lunedì 19 marzo 2012

Non è un paese per vecchi



Cormac McCarthy
Non è un paese per vecchi
Einaudi


Ieri sera scanalando sul digitale terrestre ho incrociato su Studio Universal il film Non è un paese per vecchi, tratto dall'omonimo libro di Cormac McCarty.
Le coincidenze non esistono. Mercoledì un amico mi ha parlato del libro, che ho letto anni addietro, sottolineandomi le ultime pagine in cui lo sceriffo esprime delle considerazioni. Parlano del lavoro, sono parole estremamente semplici ma concrete, vere, di una crudo realismo.
Il lavoro come continuità dell'opera di Dio.



"Quando uscivi dalla porta sul retro di quella casa, da un lato trovavi un abbeveratoio di pietra in mezzo alle erbacce. C'era un tubo zincato che scendeva dal tetto e l'abbeveratoio era quasi sempre pieno, e mi ricordo che una volta mi fermai lì, mi accovacciai, lo guardai e mi misi a pensare. No so da quanto tempo stava lì. Cento anni. Duecento. Sulla pietra si vedevano le tracce dello scalpello. Era scavato nella pietra dura, lungo quasi due metri, largo suppergiù mezzo e profondo altrettanto. Scavato nella pietra a colpi di scalpello. E mi misi a pensare all'uomo che l'aveva fabbricato".
[...]
"Ma quell'uomo si era messo lì con una mazza e uno scalpello e aveva scavato un abbeveratoio di pietra che sarebbe potuto durare diecimila anni. E perchè? In cosa crede quel tizio? Di certo non credeva che non sarebbe mai cambiato nulla".
[...]
"E devo dire che l'unica cosa che mi viene da pensare è che quello aveva una sorta di promessa dentro il cuore. E io non ho certo intenzione di mettermi a scavare un abbeveratoio di pietra. Ma mi piacerebbe essere capace di fare quel tipo di promessa.
E' la cosa che mi piacerebbe più di tutte".