lunedì 31 dicembre 2012

Te Deum

Latino
Te Deum laudamus:
te Dominum confitemur.
Te aeternum patrem,
omnis terra veneratur.
Tibi omnes angeli,
tibi caeli et universae potestates:
tibi cherubim et seraphim,
incessabili voce proclamant:
"Sanctus, Sanctus, Sanctus
Dominus Deus Sabaoth.
Pleni sunt caeli et terra
majestatis gloriae tuae."

Te gloriosus Apostolorum chorus,
te prophetarum laudabilis numerus,
te martyrum candidatus laudat exercitus.
Te per orbem terrarum
sancta confitetur Ecclesia,
Patrem immensae maiestatis;
venerandum tuum verum et unicum Filium;
Sanctum quoque Paraclitum Spiritum.

         Tu rex gloriae, Christe.
Tu Patris sempiternus es Filius.
Tu, ad liberandum suscepturus hominem,
non horruisti Virginis uterum.
Tu, devicto mortis aculeo,
aperuisti credentibus regna caelorum.
Tu ad dexteram Dei sedes,
in gloria Patris.
Iudex crederis esse venturus.

Te ergo quaesumus, tuis famulis subveni,
quos pretioso sanguine redemisti.
Aeterna fac
cum sanctis tuis in gloria numerari.
Salvum fac populum tuum, Domine,
et benedic hereditati tuae.
Et rege eos,
et extolle illos usque in aeternum.
Per singulos dies benedicimus te;
et laudamus nomen tuum in saeculum,
et in saeculum saeculi.
Dignare, Domine, die isto
sine peccato nos custodire.
Miserere nostri, Domine,
miserere nostri.
Fiat misericordia tua, Domine, super nos,
quem ad modum speravimus in te.
In te, Domine, speravi:
non confundar in aeternum.
     

      Noi ti lodiamo, Dio,
ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre,
tutta la terra ti adora.
A Te cantano tutti gli angeli
e tutte le potenze dei cieli
e i Cherubini e i Serafini,
con voce incessabile:
Santo, Santo, Santo
il Signore Dio dell'universo.
I cieli e la terra
sono pieni della [maestà della] tua gloria.
Ti acclama il coro glorioso degli apostoli
e [il numero lodevole de]i profeti
e la candida schiera dei martiri;
In tutto il mondo
la santa Chiesa proclama Te
Padre d'immensa maestà
il Tuo venerabile e unico vero Figlio
e lo Spirito Santo Paraclito.

O Cristo, re della gloria,
Tu sei il Figlio eterno del Padre.
Tu, per liberare l'umanità che stavi per assumere,
non hai disdegnato il ventre di una Vergine.

Vincitore della morte,
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio,
nella gloria del Padre.
[Crediamo che] verrai a giudicare
(il mondo alla fine dei tempi).

Dunque Ti chiediamo: soccorri i tuoi servi
che hai redento col tuo Sangue prezioso.

Fa che siano contati coi Tuoi Santi
nella gloria eterna
Salva il tuo popolo, Signore,
e benedici la tua eredità.
e guidali
ed innalzali in eterno
Ogni giorno Ti benediciamo,
lodiamo il tuo nome per sempre.

Degnati oggi, Signore,
di custodirci senza peccato.
Pietà di noi, Signore,
pietà di noi.
Sia sempre su di noi, Signore, la Tua misericordia,
dato che abbiamo sperato in Te.
In Te, Signore, ho sperato:
[fa] che io non sia confuso in eterno.



sabato 29 dicembre 2012

San Tommasso Becket


Oggi è la ricorrenza di San Tommaso Becket 





T.S. Eliot
Assassinio nella cattedrale
Bur


In varie parti del mondo, la Chiesa è sottoposta ad una vera e propria persecuzione. In Nigeria, Kenia e Siria ne abbiamo un esempio eclatante. Questi morti cristiani sono dei martiri.
Quando leggo sui media la definizione martiri qaedisti, mi si accappona la pelle: sono solo terroristi.
Ma chi è il martire?
È un eroe? No
È un uomo che non vuole certo farsi ammazzare, ma che pur di non rinnegare la sua fede in Dio e nella Chiesa, sa che potrebbe subire il martirio.
Tommaso Becket evidenzia che la presenza di Cristo è un corpo, non un’idea. E come scrive nella prefazione Luca Doninelli:
“Il destino attende nelle mani di Dio”: questo definisce il presente , il “qui” e ogni “ora”. Ma il destino attende nelle mani di Dio perché Dio è già entrato nel mondo: egli è già venuto, è già qui: perciò possiamo affidarci a Lui, anche nella notte che avanza.

mercoledì 26 dicembre 2012

Santo Stefano, I Martiri di Otranto


Saranno santi 
​Benedetto XVI ha firmato il decreto che riconosce il miracolo, attribuito all'intercessione dei beati Antonio Primaldo e Compagni, martiri, uccisi il 13 agosto 1480 a Otranto. Questo atto apre la via alla loro canonizzazione. «La nostra diocesi - scrive l'arcivescovo Donato Negro in un messaggio alla Chiesa idruntina - mentre vive con gioia una delle ore più belle della sua storia, esprime profonda gratitudine al Santo Padre Benedetto XVI per il riconoscimento di questo evento straordinario ed eleva la sua preghiera alla Trinità Santa perchè sia confortata e incoraggiata nel suo impegno di annunciare e testimoniare il Vangelo».
«In un'epoca di crisi profonda, l'imminente canonizzazione dei nostri martiri è un forte invito a vivere fino in fondo il martirio quotidiano, fatto di fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa».
Il miracolo riconosciuto è relativo alla guarigione da un cancro di Suor Francesca Levote, monaca professa delle Sorelle Povere di Santa Chiara. «La grazia del miracolo - ricorda l'arcivescovo - fu chiesta al Signore per intercessione dei Beati Martiri con fede umile proprio dalla sua comunità religiosa, nel maggio 1980, mentre si svolgeva in diocesi una peregrinatio con l'urna dei Martiri, nel quinto centenario dell'evento del martirio, a pochi mesi dalla Visita apostolica ad Otranto di Giovanni Paolo II, avvenuta il 5 ottobre 1980».

I Beati Martiri, Antonio Primaldo e compagni, vissero a Otranto nel XV secolo, quando la città venne assediata dai turchi ottomani. Caduta sotto il loro dominio, il comandante dei Turchi, Gedik Achmed Pascià, ordinò che tutti gli uomini superstiti, circa 800 dai 15 anni in su, fossero costretti a rinnegare la fede cristiana. Antonio Primaldo, umile calzolaio o cimatore di panni, a nome di tutti i cristiani prigionieri dichiarò che «essi tenevano Gesù Cristo per il figlio di Dio e che piuttosto volevano mille volte morire che rinnegarlo e farsi turchi». Di fronte a questa risposta Achmed Pascià condannò a morte tutti gli 800 prigionieri. Antonio Primaldo e compagni furono subito riconosciuti martiri dalla popolazione e la Chiesa idruntina ogni anno, il 14 agosto, celebra la loro memoria.

Il 14 dicembre 1771 fu emanato il decreto di conferma del culto “ab immemorabili” tributato ai Martiri. Nel 1988 fu nominata dall'arcivescovo di Otranto la commissione storica e negli anni 1991-1993 fu celebrata l'inchiesta diocesana, riconosciuta valida dalla Congregazione delle Cause dei Santi con decreto del 27 maggio 1994. Il 6 luglio 2007 Benedetto XVI ha approvato il decreto con cui si riconosceva che i Beati Antonio Primaldo e compagni erano stati uccisi per la loro fedeltà a Cristo.

Avvenire - 20 dicembre 2012




Di seguito vi propongo un libro che ripercorre il martirio di Otranto. Questo libro ci riporta all'attualità quotidiana: in Nigeria nel giorno del S. Natale sono stati trucidati 6 cristiani all'uscita dalla S. Messa, Asia Bibi e in carcere da quasi 1.300 giorni per la sua fede in Cristo, oggi è la festa di S.Stefano.






Maria Corti
L’ora di tutti
Bompiani


Venerdì 28 luglio 1480 le galee turche di Akmed Pascià approdarono a Otranto. Gli spagnoli, difensori della città scapparono. Gli otrantini rimasero soli a combattere contro i musulmani.
Qui si intrecciano le figure del pescatore Colangelo, della bella Idrusa, del capitano Zurlo e di Nachiria. Uomini semplici, forse peccatori, ma timorati di Dio fino al midollo che difesero strenuamente la città che cadrà in mano ai turchi. Ottocento abitanti della città verranno poi decapitati perché non ripudiarono la fede cristiana. Eroi, martiri? Sicuramente uomini che fino in fondo aderirono alla Croce. Già comunque resuscitati.

giovedì 20 dicembre 2012

BUON NATALE



Nessuno può dire: ho la verità – questa è l’obiezione che si muove – e, giustamente, nessuno può avere la verità. È la verità che ci possiede, è qualcosa di vivente! Noi non siamo suoi possessori, bensì siamo afferrati da lei. Dio ci è diventato così vicino che Egli stesso è un uomo: questo ci deve sconcertare e sorprendere sempre di nuovo! Egli è così vicino che è uno di noi. Conosce l’essere umano, lo conosce dal di dentro, lo ha provato con le sue gioie e le sue sofferenze. Come uomo, mi è vicino, vicino «a portata di voce».
Benedetto XVI 


Il miracolo più grande, da cui i discepoli erano colpiti tutti i giorni, non era quello delle gambe raddrizzate, della pelle mondata, della vista riacquistata. Il miracolo più grande era uno sguardo rivelatore dell’umano cui non ci si poteva sottrarre. Non c’è nulla che convinca l’uomo come uno sguardo che afferri e riconosca ciò che esso è, che scopra l’uomo a se stesso. Gesù vedeva dentro l’uomo, nessuno poteva nascondersi davanti a lui, di fronte a lui la profondità della coscienza non aveva segreti.
Luigi Giussani

giovedì 13 dicembre 2012

GULAG


  


Tra i fuggitivi dal gulag nel film The Way Back c’è anche un ingegnere americano,      Mr Smith, roso dal tarlo di essere andato in Unione Sovietica con il figlio, ucciso poi dalla polizia segreta russa.
Che ci fossero americani che emigrarono nella madrepatria comunista per questioni ideologiche questo lo sapevo. Un po’ da tutta l’Europa  avevano ceduto al miraggio sovietico. Molti, dall’Italia, erano emigrati per scappare dal fascismo,  e qualche centinaio era sfuggito ai mandati di cattura per omicidio  accaduti nel dopoguerra, come  quelli nel triangolo della morte emiliano.


Ho scoperto un libro, I  Dimenticati di Tim  Tzouliadis (Longanesi) che narra la storia degli americani emigrati in Russia. Non però di chi era andato per scelta politica, ma di migliaia di persone con figli e mogli che erano approdati sul suolo russo per lavorare.
Nel 1929 dopo il crollo della borsa negli Usa scoppiò la grande depressione: la crisi economica colpì la nazione e moltissime persone restarono senza lavoro. Henry Ford stava per smantellare la fabbrica di Detroit, quando Stalin si offrì di comprarla e di trasferirla in patria. Il magnate pare ci guadagnò 40 milioni di dollari in oro.
Stalin aveva  bisogno di manodopera qualificata per industrializzare la Russia. Fu così che in piena crisi economica, i cittadini americani sollecitati dalle offerte di lavoro russe emigrarono. Sicuramente furono migliaia e migliaia, ma un conto vero e proprio non è stato mai stilato. Meccanici, idraulici, ingegneri, tecnici, boscaioli, semplici operai, camionisti, minatori, etc., varcarono l’oceano in cerca della terra promessa. Portarono con loro anche il baseball. A Mosca nacquero quattro squadre che giocavano nel parco Gor’kij. Fu anche aperto un giornale di lingua inglese con 40 redattori. Gli americani non si stabilirono solo a Mosca, ma a pioggia nel resto della nazione dove serviva manodopera.

Facciamo un passo indietro. Dopo la rivoluzione d’ottobre del 1917 fino alla sua morte, Lenin spadroneggiò in Urss. Chi ritiene che lui sia stato meno sanguinario di Stalin si sbaglia: i campi di rieducazione (così venivano chiamati) già esistevano con Lenin.
Nel 1924 Stalin divenne  padre padrone della nazione. Nel 1934 diede il via al periodo detto del GrandeTerrore. Epurò tutti quelli considerati da lui nemici del popolo, comunisti anche’essi, ma che criticavano i piani del leader. Ben presto allargò il terrore  facendo arrestare chiunque: dalle epurazioni si passò alle deportazioni di massa pianificate.
Le purghe staliniane portarono nei lager gli urka (criminali comuni), giornalisti, politici,  intellettuali, studenti, donne, uomini, ragazzi. Tutta la società sovietica fu attraversata dal terrore delle uccisioni e deportazioni, fu un vero e proprio olocausto.

Alexander Solzenicyn in Arcipelago Gulag  (Mondadori) descrive la vita nei campi di sterminio  ed arriva a dire che i deportati sono stati 40 milioni. Questo è stato il primo libro che ho letto sulle persecuzioni in terra sovietica. 


Poi lessi I Racconti di Kolyma di  Varlam Salamov ma vista la crudezza con cui è stata descritta la realtà  del gulag non riuscii a finirlo. Inorridii al pensiero di quello che le popolazione russa soffrì.


Il primo gulag nacque nel 1923 sulle isole Solovky  come campo di rieducazione con 300 detenuti, ma divenne poi un vero e proprio campo di sterminio, nel 1926 i prigionieri erano 6000. I nazisti della prima ora approdarono nelle isole Solovky  per copiarne  il modello per poi creare i campi di concentramento.
Ho visitato le isole Solovky due anni orsono e sono rimasto colpito e inorridito da ciò che lì accadde.  I monaci che lì vivevano vennero perlopiù eliminati e i prigionieri successivi vennero sparsi per le isole. Ne sopravvissero  pochi ed anche qui si parla di oltre un milione di morti. Un libro molto documentato di Jurii Brodskij,  Solovky  le isole del martirio (La Casa di Matriona) ne è la testimonianza storica.
Se le Solovky furono l’apripista, ben presto sotto Stalin i gulag divennero migliaia.
Quando i campi non potevano accogliere i detenuti, essi venivano uccisi sistematicamente. Non molti anni orsono a Petrozavodsk,  sono state trovate nella foresta centinaia di fosse comuni con migliaia di morti. Quando ho visitato questo luogo ho notato che la vastità della foresta in cui sono stati trovati i resti umani faceva da contraltare ad un silenzio assoluto: non vi erano animali di nessun tipo, gli uccelli non si posavano sugli alberi. Solo le zanzare erano a milioni. Un silenzio spettrale e irreale  circondava il luogo. La natura non si è mai assuefatta all’odore della morte.
Alle porte di Mosca ho visitato un altro luogo di sterminio, Butovo, poligono militare ove furono fucilate migliaia di persone. La guida che ci accompagnava, una sessantenne che parlava in italiano, non ne conosceva l’esistenza.

Ma torniamo a Stalin, dal 1934 al ’39, il Grande Terrore avvolse la nazione  russa ed ingrossò i campi di sterminio.
Le persone che finivano nei gulag, andavano ad infoltire le file dei lavoratori a costo zero per risollevare l’economia sovietica e costruire le infrastrutture dello stato. L’inutile canale per unire il mar Baltico al mar Bianco fu costruito dai prigionieri, la stessa metropolitana di Mosca è stata scavata dai detenuti e le miniere d’oro della Kolyma furono  trivellate se non a mani nude, con mezzi di fortuna da milioni di uomini e donne.
Nel 1939 con il patto Molotov- Ribbentrop, l’Urss occupò la Polonia dell’est e poco dopo nel 1940 la Lituania, L’Estonia e la Lettonia.



 La Finlandia si difese e cedette solo la regione della Carelia. A questo proposito ho rispolverato un vecchio libro di Indro Montanelli, Cronache si Guerra (De Agostini) in  cui vi sono le sue corrispondenze di guerra per il Corriere della Sera.  Queste invasioni andarono ad aumentare enormemente  il numero delle vittime ad opera dei russi. Nel 1941 la Germania attaccò la Russia rompendo il patto di non aggressione. Sappiamo come andò a finire e i patti di Yalta definirono la supremazia dell’Urss sui paesi dell’est Europa. Al termine della guerra tutti i prigionieri dei sovietici di ciascuna nazione occupata andarono a finire nei  gulag della Kolyma dove l’estrazione dell’oro sarebbe servita all’industrializzazione della nazione.
Da notare che nel periodo bellico gli Stati Uniti armarono Stalin con navi, armi e munizioni. Le stesse navi furono utilizzate per la deportazione dei detenuti nella inesplorata estrema regione della Kolyma.

Con la conferenza di Yalta, Stalin pretese il rientro in patria dei militari russi prigionieri in Europa. Moltissimi di essi si rifiutarono, in Inghilterra ad esempio, ma furono passati per le armi dagli inglesi. Questo avvenne anche per i russi nei campi di lavoro statunitensi. Molti russi, sapendo a cosa andavano incontro si suicidarono.
Churchill  e Roosevelt sapevano che fine avrebbero fatto i militari sovietici. Stalin considerandoli degli inetti li mandò direttamente nei gulag.
Gli stessi ebrei polacchi che si erano salvati dai nazisti finirono direttamente nei campi di Stalin. Insieme ad essi tedeschi, ungheresi, lituani, lettoni, moldavi, zingari, estoni, giapponesi ed italiani.



I nostri alpini trovarono nei campi di sterminio altri connazionali scappati dall’Italia e dal fascismo. Erano tutti comunisti. Come documenta Eugenio Corti ne Il Cavallo Rosso (edizioni Ares), Togliatti era al corrente di tutto ciò ma non mosse mai un dito per la loro liberazione.
Roosevelt a Yalta sapeva che molti americani andati a lavorare negli anni trenta in Urss erano stati internati, ma neppure lui si mosse in loro favore. Le notizie erano certe, molti cittadini americani si recavano all’ambasciata Usa a Mosca per denunciare le scomparse di familiari o amici. Ciò non ebbe nessun effetto sulla politica americana in Russia che affermava che molti erano cittadini russi. Gli era stato ritirato il passaporto ed erano diventati sovietici inconsapevolmente e forzatamente.
Gli stessi ambasciatori succedutisi a Mosca fecero spallucce, anzi uno di loro J. Davies (nella capitale dal 1936 al ’38) scrisse un libro in odore di adorazione verso Stalin rimpinguando le tasche del dittatore acquistando tesori artistici russi.




Come citavo in apertura, il libro I Dimenticati di Tim  Tzouliadis (Longanesi) racconta la storia degli americani in Urss dal 1930 al dopoguerra, attraversando lo spaccato della storia sovietica.
Gli americani venivano arrestati con le stesse motivazioni con cui erano imprigionati i russi. Si accorsero che l’unica cosa da fare era cercare di tornare in patria. Ma ormai facevano parte delle liste dei gulag.
Molti usciti, dall’ambasciata dove chiedevano il passaporto venivano arrestati dalla polizia segreta, accusati di essere spie, torturati e se restavano in vita andavano al gulag.
Thomas Sgovio e Victor Herman  furono tra i pochi americani che si salvarono, come Salamov, dalla Kolyma.
Sgovio si ritenne fortunato e miracolato. Molti morivano dopo tre mesi, solo il 30% superava il primo inverno per morire il secondo. Il lavoro nelle miniere uccideva velocemente, ma il turnover  era assicurato dai continui nuovi arrivi. Riuscì a salvarsi perché le sue capacità artistiche di disegnatore e grafico  lo esentarono dai lavori più duri. Non era credente, ma come lui afferma si trovò un giorno inginocchiato a pregare Dio.  Herman si salvò perché la sua struttura fisica lo salvò.
Tutti e due erano tra i giovani che giocavano a baseball nel parco Gor’kij.
Tornato negli Stati Uniti, Sgovio scrisse le sue memorie per ricordare tutti i morti della Kolyma. Andò a vivere nella calura e al sole di Phoenix, il freddo e il gelo  russo erano un bruttissimo ricordo. Morì ad 81 anni nel 1997. Herman tornò a Detroit nel 1976, segnato nel fisico e nella psiche, si svegliava di soprassalto di mattina presto pensando di dover cercare da mangiare per sfamarsi. Il ricordo del lager non lo abbandonò. Morì nel 1985 a sessantanove anni di infarto.


Peter Weir, regista di The Way Back, ha volute come consulente Anne Applebaum, la massima studiosa dei Gulag. Suo, l’interessante e dettagliato libro Gulag storia dei campi di concentramento sovietici (Mondadori). Weir è stato accusato di aver fatto un film a partire da un falso storico che poi racconterò e di aver abbindolato tutti con le riprese documentaristiche dei luoghi della fuga.  Il film è giunto nelle sale italiane solo a luglio, da un anno non trovava distribuzione nel nostro paese. Snobbato e criticato per falso e perché senza una storia da alcune e riviste radical-chic (vedi Escobar su L’Espresso), ha avuto invece un buon consenso per chi vuole la verità. La storia nel film invece esiste: uomini traditi dalla propria donna, dal regime, e desiderosi di perdonare e di perdonarsi sono diventati amici nel cammino della fuga sorreggendosi ed aiutandosi a vicenda.  Un grande Ed Harris interprete dell’americano Mr Smith ed un buon Colin Farrell nelle vesti quasi naturali del cattivo urka. I paesaggi meritavano la fotografia da cartolina di Weir, che però teneva sempre come contraltare i primi piani dei fuggiaschi. I detrattori della fotografia di Weir dovrebbero andare a rivedersi Gallipoli – Gli anni spezzati  con un giovane Mel Gibson, anche lì i paesaggi australiani erano rappresentati come cartoline. 



Ma passiamo al libro da cui è tratto il film, Tra Noi e la Libertà (Corbaccio) di Slavomir Rawicz. Arrestato dopo l’invasione della Polonia e internato in un campo della Siberia, sostiene di essere scappato con altri sei prigionieri, uno dei quali americano, e con una ragazza polacca, anch’essa trovata sulla via della fuga. Arrivarono in India dopo aver costeggiato il lago Bajkal, attraversato la frontiera Mongola, il deserto dei Gobi, l’Himalaya ed il Tibet.
I detrattori affermano che la storia di Rawicz è falsa, frutto dei racconti del gulag in cui si sognava la libertà. . Ciò non toglie nulla al film di Weir, la libera ispirazione penso sia una cosa positiva, ognuno interpreta secondo la propria sensibilità, ma Weir è stato coerente e veritiero con la storia russa.
Di fatto, gli americani in Russia venivano incarcerati, gli urka esistevano, i polacchi erano perseguitati più degli ebrei, alcuni disegnavano e la vita nel campo, moltissimi morivano e …. i gulag erano campi di concentramento.
Weir ha girato un film storico in cui si leggono le sofferenze del popolo russo, delle altre nazioni sottomesse, la fame, la morte, l’abbruttimento umano.
Quello che ai mass media dà fastidio non è tanto il ricordare tutto ciò, ormai la storia ha scoperto la verità anche se Putin e i vecchi /nuovi comunisti non scrivono nei libri di storia ciò che è accaduto, ma il fatto che l’uomo ha comunque un cuore che urla la sua infelicità, il suo desiderio di verità e di giustizia. 


martedì 11 dicembre 2012

Gulag 8

Gulag - parte 8


Ma passiamo al libro da cui è tratto il film, Tra Noi e la Libertà (Corbaccio) di Slavomir Rawicz. Arrestato dopo l’invasione della Polonia e internato in un campo della Siberia, sostiene di essere scappato con altri sei prigionieri, uno dei quali americano, e con una ragazza polacca, anch’essa trovata sulla via della fuga. Arrivarono in India dopo aver costeggiato il lago Bajkal, attraversato la frontiera Mongola, il deserto dei Gobi, l’Himalaya ed il Tibet.
I detrattori affermano che la storia di Rawicz è falsa, frutto dei racconti del gulag in cui si sognava la libertà. . Ciò non toglie nulla al film di Weir, la libera ispirazione penso sia una cosa positiva, ognuno interpreta secondo la propria sensibilità, ma Weir è stato coerente e veritiero con la storia russa.
Di fatto, gli americani in Russia venivano incarcerati, gli urka esistevano, i polacchi erano perseguitati più degli ebrei, alcuni disegnavano e la vita nel campo, moltissimi morivano e …. i gulag erano campi di concentramento.
Weir ha girato un film storico in cui si leggono le sofferenze del popolo russo, delle altre nazioni sottomesse, la fame, la morte, l’abbruttimento umano.
Quello che ai mass media dà fastidio non è tanto il ricordare tutto ciò, ormai la storia ha scoperto la verità anche se Putin e i vecchi /nuovi comunisti non scrivono nei libri di storia ciò che è accaduto, ma il fatto che l’uomo ha comunque un cuore che urla la sua infelicità, il suo desiderio di verità e di giustizia. 

(fine)

sabato 8 dicembre 2012

Gulag 7


Gulag - parte 7


Peter Weir, regista di The Way Back, ha volute come consulente Anne Applebaum, la massima studiosa dei Gulag. Suo, l’interessante e dettagliato libro Gulag storia dei campi di concentramento sovietici (Mondadori). Weir è stato accusato di aver fatto un film a partire da un falso storico che poi racconterò e di aver abbindolato tutti con le riprese documentaristiche dei luoghi della fuga.  Il film è giunto nelle sale italiane solo a luglio, da un anno non trovava distribuzione nel nostro paese. Snobbato e criticato per falso e perché senza una storia da alcune e riviste radical-chic (vedi Escobar su L’Espresso), ha avuto invece un buon consenso per chi vuole la verità. La storia nel film invece esiste: uomini traditi dalla propria donna, dal regime, e desiderosi di perdonare e di perdonarsi sono diventati amici nel cammino della fuga sorreggendosi ed aiutandosi a vicenda.  Un grande Ed Harris interprete dell’americano Mr Smith ed un buon Colin Farrell nelle vesti quasi naturali del cattivo urka. I paesaggi meritavano la fotografia da cartolina di Weir, che però teneva sempre come contraltare i primi piani dei fuggiaschi. I detrattori della fotografia di Weir dovrebbero andare a rivedersi Gallipoli – Gli anni spezzati  con un giovane Mel Gibson, anche lì i paesaggi australiani erano rappresentati come cartoline. 



(7 - continua)

mercoledì 5 dicembre 2012

Gulag 6

Parte 6



Come citavo in apertura, il libro I Dimenticati di Tim  Tzouliadis (Longanesi) racconta la storia degli americani in Urss dal 1930 al dopoguerra, attraversando lo spaccato della storia sovietica.
Gli americani venivano arrestati con le stesse motivazioni con cui erano imprigionati i russi. Si accorsero che l’unica cosa da fare era cercare di tornare in patria. Ma ormai facevano parte delle liste dei gulag.
Molti usciti, dall’ambasciata dove chiedevano il passaporto venivano arrestati dalla polizia segreta, accusati di essere spie, torturati e se restavano in vita andavano al gulag.
Thomas Sgovio e Victor Herman  furono tra i pochi americani che si salvarono, come Salamov, dalla Kolyma.
Sgovio si ritenne fortunato e miracolato. Molti morivano dopo tre mesi, solo il 30% superava il primo inverno per morire il secondo. Il lavoro nelle miniere uccideva velocemente, ma il turnover  era assicurato dai continui nuovi arrivi. Riuscì a salvarsi perché le sue capacità artistiche di disegnatore e grafico  lo esentarono dai lavori più duri. Non era credente, ma come lui afferma si trovò un giorno inginocchiato a pregare Dio.  Herman si salvò perché la sua struttura fisica lo salvò.
Tutti e due erano tra i giovani che giocavano a baseball nel parco Gor’kij.
Tornato negli Stati Uniti, Sgovio scrisse le sue memorie per ricordare tutti i morti della Kolyma. Andò a vivere nella calura e al sole di Phoenix, il freddo e il gelo  russo erano un bruttissimo ricordo. Morì ad 81 anni nel 1997. Herman tornò a Detroit nel 1976, segnato nel fisico e nella psiche, si svegliava di soprassalto di mattina presto pensando di dover cercare da mangiare per sfamarsi. Il ricordo del lager non lo abbandonò. Morì nel 1985 a sessantanove anni di infarto.

(continua - 6)

domenica 2 dicembre 2012

Gulag 5

(parte 5)

Con la conferenza di Yalta, Stalin pretese il rientro in patria dei militari russi prigionieri in Europa. Moltissimi di essi si rifiutarono, in Inghilterra ad esempio, ma furono passati per le armi dagli inglesi. Questo avvenne anche per i russi nei campi di lavoro statunitensi. Molti russi, sapendo a cosa andavano incontro si suicidarono.
Churchill  e Roosevelt sapevano che fine avrebbero fatto i militari sovietici. Stalin considerandoli degli inetti li mandò direttamente nei gulag.
Gli stessi ebrei polacchi che si erano salvati dai nazisti finirono direttamente nei campi di Stalin. Insieme ad essi tedeschi, ungheresi, lituani, lettoni, moldavi, zingari, estoni, giapponesi ed italiani.



I nostri alpini trovarono nei campi di sterminio altri connazionali scappati dall’Italia e dal fascismo. Erano tutti comunisti. Come documenta Eugenio Corti ne Il Cavallo Rosso (edizioni Ares), Togliatti era al corrente di tutto ciò ma non mosse mai un dito per la loro liberazione.
Roosevelt a Yalta sapeva che molti americani andati a lavorare negli anni trenta in Urss erano stati internati, ma neppure lui si mosse in loro favore. Le notizie erano certe, molti cittadini americani si recavano all’ambasciata Usa a Mosca per denunciare le scomparse di familiari o amici. Ciò non ebbe nessun effetto sulla politica americana in Russia che affermava che molti erano cittadini russi. Gli era stato ritirato il passaporto ed erano diventati sovietici inconsapevolmente e forzatamente.
Gli stessi ambasciatori succedutisi a Mosca fecero spallucce, anzi uno di loro J. Davies (nella capitale dal 1936 al ’38) scrisse un libro in odore di adorazione verso Stalin rimpinguando le tasche del dittatore acquistando tesori artistici russi.

(5 - continua)

venerdì 30 novembre 2012

Gulag 4

Parte 4

Ma torniamo a Stalin, dal 1934 al ’39, il Grande Terrore avvolse la nazione  russa ed ingrossò i campi di sterminio.
Le persone che finivano nei gulag, andavano ad infoltire le file dei lavoratori a costo zero per risollevare l’economia sovietica e costruire le infrastrutture dello stato. L’inutile canale per unire il mar Baltico al mar Bianco fu costruito dai prigionieri, la stessa metropolitana di Mosca è stata scavata dai detenuti e le miniere d’oro della Kolyma furono  trivellate se non a mani nude, con mezzi di fortuna da milioni di uomini e donne.
Nel 1939 con il patto Molotov- Ribbentrop, l’Urss occupò la Polonia dell’est e poco dopo nel 1940 la Lituania, L’Estonia e la Lettonia.



 La Finlandia si difese e cedette solo la regione della Carelia. A questo proposito ho rispolverato un vecchio libro di Indro Montanelli, Cronache si Guerra (De Agostini) in  cui vi sono le sue corrispondenze di guerra per il Corriere della Sera.  Queste invasioni andarono ad aumentare enormemente  il numero delle vittime ad opera dei russi. Nel 1941 la Germania attaccò la Russia rompendo il patto di non aggressione. Sappiamo come andò a finire e i patti di Yalta definirono la supremazia dell’Urss sui paesi dell’est Europa. Al termine della guerra tutti i prigionieri dei sovietici di ciascuna nazione occupata andarono a finire nei  gulag della Kolyma dove l’estrazione dell’oro sarebbe servita all’industrializzazione della nazione.
Da notare che nel periodo bellico gli Stati Uniti armarono Stalin con navi, armi e munizioni. Le stesse navi furono utilizzate per la deportazione dei detenuti nella inesplorata estrema regione della Kolyma.

(4 - continua)

mercoledì 28 novembre 2012

Padre Aldo Trento - Concerto Gospel a Seregno


Seregno
Giovedì, 22 novembre 2012

In un momento di crisi economica  è emozionante scoprire che 650 persone, hanno assistito al concerto dei  Rejoice Gospel Choir a favore delle opere di Padre Aldo Trento in Paraguay.
Un Teatro San Rocco di Seregno  esaurito, come si vede nella foto.


È  formidabile il fatto che questa iniziativa sia nata per osmosi. Alcune persone che avevano incontrato Padre Aldo, colpite dal suo impeto,  hanno organizzato il concerto coinvolgendo varie realtà imprenditoriali di Seregno, compreso  il  Sindaco e l’amministrazione comunale  della città.

Una  Grazia, così l’ha definita Padre Aldo nel suo saluto commosso ai presenti. Un evento non voluto, non cercato, in cui tutti i soggetti coinvolti hanno partecipato in maniera gratuita, riconoscendo una bellezza ed un’utilità incomparabile nelle opere di Padre Aldo, segno, come lui stesso ha affermato, di Gesù Cristo contemporaneo e non solo di uno sforzo umano.


Un gesto semplice, un concerto gospel. Un filone musicale questo,  espressione della domanda e del ringraziamento a Dio. 
Un grazie particolare al Rejoice Gospel Choir  e al direttore Gianluca Sambatero. Una cinquantina di persone appassionate al gospel, non professionisti, ma entusiasti di questa musica ispirata al Vangelo.






domenica 25 novembre 2012

Gulag 3

(parte 3)


Il primo gulag nacque nel 1923 sulle isole Solovky  come campo di rieducazione con 300 detenuti, ma divenne poi un vero e proprio campo di sterminio, nel 1926 i prigionieri erano 6000. I nazisti della prima ora approdarono nelle isole Solovky  per copiarne  il modello per poi creare i campi di concentramento.
Ho visitato le isole Solovky due anni orsono e sono rimasto colpito e inorridito da ciò che lì accadde.  I monaci che lì vivevano vennero perlopiù eliminati e i prigionieri successivi vennero sparsi per le isole. Ne sopravvissero  pochi ed anche qui si parla di oltre un milione di morti. Un libro molto documentato di Jurii Brodskij,  Solovky  le isole del martirio (La Casa di Matriona) ne è la testimonianza storica.
Se le Solovky furono l’apripista, ben presto sotto Stalin i gulag divennero migliaia.
Quando i campi non potevano accogliere i detenuti, essi venivano uccisi sistematicamente. Non molti anni orsono a Petrozavodsk,  sono state trovate nella foresta centinaia di fosse comuni con migliaia di morti. Quando ho visitato questo luogo ho notato che la vastità della foresta in cui sono stati trovati i resti umani faceva da contraltare ad un silenzio assoluto: non vi erano animali di nessun tipo, gli uccelli non si posavano sugli alberi. Solo le zanzare erano a milioni. Un silenzio spettrale e irreale  circondava il luogo. La natura non si è mai assuefatta all’odore della morte.
Alle porte di Mosca ho visitato un altro luogo di sterminio, Butovo, poligono militare ove furono fucilate migliaia di persone. La guida che ci accompagnava, una sessantenne che parlava in italiano, non ne conosceva l’esistenza.

(continua. 3)


domenica 18 novembre 2012

Gulag 2

Gulag - parte 2



Facciamo un passo indietro. Dopo la rivoluzione d’ottobre del 1917 fino alla sua morte, Lenin spadroneggiò in Urss. Chi ritiene che lui sia stato meno sanguinario di Stalin si sbaglia: i campi di rieducazione (così venivano chiamati) già esistevano con Lenin.
Nel 1924 Stalin divenne  padre padrone della nazione. Nel 1934 diede il via al periodo detto del GrandeTerrore. Epurò tutti quelli considerati da lui nemici del popolo, comunisti anche’essi, ma che criticavano i piani del leader. Ben presto allargò il terrore  facendo arrestare chiunque: dalle epurazioni si passò alle deportazioni di massa pianificate.
Le purghe staliniane portarono nei lager gli urka (criminali comuni), giornalisti, politici,  intellettuali, studenti, donne, uomini, ragazzi. Tutta la società sovietica fu attraversata dal terrore delle uccisioni e deportazioni, fu un vero e proprio olocausto.

Alexander Solzenicyn in Arcipelago Gulag  (Mondadori) descrive la vita nei campi di sterminio  ed arriva a dire che i deportati sono stati 40 milioni. Questo è stato il primo libro che ho letto sulle persecuzioni in terra sovietica. 


Poi lessi I Racconti di Kolyma di  Varlam Salamov ma vista la crudezza con cui è stata descritta la realtà  del gulag non riuscii a finirlo. Inorridii al pensiero di quello che le popolazione russa soffrì.

(2 - continua)


giovedì 15 novembre 2012

Gulag 1




Tra i fuggitivi dal gulag nel film The Way Back c’è anche un ingegnere americano,      Mr Smith, roso dal tarlo di essere andato in Unione Sovietica con il figlio, ucciso poi dalla polizia segreta russa.
Che ci fossero americani che emigrarono nella madrepatria comunista per questioni ideologiche questo lo sapevo. Un po’ da tutta l’Europa  avevano ceduto al miraggio sovietico. Molti, dall’Italia, erano emigrati per scappare dal fascismo,  e qualche centinaio era sfuggito ai mandati di cattura per omicidio  accaduti nel dopoguerra, come  quelli nel triangolo della morte emiliano.


Ho scoperto un libro, I  Dimenticati di Tim  Tzouliadis (Longanesi) che narra la storia degli americani emigrati in Russia. Non però di chi era andato per scelta politica, ma di migliaia di persone con figli e mogli che erano approdati sul suolo russo per lavorare.
Nel 1929 dopo il crollo della borsa negli Usa scoppiò la grande depressione: la crisi economica colpì la nazione e moltissime persone restarono senza lavoro. Henry Ford stava per smantellare la fabbrica di Detroit, quando Stalin si offrì di comprarla e di trasferirla in patria. Il magnate pare ci guadagnò 40 milioni di dollari in oro.
Stalin aveva  bisogno di manodopera qualificata per industrializzare la Russia. Fu così che in piena crisi economica, i cittadini americani sollecitati dalle offerte di lavoro russe emigrarono. Sicuramente furono migliaia e migliaia, ma un conto vero e proprio non è stato mai stilato. Meccanici, idraulici, ingegneri, tecnici, boscaioli, semplici operai, camionisti, minatori, etc., varcarono l’oceano in cerca della terra promessa. Portarono con loro anche il baseball. A Mosca nacquero quattro squadre che giocavano nel parco Gor’kij. Fu anche aperto un giornale di lingua inglese con 40 redattori. Gli americani non si stabilirono solo a Mosca, ma a pioggia nel resto della nazione dove serviva manodopera.

(1 - continua)


lunedì 12 novembre 2012

Pedro Sarubbi - Barabba



Tutti lo conoscono come Pedro oppure come Barabba, perché lui, Pietro Sarubbi ha impersonato nel film The Passion di Mel Gibson l’uomo che è stato liberato  per lasciare il posto a Gesù.
Ha il volto, come lui spesso afferma, da poliziotto o da bandito e spesso li impersona, ma dai suoi vivaci racconti si deduce che potrebbe anche essere un buon attore comico.
Incontrare Pedro, non è solo sentire il racconto del backstage del film e della figura del controverso attore/regista australiano, ma soprattutto ascoltare  la conversione di un cinquantenne che ha incontrato Gesù e il Cristianesimo.



The Passion è stata la goccia che ha sfondato l’argine del fiume, un fiume, il suo cuore che si è compiuto dopo anni di ricerca, di irrequietezza  e di ricerca.
La sua è una testimonianza energica e viva, fuori dagli schemi: al termine della serata è vivamente commosso. 
Vi consiglio il suo libro e se avete l’occasione andate ad un suo incontro

Per la cronaca l’evento si è tenuto nella Chiesa della parrocchia Sacra Famiglia a Paderno Dugnano a cura dell’Associazione Carpediem.  http://www.associazionecarpediem.it/news.htm