mercoledì 29 gennaio 2020

CHI M'HA VISTO/ La commedia con musica per riflettere sul destino dell'uomo



CHI M'HA VISTO/ La commedia con musica per riflettere sul destino dell'uomo


Chi m’ha visto è un film del 2017, divertente ma non banale, che tratta di musica in apparenza ma invece esplora il destino dell’uomo. La fanno da padroni i due protagonisti, Beppe Fiorello nei panni di Martino Piccione e Pierfrancesco Favino in quelli di Peppino Quaglia. Favino è probabilmente in questo momento il miglior attore italiano dopo le performance nelle interpretazioni di Buscetta e Craxi. Ma anche Fiorello è un bravissimo attore e la sua maturità artistica l’abbiamo vista compiersi in questi anni, se pensate invece al suo inizio disastroso come sostituto del fratello nel Karaoke di Italia 1. Il duo è veramente irresistibile, speriamo continuino a recitare insieme.
Abbiamo diversi elementi che ci portano a sorridere in questa commedia: il cognome dei due, la gestualità e le espressioni facciali di Favino contro la sobrietà di Fiorello, la scelta delle musiche stile western, la location desolata di una piazzetta con il barbiere sfaccendato e due accoliti sempre seduti al tavolino dell’unico bar in un paese depresso, il prete argentino nerd, e la madre di Piccione attaccata alla tv con quello che ne consegue. Aggiungete il dialetto e lo slang pugliese e per uno come me che è cresciuto con foggiani e baresi il divertimento è una certezza, mentre per la mia compagna Ardea, nata nelle Tre Venezie ho dovuto mettere i sottotitoli in italiano.
Fiorello/Piccione è un chitarrista rock che lavora come anonimo turnista, cioè partecipa a progetti musicali come concerti o registrazioni, con i migliori cantanti italiani come Elisa, Negramaro, Morandi, Arisa, Jovanotti, ecc. Raggiunti i 48 anni non ha ancora sfondato come solista con il suo disco e questo lo deprime. Dopo il tour con Jova torna per alcuni giorni al suo paese nelle Murge, dove lo aspetta l’amico Favino/Quaglia sdraiato sulla sua Ape che propone il giro turistico delle colline pugliesi, dove invece non arriva mai nessun turista. Uno sfaccendato in canotta, cappello, stivaletti a punta, statico con il suo mezzo nella piazzetta del paese.
Piccione guardando la tv ha un’illuminazione, un programma della Rai simile a “Chi l’ha visto?” gli aguzza l’ingegno con l’idea di sparire per far parlare di sé l’Italia intera e così di sfondare sotto l’aspetto professionale. Il complice è chiaramente Quaglia che lo porta in un vicino paese diroccato dove per due mesi il chitarrista si nasconde.
Quaglia porta anche una bella ragazza di strada al suo amico che però rifiuta, lui ha un animo puro, per andare a letto con una donna deve esserne innamorato. Intanto i media e la tv ne fanno un caso nazionale, i cantanti vip sopraccitati mandano messaggi video, la madre va in tv e la trasmissione di punta della Rai sugli scomparsi si presenta al paesello. La conduttrice, una scafatona tipo la D’Urso, mangia la foglia dell’imbroglio e tira dalla sua Beppe che convince Martino a ritornare in scena proprio nella trasmissione tv.
Nei due mesi di eremitaggio, Martino ha riflettuto sul suo lavoro, sulla sua vita e si è anche innamorato della bella prostituta, ma al momento di scegliere tra lei e l’andare in tv per assaporare la sua notorietà, sceglie il piccolo schermo. Quasi ormai in studio scappa e lo ritroviamo su una spiaggetta in Grecia a gestire un chiosco con la sua bella che sta aspettando un bambino. Beppe Quaglia/Favino lo troviamo invece nella trasmissione di Maria De Filippi come tronista.
Esilarante in alcuni momenti, buoni i dialoghi, scivola forse un po’ verso la fine, ma vale la pena guardarlo. Perché? Perché la figura di Fiorello/Piccione è positiva, lui è un artista, con le sue fragilità e i suoi desideri di affermarsi che gli fa scegliere di combinare la sua sparizione. Ma nel momento decisivo della sua vita capisce dove sta il suo cuore e la sua ricerca di un affetto vero e non la sua carriera e comincia una nuova vita.
Conosco un non più giovane chitarrista, nato a detta di tutti con la chitarra in mano, che per campare non fa il musicista ed è sempre vissuto in uno stato di insoddisfazione per questo motivo. Ma la vita è la vita e bisogna seguirne il corso per come ci è data, coscienti che il nostro destino è in buone mani.

lunedì 27 gennaio 2020

domenica 26 gennaio 2020

venerdì 24 gennaio 2020

Emilio Martini - CIAK SI UCCIDE





Emilio Martini
CIAK SI UCCIDE
Corbaccio

Prosegue la serie del vicequestore Bertè Ormai scampato il pericolo di ritornare i Questura a Milano, sempre più innamorato di Marzia, si ritrova con la sua  coda di cavallo ad indagare su una regista tv trovata decapitata da una katana in una villa di Lungoriva prestatale da un caro amico.
Stava scrivendo con due collaboratori la sceneggiatura di un film proposto da lei che però non trovava una buona accoglienza sia dal produttore che dal finanziatore. Facile indovinare il colpevole.

mercoledì 22 gennaio 2020

Gino Vignali - LA NOTTE ROSA


Gino Vignali
LA NOTTE ROSA
Solferino

Torna il fondatore di Zelig (quello della tv) con il suo terzo romanzo con protagonista il vice questore Costanza Confalonieri Bonnet, sempre ambientato in quel di Rimini in estate con l’evento de La Notte Rosa, il Capodanno estivo della Riviera. Protagonista della serata la famosissima influencer Giulia Ginevra Mancini ed il suo boy Malcom the Eagle Piccinelli campione di Moto Gp.
Tutti sono preoccupati per la serata che invece ha una grande affluenza di pubblico e con Malcom che sgommando con una moto sale sul palco chiedendo a Ginevra di sposarlo. Tripudio.
Il giorno dopo arriva sui social un video con la ragazza in pianto che dice di essere rapita e di pagare il riscatto per lei.
La nostra commissaria crede aduna messa in scena per alzare le quotazioni della influencer, invece poi viene trovato il suo autista/guardia del corpo morto e il mistero s’infittisce.

lunedì 20 gennaio 2020

Centenario di Federico Fellini - IL CREATO


Anni orsono ho visitato la mostra a Bari con i disegni di Federico Fellini tratto da IL LIBRO DEI SOGNI. Il regista per una trentina d'anni, appena sveglio, disegnava e scriveva il contenuto dei sogni.

Questo disegno che ho fotografato mi aveva particolarmente colpito per le considerazioni che FF aveva scritto a mano. Era il 20 agosto 1984
di seguito una foto con la  didascalia



"Tutto ciò che possiamo fare è cercare di raggiungere la consapevolezza che siamo parte di questo imperscrutabile mistero che è il creato. Obbediamo alle sue leggi inconoscibili, ai suoi ritmi e ai suoi mutamenti. Siamo misteri tra i misteri."  



venerdì 17 gennaio 2020

Les Choristes – I ragazzi del coro/ Un film sul canto per tutti gli educatori

Les Choristes – I ragazzi del coro/ Un film sul canto per tutti gli educatori


 Choristes – I ragazzi del coro ė una perla uscita nei cinema nel 2004. Fugace la sua apparizione in Italia, mentre in Francia ha goduto di un’ampia visione e di una buona critica. Meritate. Gli attori sono perlopiù conosciuti in patria, dai suoi confini è uscito il solo Francois Berléand per la saga di Transporter e per Il Concerto, ma tutti gli altri non sono da meno. Il film tratta di musica, anzi di canto, ma soprattutto di educazione.
Ho avuto la possibilità di ascoltare la testimonianza di don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, e di alcuni suoi ragazzi, che con affezione e lavoro è riuscito ad aiutare portandoli sulla retta via. Leggete il suo libro “Non esistono ragazzi cattivi”, e vedrete un bel parallelo con la pellicola.
Ecco, il film inquadra un collegio di correzione dove ci sono ragazzi e bambini abbandonati, ribelli, senza genitori o con la sola madre che non può accudirli. La targa sopra il cancello d’ingresso ha stampata la scritta  “Fondo dello stagno”, come a dire che la  speranza lì non esiste.
Il protagonista del film è l’insegnante di musica disoccupato Mathieu, un bravissimo Gerard Jugnot, che accetta il lavoro di sorvegliante. Quando arriva davanti al cancello incontra un bambino, Pepinot, che aspetta come tutti i sabati i suoi genitori che non arriveranno mai.
Il coprotagonista è l’adolescente Pierre, che all’inizio del film si vede adulto e affermato direttore d’orchestra mondiale che, ritornato in Francia per il funerale della madre, incontra uno stempiato compagno di collegio, Pepinot, che con un diario scritto da Mathieu ripercorre le traversie degli anni duri trascorsi nella struttura. Qui vi è il direttore che è veramente un bastardo e che tratta i ragazzi con durezza e asprezza, facendo suo il motto azione/reazione: a qualsiasi, anche lieve, errore e rimostranza dei ragazzi applica castighi corporali a valanga. Tutto ciò crea odio e ansia nei giovincelli.
Mathieu, umile sorvegliante, accetta i limiti dei ragazzi, li accoglie, li valorizza, non li bastona né moralmente, né fisicamente. È attento a loro e con l’unica sua arma, la musica, costituisce un coro, a cui aderisce anche il professore di matematica. E il clima cambia nonostante la cattiveria del direttore.
Mathieu trova in Pierre un giovincello dotato di capacità canore, conosce la madre, forse se ne innamora, ma lui piccolo e pelato non ha chance. Riuscirà a fargli avere una borsa di studio che poi lo lancerà nell’olimpo della musica. Accade un tourbillon finale dove il nostro capo coro viene licenziato, ma poi escono le magagne e le brutture del direttore che viene a sua volta spesato. Intensa e bellissima la scena finale, quando Mathieu  sta salendo sulla corriera e vede arrivare il piccolo Pepinot che vuole andare con lui. Il voissover dice: Era un sabato. E Pepinot salirà nel bus con Mathieu per vivere il resto della vita.
In questo lager i ragazzi erano considerati irrecuperabili, ma Mathieu  con la sua semplicità di cuore e affezione li aiuta. Così don Burgio al Beccaria.
Un film che fa riflettere e che mette al centro della discussione la figura dell’educatore che guarda con occhi amorevoli i ragazzi, non li giudica per le loro negatività, ma li segue umanamente nel cammino. Mathieu ha a disposizione il canto, crea un coro, li unisce, don Burgio parte da Cristo, ma è un cammino comune, dove il bene prevale sul male. Secondo me, non a caso, nella colonna sonora del film c’è il Kyrie eleison cantato dal coro. Un film  che tutti gli insegnanti dovrebbero vedere.

lunedì 13 gennaio 2020

Arrotinoooooo


ARROTINOOOOOO

Quando ero piccolo passava per le vie del mio paese l'arrotino.
Bhe ne ho trovato uno moderno


giovedì 9 gennaio 2020

CANNABIS


Negozio in via Condotti, Roma 
Per fortuna i clienti erano solo stranieri

martedì 7 gennaio 2020

ALBERO DI NATALE


Una volta si mettevano nei Santuari i bigliettini per chiedere le grazie, ora invece si chiedono 

minchiate attaccandole all'albero di Natale



lunedì 6 gennaio 2020

venerdì 3 gennaio 2020

FLORENCE/ Meryl Streep e la musica che supera la malattia




FLORENCE/ Meryl Streep e la musica che supera la malattia

“Forse possono dire che non so cantare, ma nessuno può dire che non ho cantato”. Sono le ultime parole di Florence prima di spirare tra le braccia del marito. Bellissimo questo film, Florence (2016) di Stephen Frears, biopic un po’ romanzato, che parla di musica e di una donna, Florence Foster Jenksin, ricchissima ereditiera nata nel 1868 e morta nel 1944. Ammalata di sifilide per 50 anni trova la forza di vivere nella musica, nel canto lirico. Incide un disco a proprie spese in onore dei soldati in guerra. Lo potete ascoltare su YouTube nella versione originale. Le radio americane lo mandarono in onda a manetta e suo malgrado divenne una star… stonata. Anzi stonatissima. Ma lei non lo voleva sapere, viveva nel suo mondo mentre il marito elargiva stecche in dollari per comprarsi i critici musicali.
Direte: una pazza, un’eccentrica, una riccona fuori dalla realtà. Forse, può darsi, non ho letto il libro della sua vita, non spetta a me giudicare. Certo che la sua vita sembra una favola. Americana chiaramente. Florence trapassa la sua malattia con la musica e il canto. È questo che nonostante la sua patologia la tiene in vita.
Florence ė interpretata dalla bravissima Meryl Streep. Per me la più grande attrice degli ultimi 40 anni, sulla cresta dell’onda dal 1978 con Il Cacciatore, tre Oscar, tantissime interpretazioni di varia natura. Non è bella come Sharon Stone, come la Theron, ma le batte tutte. Vestire i panni di Florence poteva non essere difficile, ma lei ci ha messo del suo, poteva essere sconveniente come immagine, ma ne è valsa invece la pena. Ha reso umana e non viziata e neppure oca la figura di una donna ferita fisicamente con il pallino del canto lirico e con la presunzione di essere una brava cantante.
Il marito è nel film il pacione Hugh Grant che, beato lui, non invecchia mai. Le fa da manager e da corruttore di giornalisti. La mette a letto e poi va tutte le sere dalla sua amante, così da vent’anni. Finché arriva al punto di rottura, sentendo prendere in giro Florence per le sue non attitudini canore, riconosce invece un vero affetto che era rimasto sempre sopito per lei.
Florence ha fondato con i suoi dollari il Club Verdi, dove canta ed elargisce cospicui bigliettoni a vari personaggi tra cui Arturo Toscanini. Nella sua non modestia presunzione si esibì nella prestigiosa Carnegie Hall con un pienone pazzesco. La critica questa volta la massacrò senza che il marito riuscisse a coprirla. Morì un mese dopo.
Grandissima Meryl anche nei gorgheggi, negli acuti striduli, nelle stonature. Immedesimata sino in fondo, nell’umanità vera della cantante, con le sue paure e i suoi desideri, le toglie l’alone di macchietta che la circonda. Hugh Grant all’inizio ė il solito bamboccione inamidato nel sorriso e nello sguardo, con il suo freddo aplomb inglese. Ma poi si scioglie nel momento in cui viene toccata Florence e si trasforma in un uomo che sa amare non solo il proprio tornaconto. Grant da attore sottovalutato attraversa bene questa trasformazione.
Bravissimo il pianista di Florence (Simon Helberg) ha un viso e uno sguardo che fa sorridere anche quando non si muove. Non lo scopriamo adesso, basta sintonizzarsi sulla serie tv “The Big Bang Theory”, dove con i capelli a caschetto dei primi Beatles è uno dei mattatori e protagonisti dal 2007. Meriterebbe più spazio sul grande schermo.
Due parole sul regista Stephen Frears. Ha sfondato con The QueenLa Regina (2006), con cui Helen Mirren vinse l’Oscar nel 2007 come attrice protagonista, poi ha inanellato dei buoni film come Philomena (2013), Florence e Vittoria e Abdul (2017). Invecchiando ha girato dei film di buona qualità.
Giudizio finale su Florence. Grande M. Streep, bravissimo il suo pianista, voto positivo alla storia romanzata della soprano convinta di essere un’ugola d’oro. Un film biopic/commedia e allo stesso tempo drammatico, ma non banale. Anzi.