domenica 30 gennaio 2011

Book da leggere


Carlo Bonini - Renato Vallanzasca
Il fiore del male
Tropea


I primi spari si sono sentiti a settembre al Festival del cinema di Venezia, quando Michele placido ha presentato il suo film su Vallanzasca. Il regista si è difeso dai colpi affermando che il pluriergastolano non era stato trattato da eroe, anzi. Adesso la Lega Nord ha fatto esplodere la sua bomba chiedendo di boicottare il film.
Placido, che ha sì il giubbotto antiproiettile, questo non l’aveva previsto.

Ma torniamo indietro nel tempo. Nel 1999 è stato pubblicato il libro
Renato Vallanzasca - Il fiore del male, da cui è stata tratta la sceneggiatura del film.
Di fatto è una lunga intervista di Carlo Bonini a Renato Vallanzasca. Nel 2010 è stato rieditato con il cambio della prefazione. Il bel Renè adesso è invecchiato di undici anni, ne ha 60, e sicuramente vede le cose diversamente dal 1999.
Leggendolo si ha l’impressione di scorrere un romanzo, un film, in cui il protagonista racconta la sua vita in maniera guascona ma non irridente. Il mito del bandito sciupa femmine, dell’uomo con un suo personale onore, amante dei bei vestiti e delle belle auto si compie. C’è uno spaccato della malavita degli anni ’70 milanese.
Alcune cose mi hanno colpito.
Nella nuova prefazione di Vallanzasca si legge che ricoverato in ospedale alcuni anni fa, dei ragazzi del quartiere Comasina gli si presentarono ai piedi del letto fieri di conoscere il famoso boss. Ma lui perentorio disse:
Non fate cazzate, ragazzi. Pensate a studiare, o anche a lavorare, perché queste sono le sole alternative valide per evitarvi un futuro pieno di infelici disavventure. Non lo ritengo molto intelligente.

Dopo quasi quarant’anni di carcere non poteva che dire la verità su sé stesso.
Bonini afferma dopo la prefazione:
Renato Vallanzasca non si è mai pentito, né dissociato. Non ha mai chiesto perdono. ha continuato a pensare negli anni che il sentimento privato delle sue vittime fosse nella loro esclusiva disponibilità e andasse rispettato con un silenzio dignitoso. Che il suo debito andasse estinto con il carcere.

Io penso sia sempre difficile e inadeguato chiedere a parole il perdono per i propri misfatti.
Di una cosa si è però pentito, di aver avviato in carcere la caccia all’infame, cioè al delatore o pentito.

lunedì 17 gennaio 2011

Book da leggere: ROBERT CAPA


Robert Capa
di Alex Kershaw
Rizzoli

La fotografia è stata la mia prima passione, poi sono passato al video, ma è rimasta sempre nel mio cuore. Ancora adesso ritengo la fotografia l’espressione di ciò che il cuore riesce a vedere ed intuire.
La foto sublima un istante che puoi stampare e guardare continuamente, il video passa e se ne va.

Il libro di Robert Capa bisogna cercarlo e leggerlo. Parla dell’uomo e non solo del fotografo.
Robert Capa è stato il più grande fotoreporter del ventesimo secolo. Una vita avventurosa la sua. Scappato dall’Ungheria per sfuggire alle purghe fasciste, approda a 19 anni a Berlino. Impara l’arte della fotografia, ma con l’avvento di Hitler va a Parigi. Da lì parte per fotografare la guerra civile in Spagna . Diventa famoso per la foto al miliziano ucciso.
Va poi in nord Africa alla caccia di Rommel, sbarca con gli alleati in Sicilia, libera Napoli, sbarca ad Anzio. Si salva miracolosamente fotografando per primo l’assurdo assalto degli alleati in Normandia.
Steven Spielberg dirà che per il suo Salvate il soldato Ryan si è ispirato a molte foto di Capa.
Si paracaduta con le truppe alleate in Germania partecipando alla liberazione di Lipsia e Berlino.
Finita la guerra torna in Spagna a documentare la sconfitta comunista.
Si sposta sei mesi i Cina e documenta la critica situazione cine-giapponese.
Fonda l’agenzia Magnum con amici fotografi tra cui Henri Cartier Bresson.
Si catapulta al momento giusto per vedere la fondazione dello stato di Israele.
Muore su una mina in Indocina a 40 anni.
Diventa un mito, anche se un po’ lo era anche da vivo
Personaggio straordinario, senza casa, amante dei bei vestiti, del buon mangiare, del bere, del gioco d’azzardo. Nato povero è morto povero dilapidando a poker i suoi guadagni. Donnaiolo, innamorato di tante donne non ne impalmò neppure una anche se ebbe una relazione di alcuni anni con la bellissima Ingrid Bergam. Un uomo che si sentiva di vivere l’istante e l’oggi come se fosse sempre l’ultimo della propria vita.
Aveva anche capito che professionalmente la televisione avrebbe cancellato la fotografia.
Un uomo con tanto ardimento nella professione ma con tante difficoltà umane personali nella vita normale. Un uomo che ha lasciato il segno.

lunedì 10 gennaio 2011

RIdere per non piangere


Ridere per non piangere.
Anche a Mediaset piangono.Inondata dalle polemiche per la bestemmia non punita al Grande Fratello e per l’ammissione del bestemmiatore squalificato nella scorsa edizione (tutto ciò mentre i cristiani vengono martirizzati nel mondo), scende la prima lacrima di coccodrillo dal gotha della rete ammiraglia, e così vengono squalificati tre partecipanti in un colpo solo. Contemporaneamente lo show serale domenicale con Barbara D’Urso incassa sonori schiaffoni (12% di share). Dopo le lacrime, il pianto.
In quel di Cologno ci si affida per ridare un po’ di sorriso alla comicità di Zelig.
Dopo 13 anni lo show della comicità nato nel famoso locale milanese è diventato un punto di forza del palinsesto di Canale 5. Forte del 24% di media della scorsa stagione, Publitalia ha venduto le fasce pubblicitarie all’interno del programma come best-price, cioè euri pesanti.
Il format è sempre uguale, sketch di comici esordienti che si susseguono in continuazione alternati a quelli storici e famosi. C’è Claudio Bisio, una certezza, affiancato quest’anno da Paola Cortellesi. Se il duo riuscirà a trovare la sintonia faranno sicuramente furore.
In un momento in cui, i primi tre film in classifica al cinema sono comici, la trasmissione sarà sicuramente un successo. Speriamo che il bravo Checco Zalone, scoperto proprio da Zelig, non si inflazioni troppo con le comparsate (vd. Il programma della D’Urso).
Importante è anche il continuare a registrare Zelig in un teatro dove la gente non è figurante o invitata, ma paga dai 20 ai 30 euro. Sicuramente il clima non è freddo quanto quello di uno studio tv.
Al momento Zelig è l’unica trasmissione comica e di satira televisiva che non fa una satira arrabbiata contro Berlusconi. Gino & Michele, non sono elettori del Presidente del Consiglio, ma hanno mano libera sui testi. Un esempio ne è la canzone di Checco Zalone su Berlusca e la D’Addario.
I telespettatori probabilmente hanno bisogno di ridere e scrollarsi di dosso i problemi fagocitati dalla politica e dal pessimismo economico che ci avvolge.
Paola Cortellesi farà sicuramente pezzi di satira politica, è la sua forza, mentre Ficarra e Picone annunciano una parodia su Ghedini e Alfano.
E adesso parliamo di Paola Cortellesi. Nota al pubblico per le sue belle imitazioni e parodie di donne potenti, potrebbe essere la forza in più di Zelig. Nel suo one man show per RaiTre non ebbe un grande successo, solo Fiorello lo può fare. Molto brava invece nell’interpretare la fiction su Maria Montessori.
È stata scelta dai responsabili di Canale 5 catapultata con un misero cachet di 65 mila euro a puntata.
E qui è scoppiata la bagarre: ma come una che si sbraccia a sinistra come lei accetta di andare da Berlusconi?
Lei ha risposto che paga le tasse, che quello è un buon cachet per una prima serata di canale 5, e che nessuno ha eccepito sul fatto che altri conduttori (Bonolis, Amadeus,etc) hanno spesso cambiato casacca tv aumentando i propri introiti.
Francamente Gino & Michele, Bisio, Gialappa’s, Chiambretti ed altri non votano di certo PdL. È come rinfacciare l’incoerenza di chi sbraita a sinistra e poi si fa pubblicare da Mondadori .
Per fortuna questo avviene, vuol dire che nelle tv e nella casa editrice del nostro Premier la libertà d’espressione è viva e vegeta, ma però è il telespettatore ed il lettore a dare la sentenza.
Che poi sia giusto rinfacciare l’incoerenza fa parte dei giochi politici ed in fondo è comprensibile e realistico che avvenga.

lunedì 3 gennaio 2011

Book da leggere


I templari
Régine Pernoud
Effedieffe


È un libricino fuori catalogo che vale la pena di cercare e leggere. L’autrice è stata una delle più grandi ricercatrici, studiose e divulgatrici del periodo medioevale. I suoi scritti mettono in luce la prosperosità e la bellezza del Medioevo, che contrariamente viene definito un periodo oscurantista.
Ne I Templari si racconta la storia, le imprese, la vita dell’ordine monacale, la cui regola fu scritta da San Bernardo. Qui si ristabilisce la verità sulle nefandezze e scioglimento forzato dei Templari.
Se avessi vissuto in quei tempi sarei diventato uno di loro.