Raccontare di film con a tema l’arte, in questo caso
la pittura, non è affatto facile. Per diverse settimane vi proporrò dei film
che parlano di questo, alcuni saranno film impegnati, altri un po' meno.
Partiamo da Una
Storia Senza Nome (2018) di Roberto Andò, un giallo romanzato che prende
spunto da un fatto, ahimè, vero.
Nella notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1969, a
Palermo, nel quartiere detto della Kalsa, nell’Oratorio di San Lorenzo venne
rubata la tela de la Natività con i Santi
Lorenzo e Francesco. La serratura non era sicuramente a prova di ladri, non
vi era nessun allarme sulla scalcagnata porticina, ma neppure sul quadro. Come
dire: portatemi via! Ma non era un
dipinto qualsiasi, era stato realizzato Michelangelo Merisi, il Caravaggio e
dopo il restauro del 1951 lasciato nella chiesetta per essere ammirato
e…facilmente rubato. La curia palermitana non aveva chiaramente avuto un occhio
di riguardo nella conservazione e protezione. Sta di fatto che in una notte
piovosa, alcuni ladri, tagliarono la tela dalla cornice con una lametta, la
arrotolarono e fuggirono su un’Ape car. Sembra un furto dei soliti ignoti un
po' sfigati. E qui parte il mistero che da più di cinquant’anni avvolge la Natività del grande pittore.
Pare che i quattro ladri sfigati non sapessero del
valore del quadro e che, sull’onda della scoperta del furto, la mafia se lo
fece consegnare dai ladruncoli. Nel corso di queste cinque decadi non si è
trovato nulla, se non le deposizioni di svariati pentiti che affermavano tutto
e il contrario di tutto: che venne bruciato da Marino Mannoia; fu rovinato,
fatto a pezzi e mangiato dai maiali; ospitato in casa di tano Badalamenti e
venduto a un trafficante svizzero. Ho sintetizzato, di mezzo ci sono, brusca e
company e non ultimo un tale Gaetano grado che affermò alla commissione
antimafia di Rosy Bindi che il quadro fu portato in Svizzera, diviso in sezioni
e queste vendute in giro per il mondo. Beneficiaria, chiaramente, la mafia. Il
noto Vittorio Sgarbi, che ne sa sempre una più del diavolo, in un articolo del
2019 afferma che i risultati della commissione della Bindi sono farlocchi e che
il quadro è in Svizzera.
Parliamo ora del film, Una Storia Senza Nome, gran bel film secondo me, ben realizzato con
una sceneggiatura che prende dal vero quel poco che c’è, miscelandolo con le
confessioni dei pentiti un po' di romanzo noir, ma lasciando una domanda
nell’aria, anzi sullo schermo, senza risposta.
Roberto Andò, il regista, ha sapientemente scritto la
sceneggiatura e si è inventato un film nel film. Non nuova l’idea, ma
trasportata direi molto bene.
Abbiamo uno sceneggiatore che pensa solo alle donne,
Alessandro Gassmann e non ha più verve nello scrivere. Le sceneggiature degli
ultimi suoi film, tra l’altro di successo, le ha scritte Micaela Ramazzotti,
segretaria di produzione della società cinematografica per cui Gassmann lavora.
Nessuno è al corrente, è in gergo un negro,
cioè colui che scrive per altri. Figura conclamata nel cinema, nell’editoria,
in televisione. In politica lo si definisce invece con termine inglese che
parrebbe più nobile: ghost writer.
Micaela ha un patto diciamo d’amore con il cazzaro
Gassman, scrive sì in cambio di soldi, ma ne è anche innamorata e lui da latin
lover non disdegna.
La bella segretaria viene agganciata da un anziano
uomo che si spaccia per investigatore. Le racconta la storia del quadro di
Caravaggio, della mafia e compagnia bella. Micaela scrive, Alessandro consegna
la sceneggiatura che viene accolta alla grande, arrivano i cinesi che vogliono
coprodurre il film con un regista internazionale. E qui iniziano i guai. Nella
casa di produzione, il socio di maggioranza è un colletto bianco della mafia
che ne reinveste i denari. Quando Cosa Nostra legge la sceneggiatura capisce
che lo script è stato scritto da qualcuno che sa la verità.
Gassman viene rapito e massacrato di botte, ma
continua ad affermare che è frutto della sua fantasia. Morale si farà sei mesi
di coma in ospedale. Micaela attratta dall’anziano detective lo aiuta,
continuando a scrivere man mano le scene che mancano. Qui il film diventa
sempre più thriller con i mafiosi alla ricerca del Mister X che scrive la
storia. Si arriva addirittura al Presidente del Consiglio e ad alcuni ministri
a cui è proposto il dipinto in cambio di soldi e di abolizione della detenzione
al 41 bis dei mafiosi in carcere. Questo è quanto ha affermato tra l’altro il
pentito Giovanni Brusca. Come dicevo c’è
un buon amalgama tra la storia vera, quella dei pentiti e quella romanzata di
Andò. Miscelata con una ricostruzione
con flash back trasportata nel film che viene girato dalla casa di produzione.
Un film nel film che racconta una storia. Un paio di colpi di scena ben
assestati, uno fanta-politico ed uno personale di Micaela sono le ciliege sulla
torta.
Godibile, buon divertimento