lunedì 24 settembre 2012

Un calcio malato





Fa notizia che il sindaco Pisapia voglia aprire, in stile Zapatero, le adozioni alle coppi gay. Fa altresì notizia che la Minetti sfili da modella più che parlare di lei come rappresentante politica. Che la F1 si corra di notte a Singapore, per fortuna, ce ne impippa.
E l’Inter ed il Milan che affondano? Non fa notizia, la maggior parte dei tifosi milanesi se lo aspettava.  Non fa notizia che un amico milanista, dopo 40 anni, non si abboni più alla squadra rossonera. I vertici del Milan dovrebbero fare una riflessione, almeno fargli una telefonata sul perché della scelta.
Che il calcio sia drogato non ce ne accorgiamo adesso. Da quando sono nati i diritti televisivi dello sport più amato del mondo, il dio denaro ha sostituito il pallone di cuoio. Sponsor ovunque: dalle casacche ai pannelli dove si intervistano i calciatori. Il loro stipendio ha ormai rasentato il ridicolo, 10/12 milioni di euro all’anno per le star e da i 2/3 per quelli considerati sufficienti. Uno schiaffo alla miseria se si considera la crisi di questi anni e gli stipendi correnti dei lavoratori dipendenti. I club sono avidi di denaro ma al tempo stesso sono quasi tutti in deficit. Le tv continuano a pagare ma prima o poi chiuderanno i cordoni della borsa. Le squadre non allevano i vivai ma acquistano all’estero alla grande. Ci guadagnano i mediatori, gli osservatori, gli agenti e i calciatori stessi. Non il gioco. E per di più si fanno quotare in Borsa, per rastrellare denari, con la possibilità di spalmare i debiti negli anni e di conteggiare spesso a bilancio le (finte) plusvalenze sulle cessioni dei dipendenti.
E mentre Ibra cambia ogni squadra ogni due anni affermando che l’ultima è sempre quella che più desiderava, Agnelli fa rimpiangere per la superbia il nonno Avvocato, Del Piero è costretto ad emigrare in Australia, il Cavaliere chiude i rubinetti, Zeman continua a don chisciottare, la FGCI e la Lega Serie A latitano alla grande, gli stadi si spopolano. Per non parlare di scommettopoli dove molti calciatori ci han lasciato la palla.
Spezzo una lancia da garantista per Antonio Conte. La teoria è sempre la stessa: non poteva non sapere, e se aveva dei sospetti doveva denunciarli.
Così senza prove, ma per sentito dire, la carriera di molti giovani sarebbe stata troncata solo per dei sentito dire.  Questa è la teoria giudiziaria su cui ha fatto carriera Di Pietro e il pool palermitano. 
Ormai il sospetto è una colpa.