da Roma, posto freddo con tempo di merda (così continuamente afferma), ha un c.v. non proprio immacolato, è iroso e violento.
È ad Aosta perché ha massacrato di botte rendendolo zoppo un giovanotto, stupratore seriale, figlio di un potente parlamentare. Sua moglie è morta, ma non ci è dato ancora di capire come. Parla con lei come se fosse viva.
Fuma spinelli al mattino per rilassarsi.
Quando può ruba agli stessi ladri.
Non uno stinco di santo.
In questo primo romanzo il vicequestore indaga su un morto trovato vicino ad una pista da sci tracimato da un gatto delle nevi in mille pezzetti. Era già morto prima di essere sminuzzato? Chi è l'autore?
L'attenzione ai particolari faranno si che Rocco colga nel segno.
Diverrà addirittura giudice morale con una piazzata al funerale del povero morto.

Un po' crudo come scrittura, è nello stile del personaggio. Ma si fa leggere.

venerdì 11 settembre 2015

FABRIZIO CORONA/ Il dolore e la "metamorfosi" che ci fa scoprire più uomini


http://www.ilsussidiario.net


C'è una sorta di elettricità quasi plastica e pruriginosa che si respira la sera dell'8 settembre 2015, esattamente davanti al cinema Odeon di Milano. Una massa fremente e vociante di popolo si accalca in malo modo all'ingresso della storica sala cinematografica meneghina: fotografi, giornalisti e cameraman con le ottiche schierate come mitra attendono al varco l'arrivo di Fabrizio Corona, Barabba delle folle e Gesù dei benpensanti, che dal 18 giugno scorso si è visto commutare la reclusione in affidamento in prova ai servizi sociali presso la comunità Exodus di don Mazzi, a Lonate Pozzolo. All'Oden di via Santa Radegonda è infatti in programma la prima del documentario dall'eloquente titolo “Metamorfosi”, opera prodotta dall'omonima associazione e scritta e diretta da Jacopo Giacomini e Roberto Gentile e realizzata con la collaborazione dello stesso Fabrizio. 
Ecco spiegato l'interesse della stampa e dei curiosi asserragliati: sono tutti lì per quell'uomo, “fan” e pennivendoli appollaiati come avvoltoi pronti a avere in pasto almeno un brandello di colui che altro non è che un “clic” assicurato e succulento per i quotidiani online, in grado di generare entropiche discussioni di dimensioni bibliche tra i lettori per una sarcastica legge del contrappasso della gran macchina del gossip che l'indomani, a torto, porrà unicamente l'attenzione sul caos che ha travolto Corona al suo arrivo, una buona mezz'ora dopo l'inizio della proiezione del docu-film e dopo che tutti gli ospiti si erano già accomodati compostamente all'interno.
La maggior parte di quelli che erano in lista per assistere alla prèmiere altri non erano che amici di Fabri – come amano chiamarlo - conoscenti, ex collaboratori e dipendenti che, uniti a qualche volto più o meno noto del mondo dello spettacolo, con un ordine quai monastico e un silenzio rispettoso, hanno preso posto sulle poltrone di pesante velluto rosso, senza schiamazzi. Fino all'entrata di Fabrizio in sala, il silenzio che ha accompagnato, prima la presentazione di Giacomini – che ha illustrato a grandi linee il modo in cui l'opera è stata composta a partire dal 2011, e poi la proiezione stessa – era di un'intensità quasi vibrante. Un silenzio carico d'attesa che non faceva altro che rendere tangibile il sentimento di amicizia che gran parte dei presenti provava per il Corona-uomo, non per il “personaggio”. Persone che probabilmente, in questi quasi tre anni di assenza dell'amico, ne hanno sentito la mancanza, e che, come sublime gesto d'affetto, lo hanno aspettato in tacita e vigile attesa, mentre, con un ritmo spesso vivace, a volte più lento, sul telone bianco scorrevano le immagini di questa opera “prima” di Giacomini e Gentile.
L'input della realizzazione del documentario, come lo stesso Jacopo spiega nell'introduzione alla visione, è la scoperta che, nonostante i suoi successi imprenditoriali e personali, lui, come Caligola nell'omonima pièce teatrale di Albert Camus – oserei dire – si  accorge che “gli uomini muoiono e non sono felici”. Giunge quindi il tempo per Jacopo di una metamorfosi, intesa come un percorso di crescita interiore, come la stessa etimologia del termine-chiave suggerisce. In questa esperienza di meta-forma, Jacopo decide di coinvolgere anche l'amico Corona, reduce dai guai giudiziari dell'arcinota vicenda di Vallettopoli. Ed è a questo punto del film che si incardina come una spina quello che è probabilmente il vero tema della pellicola: il dolore. Che non è solo quello di aver trascorso mesi e mesi in carcere: il tema della giustizia, dei reati, delle “coronate” non viene nemmeno sfiorato. Non ci sono buoni o cattivi, vittime o carnefici, non c'è il Corona “autentico” e il Corona “personaggio”. Appare, nel suo sordo e pervasivo dolore il Fabrizio-uomo che, con la lucidità di uno struggimento che almeno una volta nella vita abbiamo provato tutti noi mortali, che con viso stanco e tirato, quasi con strazio, confessa: “Io non sono sereno, non lo sono mai stato” e, con una sorta di paradossale scoramento continua: “Ma se fossi sereno non sarei me stesso”. Ed eccolo qui il nocciolo duro della questione, la dicotomia che strappa in due l'anima di chi vorrebbe essere in pace con sé e con il mondo, condurre una vita normale e ordinata ma che in fondo, e da solo, non ce la fa e forse non lo vuole davvvero.
Questo mondo, così come è fatto, non è sopportabile. Ho dunque bisogno della luna, o della felicità, o dell’immortalità, di qualcosa che sia forse insensato, ma che non sia di questo mondo”, si sfoga ancora il Caligola di Camus con il servo Elicone e Fabrizio, in tutte le sfaccettature della sua complessa personalità, dallo schermo sembra dirci la stessa cosa non già perché, come vorrebbero etichettare anche Caligola, è “pazzo”, ma perché è così “ragionevole” da aver capito che al mondo “le cose, così come sono, non mi sembrano soddisfacenti”. 
Il percorso di “rinascita” che Giacomini e Metamorfosi propongono a Fabrizio si snoda attraverso incontri-scontri significativi che inizialmente lui accoglie con reticenza, come quello con Iole Calvigioni e il suo Rebirthing Transpersonale, il fare da spalla al clown di strada Fabio “Matisse” Corallini, la seduta con lo psicologo Massimo Soldati e, infine, la Aum Meditation e l'urlo liberatorio di Jacopo e dei compagni di terapia che gridano forte e a più riprese – si capisce facilmente leggendo il labiale poiché la voce è coperta dalla musica intensa – la parola basta. Basta: il verbum di chi, al culmine della sofferenza non ce la fa più. Un urlo munchiano che ricalca quello straziante che già si sente nei primi minuti di girato, quando Jacopo spinge Corona a sfogarsi ma che non è più lo strazio del folle col disturbo di personalità di cluster B, ma quello di chi ha iniziato il percorso per ricomporre la dicotomia del suo Io, cominciando a lasciarsi amare per quello che è: “Noi andiamo benissimo come siamo, siamo dei miracoli che camminano”, dice la Calvigioni, mettendo sostanzialmente fine alla continua ricerca di Corona che, per sua stessa ammissione, non fa altro che “tentare di cancellare l'idea che sono sbagliato”. 
“Siamo miracoli che camminano”, nessuno è sbagliato. Non ci sono Gesù o Barabba in questa storia ma semplicemente persone, uomini, che sperimentano più spesso di quanto vorrebbero l'esperienza atroce del dolore, ma che, in fondo, capiscono, come Fabrizio in chiusura della brevissima conferenza stampa che ha seguito la proiezione di “Metamorfosi”, e come molti altri tra noi, che tutto questo strazio d'animo era funzionale a farci capire che l'unica possibilità che abbiamo per rinascere è quella dell'abbraccio di chi ci ama esattamente così come siamo. Per Fabrizio queste persone sono il figlio Carlos, la mamma Gabriella, i fratelli e tutti quelli che ieri hanno riempito con rispetto la sala e con altrettanto decoro si sono alla fine alzati per salutarlo e abbracciarlo, commossi. Per me, per noi, ci sarà qualcun altro, ma ci siamo innanzitutto noi stessi: certo non perfetti, sicuramente pieni dei lividi della vita ma forniti per natura di tutto ciò che ci serve per arrivare, non certo alla completa contentezza, ma almeno a quel gogoliano sorriso tra le lacrime, che riempie di tenerezza la nostra im-perfetta natura umana.  

mercoledì 9 settembre 2015

GPS

GPS

Ero in aereo ed avevo il cellulare in modalità omonima e mi è venuta un'idea. Il mio telefonino anche senza connessione dati ha in funzione il gps e perciò ho provato a vedere se funzionava.
Certo che andava, mi dava la mappa e la velocità. Andavamo a 980 km orari. Avvicinandoci all'altezza di Pavia la velocità ha cominciato a diminuire arrivando a 500 km circa. Nel momento dell'impatto al suolo eravamo sopra i 200 km/H.
Da ridere: ogni tanto appariva il divieto dei 50 km orari.

lunedì 7 settembre 2015

Yellow book: IL RICERCATO di Lee Child

Lee Child
IL RICERCATO
Longanesi 



Questo è il romanzo n.17 edito in Italia con protagonista Jack Reacher. Tre libri non sono stati ancora tradotti, perciò siamo a quota venti.
I diciassette li ho letti tutti. Prendono, scritti semplicemente, sono thriller d'azione.
Jack Reacher è un ex poliziotto militare congedatosi dall'esercito con il grado di maggior. È arguto, intelligente, sveglio, attento a tutti i dettagli. Da militare non ha mai sbagliato una missione. Congedatosi ha deciso di viaggiare da vagabondo per tutti gli Stati Uniti. Vive con la pensione da militare, ogni tanto fa lavoretti, si muove di continuo, dorme in motel. Ha un bancomat ed un vecchio passaporto. Quando i vestiti sono logori e sporchi, in media ogni tre giorni, li butta e ne compra di nuovi, comodi ma a low cost. Non è un figo, è alto più di 190 cm, muscoloso, forte e ....  acchiappa spesso. Non si ferma mai in nessun luogo in maniera stanziale ma solo per brevi periodi dovuti soprattutto ad incontri fatti o ad avvenimenti accaduti. Questi perlopiù sono crimini che lo trovano involontariamente invischiato è che con il suo senso di giustizia risolve alla sua maniera: ammazzando i cattivi e salvando le vittime. Da buon militare ha una mira perfetta, ed utilizza la propria forza con altrettanta capacità ed intelligenza. Ha una mente calcolatrice, sa quanto impiega per fare una determinata azione o movimento, a che ora arriverà in un determinato posto in base alla velocità dell'auto ed al traffico. Esegue in maniera semplice calcoli complessi. A livello manuale è capace di fare tante cose, quello che gli manca lo riesce ad imparare in fretta. Conosce la storia, ha una mente fotografica per tutto e si sa orientare nel nulla. Un po' autistico, un po' robot, ma sempre un uomo.



Dalla saga letteraria è stato realizzato per ora solo un film, ma il sequel è già stato annunziato.
L'attore del film LA PROVA DECISIVA è Tom Cruise, che non è alto, ma fa colpo sulle donne. Il cinema ha cercato una star più fotogenica. Il regista e C. McQuarrie, pochi film tra cui il MISSION IMPOSSIBLE del 2015 sempre con Cruise. 
McQuarrie è stato un grande sceneggiatore, un film su tutti, I SOLITI SOSPETTI.

JR si muove in autostop oppure con i torpedoni americani per lunghe distanze. 
Importante, non ha casa, non ha auto. Provate a mettere insieme il costo annuale di benzina, assicurazione, gas luce, spese condominiali ed altro, con gli stessi dollari viaggereste per anni, non con il Freccia Rossa o Alitalia, non dormendo al Danieli o all'Excelsior.
Una vita da zingaro, da uomo senza legami, chiaramente da romanzo che per forza di cose si tinge di giallo.
Ne IL RICERCATO è in viaggio in autostop e viene caricato da un auto con due uomini e una donna. Questa gli fa capire di essere stata presa in ostaggio. JR si libera e scappa. Nel frattempo l'FBI è sulle tracce dei fuggitivi, un uomo e stato trovato ucciso.
Arriva la CIA. Il caso si complica, è un complotto per avvelenare la falda acquifera da parte di un gruppo di terroristi islamici. JR non scappa ma va sulle tracce dei sequestratori e ... ne vedremo delle belle.
Un thriller che acchiappa con diversi colpi di scena.

venerdì 4 settembre 2015

GRANDE SCHERMO 2005 - CINDERELLA MAN - Una Ragione per Lottare

GRANDE SCHERMO 2005 - CINDERELLA MAN - Una Ragione per Lottare

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Dal 1965 siamo arrivati al 2005 ed il film che vi propongo è CINDERELLA MAN - Una Ragione per Lottare. Potrebbe essere il film manifesto del family day contro la teoria gender attuale, non come contrapposizione, ma come giudizio e dimostrazione di un'esperienza positiva.
Il titolo già dice tutto, un uomo che ama profondamente la sua famiglia, i suoi tre figli e la moglie. Durante la depressione americana degli anni '30, James Braddock, per dare da mangiare alla propri cari si adatta a lavorare al porto come scaricatore.
È irlandese e cattolico, anche se si lascia andare ed afferma: Non ho più preghiere da dire. È un pugile e nel 1935 avrà l'occasione della vita e diventerà campione mondiale dei pesi medio-massimi.
Il regista è Ron Howard, il protagonista  Russell Crow, la moglie Renée Zellwegger, il manager Paul Giamatti. Mica paglia.
Facciamo un salto nel mondo del pugilato che mi è sempre piaciuto. Ho i ricordi delle sfide tra Nino Benvenuti e Emile Griffith, poi della roccia Carlos Monzon. Il più grande per me è stato Cassius Clay/Ali per stile e testa, finendo poi con il potente Tyson pre-galera. Di questi due boxer ho visto tutti gli incontri e letto anche libri sulla loro vita.
La boxe nel cinema ha avuto dei successi e delle pellicole memorabili, che ho visto e vi propongo. LASSÙ QUALCUNO MI AMA con P. Newman, TORO SCATENATO di Scorsese con De Niro, HURRICANE con D. Washington (anche se la boxe è stata solo di contorno), il primo ROCKY (che ricalca la storia di Braddock), il bellissimo THE FIGHTER (grandissimo C. Bale). Oscar vinti ed interpretazioni da cineteca.
Difficile girare un film sulla boxe. Gli attori debbono prepararsi fisicamente ed atleticamente in maniera reale, le riprese non possono essere come quelle TV degli incontri perché debbono trasmettere un pathos, delle suggestioni, ed il montaggio deve avere ritmo. In più il racconto e la sceneggiatura devono avere una consistenza, i personaggi non possono essere solamente degli atleti che tiran pugni, deve esserci una forte caratterizzazione. È vero anche che molti di questi film sono dei biopic, ma il trattamento della storia deve tenere stretto alla poltrona lo spettatore e questo si ottiene miscelando tutti i fattori appena elencati.
Parliamo ancora di CINDERELLA MEN. Il Cenerentolo è R. Crowe, ormai all'apice della carriera dopo l'Oscar del 2000 con IL GLADIATORE e sfiorando ancora la statuetta con A BEAUTIFUL MIND. La sua interpretazione è convincente, rispecchia la storia di James Braddock ma al tempo stesso  è capace di esaltare e far emergere il desiderio di bene che l'uomo ha per la propria famiglia, di lavorare e poi combattere sul ring per essa. Il regista è l'enfant prodige Ron Howard, che già piccolissimo esordì prima nella pubblicità, poi nei film come LASSIE e AMERICAN GRAFFITI. Divenne una conoscenza mondiale con HAPPY DAYS al fianco di Fonzie. È diventato regista e ha lavorato con i migliori attori. Un titolo però su tutti: A BEAUTIFUL MIND sempre con Crowe e vincitore dell'Oscar come regista e miglior film.
La mogliettina di Crowe è Renée  Zellwegger  che aveva sfondato con IL DIARIO DI BRIDGET JONES del 2001 e si era affermata con RITORNO A COLD MOUNTAIN. Dopo si è arenata e rifatta il viso. Peccato.
C'è anche Paul Giamatti, nel ruolo del manager. Lo reputo un attore versatile e camaleontico, capace di passare da UNA NOTTE da LEONI 2 a partecipazioni serie.

La fotografia è spettacolare, tutto girato in chiaro scuro, le inquadrature sembrano quadri di Caravaggio.

Amare e lottare. La vita è spesso dura e difficile, ma il sostegno della moglie, l'amore per essa e per i suoi tre figli, la lotta umana contro le avversità e le precarie condizioni economiche esaltano ancor di più il desiderio di bene di J.Braddock.
Le prime battute del film sono rivolte al manager: Vieni a salutare i miei figli.
I suoi cari sono sempre nei suoi pensieri e gli danno forza, come nel flash back di quando è in difficoltà su ring.
Il figlio più grande, per fame ruba un salame, il padre non lo bastona ma lo porta al negozio dove ha compiuto il furto e lì chiede scusa. Film educativo.
Oltre all'amore e alla lotta si parla anche di morte. È quella di un suo amico irlandese che vive in maniera turbolenta il rapporto con la moglie. La morte è anche sul ring: il detentore del titolo che lui batterà ha mandato nella fossa due pugili. La moglie di Braddock, ha paura che ciò accada al marito dato per perdente. Va in chiesa a pregare Dio e trova altra gente che prega per il suo caro James detto Jim.
La scena finale richiama a quella iniziale, è un insieme di flash back  del pugile con la famiglia e riassume il senso del film.
Una postilla finale per tutti quei clericali che sono accaniti detrattori della boxe. Il grande Cassius Clay, già diventato islamico, di passaggio a Roma dal suo amico Gianni Mina' chiese al giornalista di essere ricevuto da Papa Giovanni Paolo II.
Mina' aveva qualche aderenza con il segretario papale Stanislao e in maniera titubante ci provò.
Due giorni dopo furono inaspettatamente ricevuti in Vaticano. Non ci sono filmati, solo poche rarissime foto di circostanza, nessun giornale ne parlò. Papa Wojtila raccontò di essere un ammiratore di C.Clay e che in seminario si faceva lasciare dal rettore la chiave della sala tv per vedere gli incontri notturni (causa fuso orario) del campione.

mercoledì 2 settembre 2015

Lourdes 3 - Costume

Lourdes 3
Quanti siano gli hotel di Lourdes non si sa, ma la maggior parte hanno nomi di santi.
I prezzi sono buonissimi ed anche la qualità, un tre stelle di qui non è minimamente paragonabile ad uno di Rimini.
Dalla città romagnola hanno importato il business dei souvenirs. Molta paccottiglia. 




Negozi à  gogo con improbabili oggetti di tutti i tipi con l'effige di Maria e Bernadette.
Molti portano la scritta "negozio italiano", ma veri ne ho visti solo due. Attenzione, i negozianti sono tutti poliglotti, perciò non dite come ho fatto io che gli oggetti erano made in China. Lo capiscono e ne hanno a male. Parlate in dialetto (anche inventato).
Molti bar hanno cartelli con scritto "gelato originale italiano", ma poi scoprite che hanno quelle macchine a leva che fanno uscire un gelato che sembra latte condensato della naja anni '70.
Da Rimini non hanno importato la cucina italiana, si mangia male, e delle brasserie hanno solo l'insegna.


In alcune ore particolari (12.00 e 17.00) il traffico è opprimente stile tangenziale est di Milano, con la differenza che le strade son strette e piene di gente.
Aggiungete che qualche autista fenomeno blocca il furgone per scaricare e la coda diventa bestiale.

I taxi sono tutti furgoni stile Ducato per 7/9 posti, per gruppi. Taxi normali non ve ne sono.
I volontari sono tutti gentilissimi. In particolar modo quelli delle piscine, molto attenti alla persona e pregano anch'essi durante l'immersione in acqua.
Ho visto tanti piccoli fans di Matteo Renzi, gli scouts, tutti italiani e bellocci. Un po' se la tirano.
Pellegrini di quasi tutte le razze e nazioni, bianchi, neri, giap, brasiliani, spagnoli, indiani con il punto in fronte, polacchi, francesi, italiani, irlandesi. Pochi inglesi ed ancor meno americani.
Nei giorni della mia permanenza c'erano anche nomadi e gitani. Non in costume ma tutti di corporatura grossa in stile reality Gipsy americano.
Di cinesi neppure l'ombra, e neppure i loro negozi, bastano quelli simili che già ci son qui.
Ci sono candele di vario tipo, piccole e fini, stile ortodosse, normali, di 50, 80 e 100 cm.
In base alla lunghezza cambia anche la circonferenza.
Poi ci sono i ceri, ne ho visto nel negozio del mio hotel uno di 150 cm. di altezza e 10 di diametro.
Costo: 259 euro.





Si dice che sulla terra  per un uomo ci siano sette donne. Non so sia vero, ma forse son di più. Se andate alle piscine a vedere la fila della donne e poi controllate quella degli uomini forse si scoprirà che sono molte di più.
A Lourdes vanno di moda i cappelli baschi. Originali e tarocchi. I locali non li indossano, li comprano solo gli stranieri.
La linea stilistica più indossata dalle donne e in vendita nei negozi è fatta di magliette, camicette e vestiti lunghi di color bianco di fondo con righe blu orizzontali. Marinai delle montagne.
Altra chicca che neppure a Roma ho trovato (ma controllerò meglio la prossima volta che ci andrò). Nei negozi che vendono vestiti per il clero, ci sono delle camice nere, grigie, azzurrine slavate e azzurre, tutte con il collarino bianco di plastica lucido.
A guardar bene quelle azzurre non son camicie ma polo di cotone con la trama stile Lacoste. Visto che non han messo il coccodrillo, potevano ricamarci direttamente un crocefisso color oro. Quasi quasi le brevetto. Il prezzo è sulle 25/28 euro. Buono.


Dulcis in fundo. Le sigarette costano molto di più che in Italia: Camel azzurre, in Italia 4,80; in Francia 6,80 euro.