lunedì 21 novembre 2016

BENEDETTO XVI - ULTIME CONVERSAZIONI







BENEDETTO XVI
ULTIME CONVERSAZIONI
A cura di Peter Stewald
Garzanti


DCome funziona questo ascoltare e aprirsi a Lui? Se potesse darmi un consiglio…

(Ride)

D: Qual è il modo migliore?

Ratzinger: Mah, non smettere di chiedere al Signore  - mi devi aiutare adesso! – e soffermarsi in raccoglimento, restare in silenzio. E ogni tanto sondare il terreno con la preghiera. Funziona.


Ratzinger, un uomo che ama Gesù. Non mi aspettavo un libro così.
Ho sempre avuto una alta considerazione di Papa Benedetto XVI, anche prima che vestisse l'abito bianco. Sicuramente lo tenevo sul piedistallo come una gran testa fine, braccio destro di Wojtyla, grande teologo.
Diventato Papa è uscita la sua natura umana di semplice e dolce persona.
La conversazione ripercorre la sua rinuncia, come egli afferma, In pace con Di”o. Racconta del suo rapporto con il Signore come se stesse raccontando la cosa più semplice della vita ed al tempo stesso si evince la sua grande ma semplice fede.
Viene raccontata la sua infanzia in famiglia, suo papà e mamma, suo fratello maggiore Georg che è entrato in seminario prima di lui, e della sorella che lo ha accompagnato nei suoi spostamenti.
Ha svolto il militare, era antinazista, ha disertato. 
La sua vocazione di docente e teologo è esplosa subito anche se qualche stop di un suo superiore gli è servita per rendersi più umile. 
Non sapevo che dal 1955 al 1958 seguì i giovani studenti cattolici,  e che un suo libro di allora paventasse la scristianizzazione in atto tra i cattolici.
Un parallelismo con il nostro don Giussani.

Partecipò come  anima del Concilio alla giovane età di 34/35 anni.
Lì venne scoperto come uno dei più grandi giovani teologi. 
Nel 1977, inaspettatamente poi fu nominato vescovo di Monaco. Accettò chiedendo di poter continuare a scrivere i suoi libri. Fosse stato per lui avrebbe continuato a insegnare.
Arrivò Wojtyla e nel 1981 lo portò a Roma. Dopo 5 anni chiese di essere lasciato libero ma il Papa lo confermò per altri cinque anni e gli disse che finché il Papa sarebbe rimasto vivo, sarebbe rimasto in Vaticano con lui.
Prefetto della congregazione per la dottrina della fede, questo il suo ruolo dal 1981 al 2005. 
Venne soprannominato Panzer, per le origini e per il ruolo. Ha svolto il suo servizio in umiltà ed obbedienza.
Uomo di fede e ragione, un'altra cosa che lo accomuna a don Giussani.
Nella conversazione ne esce un uomo mite e pacato, ed anche scherzoso. Non il panzer che i media hanno sempre cercato di dipingere.