martedì 21 gennaio 2014

Comunismo italiano

Arrigo Petacco
A Mosca solo andata
Mondadori


Un buon libro di Arrigo Petacco,  una ricerca storica che ci vuol far ricordare fatti e persone ormai dimenticati e andati nell’oblio.                                                                                                                       Tra il 1920 e il 1935 molti comunisti italiani perseguitati dal fascismo scapparono in Unione Sovietica.          Di Vittorio, Berti, Dozza, Longo, Pastore, Secchia,Togliatti, questi i nomi più conosciuti che poi ritroveremo in Parlamento in Italia dopo la fine della guerra. Insieme a loro molti operai, e gente comune.
Cosa trovarono in Russia? Un’accoglienza fantastica iniziale, ma ben presto si resero conto di essere passati dalla padella alla brace. Vi era una sorta di associazione italiana denominata Club che decideva le sorti degli emigrati in base alle convinzioni personali e all’obbedienza al comunismo di Stalin. Le sue purghe si posarono anche sugli italiani, ma i carnefici furono gli stessi connazionali. Paolo Robotti, cognato di Ercoli/Togliatti, giudicava i compagni in base alla loro coerenza e credo politico e poi il Migliore vistava le segnalazione. E molti furono incarcerati e presero la via del gulag.
“Compagno maestro, che cos'è l’orizzonte?”                                                                                           “E’ una linea immaginaria…. Irraggiungibile”                                                                                         “Grazie. Ora capisco perché il Compagno Stalin dice che il socialismo è all’orizzonte!”
Con questa battuta si finiva al campo di lavoro. Gulag in cui finirono gli alpini rimasti bloccati nella sacca del Don. Come racconta Eugenio Corti ne Il Cavallo Rosso, anche qui gli italiani emigrati in Russia e fedeli alla linea si affacciarono per cercare di rieducare i poveri prigionieri.

Paolo Robotti, forse roso dalle colpe, scrisse nel 1965 un libricino, La Prova, che voleva riabilitare i compagni lasciati alla mercé del gulag. Conclusione: i compagni non vennero mai riabilitati e il libro fu insabbiato.