BENEDETTO XVI
ULTIME CONVERSAZIONI
A cura di Peter Stewald
Garzanti
D: Come funziona questo ascoltare e aprirsi a Lui? Se potesse darmi un
consiglio…
(Ride)
D: Qual è il modo migliore?
Ratzinger: Mah, non smettere di chiedere al Signore - mi devi aiutare adesso! – e soffermarsi in
raccoglimento, restare in silenzio. E ogni tanto sondare il terreno con la preghiera.
Funziona.
Ratzinger, un uomo che ama Gesù. Non
mi aspettavo un libro così.
Ho sempre avuto una alta
considerazione di Papa Benedetto XVI, anche prima che vestisse l'abito bianco.
Sicuramente lo tenevo sul piedistallo come una gran testa fine, braccio destro
di Wojtyla, grande teologo.
Diventato Papa è uscita la sua
natura umana di semplice e dolce persona.
La conversazione ripercorre la sua
rinuncia, come egli afferma, “In pace con Di”o. Racconta del
suo rapporto con il Signore come se stesse raccontando la cosa più semplice
della vita ed al tempo stesso si evince la sua grande ma semplice fede.
Viene raccontata la sua infanzia in
famiglia, suo papà e mamma, suo fratello maggiore Georg che è entrato in
seminario prima di lui, e della sorella che lo ha accompagnato nei suoi
spostamenti.
Ha svolto il militare, era
antinazista, ha disertato.
La sua vocazione di docente e
teologo è esplosa subito anche se qualche stop di un suo superiore gli è
servita per rendersi più umile.
Non sapevo che dal 1955 al 1958
seguì i giovani studenti cattolici, e che un suo libro di allora
paventasse la scristianizzazione in atto tra i cattolici.
Un parallelismo con il nostro don
Giussani.
Partecipò come anima del
Concilio alla giovane età di 34/35 anni.
Lì venne scoperto come uno dei più
grandi giovani teologi.
Nel 1977, inaspettatamente poi fu
nominato vescovo di Monaco. Accettò chiedendo di poter continuare a scrivere i
suoi libri. Fosse stato per lui avrebbe continuato a insegnare.
Arrivò Wojtyla e nel 1981 lo portò a
Roma. Dopo 5 anni chiese di essere lasciato libero ma il Papa lo confermò per
altri cinque anni e gli disse che finché il Papa sarebbe rimasto vivo, sarebbe
rimasto in Vaticano con lui.
Prefetto della congregazione per la
dottrina della fede, questo il suo ruolo dal 1981 al 2005.
Venne soprannominato Panzer, per le
origini e per il ruolo. Ha svolto il suo servizio in umiltà ed obbedienza.
Uomo di fede e ragione, un'altra
cosa che lo accomuna a don Giussani.
Nella conversazione ne esce un uomo mite e pacato, ed anche scherzoso.
Non il panzer che i media hanno sempre cercato di dipingere.