sabato 30 gennaio 2010

SO - Senza Offendere


Il direttore Feltri fa finta di cospargersi il capo per il caso Boffo, lui ha solo abboccato, la colpa è di una lobby all'interno della Chiesa e di un pesonaggio credibile che gli ha fornito l'informazione. Giornalista da razza cialtrona.

Ciro Ferrara ha mangiato il panettone a Natale adesso ricomincerà a mangire i budini in tv.

venerdì 29 gennaio 2010

W Antonio Cassano


Per il Festival di Sanremo 2010, Antonella Clerici ha avuto una grande idea, al posto d’invitare un personaggio dello sport bello e straniero, tipo Beckham o Cristiano Ronaldo, porterà per la prima serata un calciatore italianissimo: Antonio Cassano.
Giusto valorizzare un uomo di casa nostra .
Cassano è un gran giocatore con qualità tecniche eccelse, non a caso Fabio Capello (che non è un pirla) oltre che alla Roma l’ha voluto al Real Madrid.
Alla Samp sta(va) vivendo un’altra giovinezza, ma Del Neri settimana scorsa l’ha lasciato in tribuna. Lippi per la sua nazionale ha deciso di farne a meno, padronissimo, anche se a parte la melina sul caso, pochi addetti ai lavori hanno contestato al c.t. che la squadra in attacco è spuntata.
Mancini pensa di portarlo in Inghilterra, e forse segretamente lo voleva all’Inter.
Il ragazzo di Bari vecchia è stato accusato di essere una testa calda, è vero lo è stato, fa parte del carattere, ma adesso, da quando è alla Samp si è messo in dima. A giugno si sposerà ed il mito di aver avuto 600 donne verrà accantonato. Nella vita come nel calcio si cresce e si matura.
Non è bellissimo, molti dicono che non è una cima, ma ha un’ironia spettacolare, che dice di sè : Ho scritto più libri (2) di quanti ne ho letti. Segno di umiltà ed umanità. Quello che è si vede, non lo nasconde (favolosa l’intervista a Che tempo che fa con Fabio Fazio).
Averne come lui, non può far altro che progredire.
Male che vada diventerà presentatore.

giovedì 28 gennaio 2010

SIATE REALISTI, DOMANDATE L'IMPOSSIBILE!

Caligola di Camus: I atto, IV scena.

I personaggi sono Caligola, imperatore romano, ed Elicone, servo e confidente dell’imperatore.

Elicone: Buon giorno Caligola.

Caligola: Buon giorno Elicone.

Elicone: Sembri affaticato.

Caligola: Ho camminato molto.

Elicone: Sì, la tua assenza è durata a lungo.

Caligola: Era difficile da trovare.

Elicone: Che cosa?

Caligola: Ciò che volevo.

Elicone: E che volevi?

Caligola: La luna.

Elicone: Che?

Caligola: La luna. Sì, volevo la luna.

Elicone: Ah, e per fare cosa?

Caligola: È una delle cose che non ho.

Elicone: Sicuramente. E adesso è tutto a posto?

Caligola: No, non ho potuto averla. Sì, ed è per questo che sono stanco. Tu pensi che io sia pazzo.

Elicone: Sai bene che io non penso mai. Sono troppo intelligente per pensare.

Caligola: Sì, d’accordo. Ma non sono pazzo e posso dire perfino di non essere mai stato così ragionevole come ora. Semplicemente mi sono sentito all’improvviso un bisogno di impossibile. Le cose così come sono non mi sembrano soddisfacenti.

Elicone: È un’opinione abbastanza diffusa.

Caligola: È vero, ma non lo sapevo prima. Adesso lo so. Questo mondo così com’è fatto non è sopportabile. Ho bisogno della luna, o della felicità o dell’immortalità, di qualcosa che sia demente forse, ma che non sia di questo mondo.

Elicone: È un ragionamento che sta in piedi. Ma, in generale, non lo si può sostenere fino in fondo, non lo sai?

Caligola: È perché non lo si sostiene mai fino in fondo che non lo si sostiene fino in fondo. E non si ottiene nulla. Ma basta forse restare logici fino alla fine.

Elicone: Io so ciò che pensi. Quante storie, per esempio per la morte di una donna.

Caligola: No, Elicone, non è questo. Mi sembra di ricordare, è vero, che alcuni giorni fa è morta una donna che io amavo. Ma cos’è l’amore? Poca cosa. Questa morte non è niente, te lo giuro. Essa è solo il segno di una verità che mi rende la luna necessaria. È una verità molto semplice e perfettamente chiara, un po’ stupida forse, ma difficile da scoprire e pesante da portare.

Elicone: Ma, in fin dei conti, qual è la verità, Gaio?

Caligola: Gli uomini muoiono e non sono felici.

mercoledì 27 gennaio 2010

GLI ULTIMI DEL PARADISO/ Bella fiction sui rapporti umani, ma i veri ultimi sono i morti di Haiti

La settimana scorsa la Rai ha mandato in onda Lo scandalo della Banca Romana, questa settimana Gli Ultimi del paradiso e la prossima andrà in onda S. Agostino.

La tv pubblica punta molto sulle fiction, ha investito e vuole un ritorno in termini di pubblico e di consensi. La scelta delle serie a due puntate da 100 minuti ciascuna è costosa e poco ammortizzabile, ma questa è la volontà dei vertici Rai.

Programmare Lo scandalo della Banca Romana in questo periodo di crisi economica e di sfiducia nelle istituzioni poteva avere un contraccolpo negativo, ma gli ascolti sono stati positivi. La prima di domenica de Gli Ultimi del paradiso, nonostante il derby milanese, ha raccolto il 19,57% con 5.000.000 di telespettatori, la partita su Premium Calcio il 5% con 1.400.000 teste, Sky Calcio ha raschiato il 2% con 500.000 persone e Amici su Canale 5 il 20,50% . La puntata finale di lunedì è andata contro il Grande Fratello che ha avuto un exploit del 31, 86% con 7.500.000, ma è rimasta al 20,60% con 5.800.000 spettatori. Non male.

I media avevano enfatizzato il contenuto della fiction poggiata a loro dire sulla realtà degli incidenti sul lavoro, ma l’avvenimento del giovane sposo che resta immobilizzato su una carrozzella è solo uno spunto per raccontare cosa accade alla vita di un gruppo di amici e alle loro famiglie. Ad un certo punto si trovano tutti in difficoltà, senza lavoro, in precarie situazioni economiche, ma cercano d’aiutarsi.

Storie che s’intrecciano, amore, fatica, pianti, litigi, divisioni, desideri. Con errori, sbagli e tradimenti che contraddistinguono la vita umana. Tutto ciò ha caratterizzato senza stancare buona parte le due puntate. Fin qui bene direi, con qualche verso al film Convoy e ad Anatra di Gomma.

Fanno da contorno, il tema della giustizia e la figura del sindacato. Il prete che sermoneggia sulla precarietà e la sicurezza sul lavoro è solo appiccicato, così come il sindacalista. Troppo da romanzo idealista è la figura del fratello di Massimo Ghini che come praticante avvocato aiuta i poveri tapini contro la cattiva suocera con tanto di studio legale avviato.

Ridicola è la trasposizione del padrone della ditta di autotrasporti, un fuori luogo Francesco Salvi, che dopo aver fatto fallire la ditta lasciando a casa i dipendenti li cerca per dar loro lavoro. Nel frattempo i nostri eroi, riunitisi in società, hanno aperto una pompa di benzina con annesso autolavaggio e sbarcano il lunario.

Negli ultimi quindici minuti di fiction andiamo a finire su ciò che doveva essere il fulcro dello sceneggiato. Appena appare all’orizzonte la pulizia della stiva di una nave si capisce che accadrà qualcosa. Qualcuno ci lascerà le penne perché non ha usato le maschere antigas e questo a causa della superficialità del Ghini che ora è un imprenditore. Una conclusione troppo scontata.

Retoriche le ultime immagini con le tre bare e uno degli amici in carrozzella con la voce fuori campo che parla del numero di morti annuali sul lavoro. Così come le parole del giovane avvocato difensore, divenuto uno strenuo difensore della legalità e sicurezza.

Sicuramente sceneggiare un tema così duro non è certamente facile, qui è stato un po’ camuffato il tutto raccontando le situazioni umane dei personaggi per poi tirare la stoccata finale sulle morti bianche.

Bravo Massimo Ghini, ormai possiamo dire che è uno dei re delle fiction (vi ricordate l’interpretazione di Guido Rossa?) preferibile di gran lunga nelle partecipazioni ai film natalizi dei Vanzina. Anche Elena Sofia Ricci supera la prova uscendo (speriamo per lungo tempo) dallo stereotipato personaggio che veste nei Cesaroni.

Il titolo della fiction non l’ho proprio capito, Gli ultimi del Paradiso, poteva andare bene per i cristiani martiri dell’Asia e Africa o per i morti di Haiti, attaccato così sembra messo per rendere più accattivante la serie.

lunedì 25 gennaio 2010

MATERAZZI - Uno di noi.


Bellissima l'idea di Materazzi alla fine di Inter-Milan di salutare i compagni con la maschera sorridente di Berlusconi.
Pare che lo vogliano deferire per questo. Pazzesco, anche il Cavaliere ci riderebbe sopra. Al massimo alla sua controfigura tirerebbe una pallonata.

domenica 24 gennaio 2010

SR - Senza Rete


Ciro Ferrara ha mangiato il panettone a Natale, ma mi sa che ora torna in campo solo per mangiare i budini.

Ranieri si è vendicato al 92° di come è stato cacciato dalla Juve. Occhio per occhio, dente per dente.

Inter 2 - Milan 0
Ma i rossoneri non giocavano calcio champagne? Forse era Tavernello.
Armani ha ritirato i manifesti pubblicitari con Beckham, ormai è accertato che sia in campo che fuori ha degli scarsi attributi.
Espulsioni immeritate, rigore regalato. Il crimine ogni tanto non paga.

sabato 23 gennaio 2010

Urla del silenzio


Urla del silenzio, Mission, due grandi film per il regista Roland Joffè. Aggiungerei Vatel con Depardieu, anche se in tono minore.
Con Urla del silenzio il mondo scoprì l'eccidio di più di un milione di persone perpetrato dal 1975 al 1979 in Cambogia ad opera del filo-maoista Pol Pot.
Oggi si viene a scoprire che l'attore interpre del fotografo Dith Pran nel film, è stato ucciso nel 1996, non da una banda giovanile, ma da sicari pagati dai cambogiani khmer rossi. Si chiamava Haing S. Ngor, era un genecologo cambogiano salvatosi dall'eccidio, dove aveva perso la moglie. Accettò la parte del fotografo e si portò a casa un premio Oscar.
E il mondo scoprì che il comunismo era uguale in tutto il mondo.
Massacri in Cambogia, Russia, Cina, Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia, etc..

Fu ucciso per vendetta dai khmer rossi.

Ma la verità prima o poi viene sempre a galla.

Onore a Haing S. Ngor

SO - SENZA OFFENDERE

Il giornalista Filippo Facci, archiviato Craxi, è partito per la tangente per l’aborto, poi continuerà con l’eutanasia (vedrete cosa scriverà sulla canzone di Povia a Sanremo), e finirà con Di Pietro. SO, ossessionato.

Costanzo segato da Mediaset esordirà a breve in Rai. Mentre in varie città italiane veniva chiesta una via per Craxi, buona camicia a tutti ha proposto a Roma l’intitolazione di una via a Nerone. Dice per ripristinare la verità sull’imperatore. SO, avrebbe dovuto restare a Mediaset ed andare ospite fisso al programma di sua moglie Uomini e Donne over ’70.

Beckham ha subito un incursione delle Iene nelle parti basse. Il bel David ora è testimonial di Armani, ha sostituito Cristiano Ronaldo nelle foto pubblicitarie pare per i suoi attributi. La Iena di Mediaset l’ha sbugiardato. SO tutto fumo e niente arrosto.

Tinto Brass correrà per le elezioni regionali con i radicali nel Lazio e nel Veneto.
Il suo programma avrà molto eros. SO, il protagonista potrebbe essere Beckham

Povero calciatore del Milan ha anche dovuto pagare 2.300 euri per il viaggio in aereo (prima classe) del suo cane da Londra a Los Angeles. SO, che vita da cani, per Beckham s’intende!

Brunetta concorrerà alle elezione a sindaco di Venezia. Se verrà eletto vuol mantenere il dicastero a Roma. SO, uno stakanovista di grande statura.

mercoledì 20 gennaio 2010

TERREMOTO HAITI: Fiammetta (Avsi): la mia notte con 4 bimbi sotto le macerie

La lettera di Fiammetta Cappellini rappresentante di Avsi ad Haiti e residente sull'isola dal 1999 che racconta cosa è successo durante il terremoto, appena giunta - avventurosamente - in redazione





Ciao a tutti,



cercherò di essere breve perché tentiamo di fare economia di batterie. Il terremoto è avvenuto alle 17:00, mentre ci accingevamo a chiudere gli uffici di PV. Gli uffici al pian terreno erano invece già tutti chiusi.



La prima scossa è stata fortissima ed è durata sicuramente più di un minuto. Appena possibile abbiamo lasciato i locali. Constatato che non c’erano danni rilevanti, siamo andati tutti a casa. Le strade però si sono rivelate una trappola. Io e la seconda macchina, con a bordo Jean Philippe e un collega haitiano, siamo rimasti bloccati per ore. Alla fine abbiamo deciso di far ritorno all’ufficio.



Ci siamo riforniti di acqua potabile e ci siamo diretti alla ex casa Zorzi, unica meta raggiungibile. Qui però ci ha sorpresi la seconda scossa, al che abbiamo deciso di dormire fuori. Non potendo raggiungere casa mia, abbiamo chiesto ospitalità presso una struttura dell’ambasciata brasiliana che dispone di un grande cortile e che sapevamo avere internet. Da lì vi abbiamo scritto il primo messaggio.



Quando la situazione nelle strade si è un po' normalizzata, verso le 22.00, ci siamo avventurati verso casa mia. Abbiamo praticamente attraversato la città. Il panorama è devastante. I più importanti edifici sono scomparsi. Danni ingenti si registrano ovunque. Solo da quello che abbiamo visto noi, i morti non possono che contarsi a migliaia. Interi edifici di diversi piani sono stati completamente rasi al suolo.



Gravissimi danni ha subito un noto supermercato che a quell’ora non poteva che essere pieno di gente. È praticamente ridotto a niente. Verso mezzanotte ho potuto ritrovare mio marito, quindi abbiamo fatto un giro a casa di Jean Philippe, che è gravemente danneggiata e chiaramente non più abitabile. Quindi per ora sta da me.



Casa Edoardo-Alberta non sembra apparentemente aver subito gravi danni. Il nostro ufficio PV è integro. Rientrando a casa ho trovato l'accesso a internet e posso confermare che a L.C. la situazione non è grave e che i colleghi stanno bene.



Attraversando la chota abbiamo visto scene di devastazione terribili. Abbiamo notizia di almeno due colleghi che hanno trovato la casa rasa al suolo. (d’altronde anche quella di fianco alla mia non esiste più).
Per le strade vagano persone in preda a crisi di panico e di isteria, feriti in cerca di aiuto. Gli ospedali sono difficilmente raggiungibili, le strade della capitale impraticabili. Il nostro viaggio verso casa è durato oltre due ore per fare meno di 10 chilometri. E per fortuna avevamo la jeep. Abbiamo cercato di portare aiuto come potevamo per trasportare i feriti, almeno i bambini non accopagnati, ma ci siamo presto resi conto di quanto poco servisse rispetto alla dimensione di questa tragedia. Si sentono dalle macerie le grida di aiuto di chi è rimasto sotto le macerie e i parenti impotenti che si disperano. Mancano luci per illuminare la scena e continuare a scavare, ora che è notte. Non possiamo che attendere domani mattina, ma questa notte è veramente nera per tutti noi.



Il commissariato di Delmas 33, con annessa prigione e centro di detenzione di minori (un edificio di tre piani), non esiste più. Sul posto la Minustah ha montato luci a grande potenza per poter continuare l’opera di soccorso.



L’hotel Montana, dove oggi ho pranzato con la capa-missione Flasco, è semidistrutto e conta 200 dispersi. Non ho sue notizie, ma a quell’ora avrebbe dovuto essere altrove. Spero per lei.



Tutti i mezzi della missione ONU sono mobilitati per portare aiuto, ma le Nazioni Unite stesse hanno subito gravi danni, con il loro quartier generale semi distrutto e diversi impiegati civili dati per dispersi. In tutta la città la gente resta in strada: chi non ha più una casa, ma anche chi teme nuove scosse.



Della maggior parte dei colleghi haitiani non abbiamo notizie, come anche di moltissimi amici e colleghi.



Abbiamo incontrato in strada il capo-missione di ACF (action contre la faim). Ci ha raccontato che il loro edificio è interamente distrutto e che per ore hanno cercato i colleghi vittime del crollo. Un loro collega haitiano manca e all’appello. Lo stesso capo-missione era leggermente ferito e cercava a piedi di raggiungere la propria abitazione e avere notizie della famiglia.



Ciò che abbiamo visto con Jean Philippe nell’attraversare la città è spaventoso. Non so davvero da che parte potremo ricominciare domani mattina. E mancano solo due ore all’alba, per fortuna. È terribile affrontare la notte in quste condizioni. Penso ai quattro bambini che abbiamo soccorso oggi pomeriggio, quattro fratellini che si sono trovati sotto una casa distrutta senza i genitori non ancora rientrati dal lavoro. Uno di loro aveva gravissime ferite alla testa e piangeva disperato. La sorellina piangeva chiedendo: «come fa la mamma a ritrovarci che la casa non c’è più?». Li abbiamo lasciati nelle mani di un motociclista perché con la nostra auto non si andava più né avanti né indietro. Dove saranno ora?



Pregate per questo paese sfortunatissimo



Fiammetta

martedì 19 gennaio 2010


LO SCANDALO DELLA BANCA ROMANA/ Se la fiction sembra scritta da Travaglio e Santoro...
Gianni Foresti


La storia si ripropone ciclicamente. Nel 1890 partì una inchiesta sulla Banca Romana che nel 1893 portò all’arresto dei vertici dell’istituto di credito che tirarono in ballo presidenti del consiglio, parlamentari, imprenditori e giornalisti. Fu uno crack economico enorme, la Banca Romana stampò senza autorizzazione banconote per 68 milioni di lire di allora, molte delle quali in serie doppia. Il processo si rivelò una farsa e tutti furono assolti.
Negli anni la storia si è ripetuta, pensiamo al crack del Banco Ambrosiano, alla Popolare di Lodi di Fiorani e al circolo dei furbetti. La crisi economica partita dagli Stati Uniti ha messo in ginocchio il sistema bancario ed il mondo intero, mentre Bernard Madoff con la sua truffa ha fatto sparire 50 miliardi di dollari e si è beccato 150 anni di galera.



Domenica i principali attori sono stai presenti in tv quasi tutto il giorno per lanciare la serie, prima a Domenica in, poi a Quelli che il calcio e, per finire Fiorellino ospite al TG1 delle 20.00. Una tirata della rete in grande stile.
Qualcuno ha parlato di narrazione intensa e ben scritta, di dialoghi forti, e balle varie, probabilmente dormiva da venerdì per aver visto invece L’Ultima Parola condotta da Paragone, una noia mortale a parte le storie e il dolore delle persone condannate ingiustamente.
L’eterna lotta per il potere politico ed economico, la corruzione ed i soldi, la stampa ed i suoi direttori, la mafia: Lo Scandalo della Banca Romana come Tangentopoli nella prima Repubblica e come le trame di Berlusconi in quella attuale.
Facciamo adesso un gioco.



Provate ad immaginare Santoro e Travaglio sceneggiatori di questo pezzo di storia datato 1890, (sicuramente la scriverebbero meglio di Alessi e Purgatori), sostituite i personaggi con Berlusconi, Dell’Utri, Spatuzza, Feltri e Il Giornale, La Repubblica e le 10 domande, qualche cardinale e vescovo et voilà, il gioco è fatto.
Mi stavo dimenticando dell’incorruttibile poliziotto impersonato nella fiction dal bravo attore Ninì Bruschetta, che sarebbe l’immortale Antonio Di Pietro e tutto può sembrare attuale.
La saga di Tangentopoli con Craxi è partita nel 1992, cent’anni prima si svolgeva lo scandalo bancario riproposto nella fiction, con tanto di intervento parlamentare a discolpa.
La riproposizione di ciò è frutto di coincidenze? RaiUno l’ha studiata benissimo?
Prima l’editoriale di Minzolini, poi la fiction in onda nella ricorrenza dei 10 anni dalla morte di Benedetto detto Bettino, poi le parole di Napolitano ed in ultimo il tentativo di beatificazione da parte degli ex socialisti da Vespa a Porta a Porta.
C’è forse Berlusconi dietro a tutto? Ricordatevi che Craxi fu anche testimone di nozze di Silvio, baciò la Veronica, come Andreotti baciò Totò Rina.
C’è del marcio in Danimarca? Non lo so, forse ce lo diranno ad AnnoZero. Gli ascolti sono stati comunque buoni una media del 24% di share con 6.000.000 di spettatori, considerando che domenica sera Canale 5 aveva in campo Amici e ieri sera Il Grande Fratello.



Dopo la fantapolitica oso affermare che mi è sembrata però inopportuna la messa in onda in questo periodo della fiction Lo scandalo della Banca Romana, la crisi la stiamo vivendo sulla nostra pelle e la fiducia per gli istituti di credito non è in questo momento nel cuore degli italiani.
Uniamoci il fatto che in Italia chi ne fa le spese sono sempre i piccoli risparmiatori, le piccole imprese e i lavoratori dipendenti, ed il gioco è fatto. Sfiducia nera perciò, e la ripresa non è all’orizzonte nonostante le dichiarazioni di Berlusconi. Delusione perciò anche dalla classe politica. E chi paga è sempre il popolo.

Esprimo subito il mio giudizio sul cast. Lando Buzzanca, ormai 74enne, impersona a meraviglia il canagliesco governatore della banca. Ormai il nostro ex sciupafemmine degli anni ’70 ha intrapreso una seconda brillante carriera nelle fiction, (vedi Io e mio figlio: il commissario Vivaldi), ha buone e radicate qualità interpretative, e si vedono.
Vincent Perez interpreta il direttore del giornale colluso con la banca. Non penso sia facile interpretare il cattivo, il viscido e lo stupratore, ma lui ci riesce alla grande. Parlo ora di Fiorellino. Ve lo ricordate quando presentò il karaoke di Italia 1 con il relativo flop? Viveva all’ombra del fratello, ma poi ha trovato la sua strada, basta vedere l’interpretazione in Salvo d’Acquisto e Giuseppe Moscati. Direi che ormai è proprio un bravo attore, preparato e convincente.

Non all’altezza è la sceneggiatura, anzi direi scarsa. Nella prima puntata con la velocità della luce Fiorello, onesto giornalista, da Cefalù arriva dritto a Roma, diventa un cronista politico affermato, soldi, bei vestiti, porta via l’amante del direttore, acquista come prestanome per lui un palazzo di 25 appartamenti davanti al Pantheon.
Cioè si mette nei guai.
Ma normalmente i siciliani non sono svegli e furbi?
Il giornalista Fiorello è un ingenuo, non si accorge dei maneggiamenti, delle collusioni mafiose, giornalistiche, dei troppi soldi riciclati che girano, delle corruzioni politiche. Ma dove vive? Ha un po’ del fessacchiotto innamorato. Storia debole.
Tutto è da sfondo alla truffa della Banca Romana. La mente è il direttore del giornale che usa il suo delfino per arricchirsi ed essere sempre più potente.
Dopo il suicidio del padre e l’abbandono da parte dell’amata, Fiorello si risveglia e decide di saltare la barricata facendo poi esplodere lo scandalo.

Come dicevo in apertura, la storia è ciclica, si ripete, Giovanni Giolitti si dimise da primo ministro facendo cadere il governo ma non fu però condannato (come nessun altro politico), si ripresentò in parlamento 10 anni dopo riprendendosi la leadership e la carica. Per Bettino invece non è andata proprio così bene.

N.B. Per par condicio proporrei che un’altra sceneggiatura la scrivesse anche il bravo Oscar Giannino

domenica 17 gennaio 2010

L’inferno di Haiti e il Paradiso di Antonio Socci

Basta un piccolo starnuto del pianeta, in un minuscolo francobollo di terra come Haiti, e sono spazzati via migliaia di esseri umani. Anche un microscopico virus è in grado di uccidere milioni di persone. Sono tutte manifestazioni di una stessa fragilità, di uno stesso destino. Tutti documenti della nostra misera condizione mortale.

C’è una sola “malattia”, trasmessa per via sessuale, che porta inevitabilmente alla morte l’umanità intera e non ha cure possibili. Non è l’Aids. Ne siamo affetti tutti, ad Haiti come qui. Si chiama: vita.

E’ una “malattia” anche stupenda (per questo la scrivo fra virgolette), è una “malattia” che amiamo, a cui stiamo attaccati con le unghie e con i denti. Ma solitamente non riflettiamo sulla sua natura effimera e quindi l’amiamo in modo sbagliato, dimenticando che dobbiamo scendere alla stazione e siamo destinati a un’altra dimora.

Quando arrivano grandi tragedie, personali o collettive, apriamo gli occhi sull’estrema fragilità della nostra esistenza e – svegliandoci – ci sentiamo quasi ingannati. Come se non sapessimo che siamo di passaggio.

Sì, siamo tutti malati terminali. Ma noi dimentichiamo di essere sulla soglia della morte dal primo istante di vita. Lo rimuoviamo.

Anzi, quasi tutto quello che facciamo ogni giorno ha questa segreta ragione: farci dimenticare il nostro destino, esorcizzare la morte, preannunciata dalla decadenza fisica, dalle malattie, dalla sofferenza, dal dolore altrui. Distrarci, come diceva Pascal: il “divertissement”.

Ormai la nostra mente è organizzata come un vero e proprio palinsesto televisivo: c’è la mezz’ora dedicata alla tragedia di Haiti dove magari si chiama a parlarne non i missionari, non organizzazioni come l’Avsi che da anni lavorano in quelle povere terre, ma Alba Parietti e Cristiano Malgioglio. Poi, subito dopo, il telecomando passa ai quiz, alle ballerine sgallettanti, alle chiacchiere (politica o sport) eccetera.

Tutti modi – si dice – “per ingannare il tempo”. In realtà per ingannare noi stessi, per dimenticare il destino . Perché il nostro insopprimibile desiderio è di vivere sempre, è di essere felici, e ci è insopportabile l’idea della morte e dell’infelicità.

Così, anche quando parliamo seriamente di tragedie come quelle di Haiti, con la faccia compunta, tocchiamo tutti i tasti fuorché quello.

Parliamo dell’emergenza (e va bene), degli aiuti da mandare (e va benissimo), della miseria di quei luoghi (verissima), poi varie storie e considerazioni, finché uno guarda l’orologio perché deve andare al tennis, un altro sbircia il telefonino e un altro ancora sussurra al vicino “ma quand’è che se magna?”.

Ricomincia il tran tran. E gli affanni. E l’ebbrezza di essere padroni della nostra vita. E le illusioni. Eppure il più grande “filosofo” di tutti i tempi chiamò “stolto” colui che riempiva il suo granaio illudendosi di poterne godere all’infinito: “stanotte stessa ti sarà chiesta la tua anima…”.

Perché un giorno tutti dovremo rispondere dei nostri atti e di come abbiamo speso il nostro tempo. In quanto la vita è un compito. Anche se ormai gli stessi preti parlano raramente dell’Inferno e del Paradiso a cui siamo destinati.

Pensiamo che inferno e paradiso siano da fuggire o cercare qui sulla terra. “Haiti, migliaia in fuga dall’inferno”, titolava ieri la prima pagina della “Stampa”. Altri giornali raccontavano i “paradisi tropicali” dei turisti a pochi passi dall’orrore haitiano.

Solo la Chiesa ci dice che c’è un Inferno ben peggiore di Haiti (ed eterno) da cui fuggire. E un Paradiso da raggiungere, di inimmaginabile bellezza e gioia, in cui tutte le lacrime saranno asciugate.

Il solo conforto oggi di fronte all’enormità del dolore di tutta quella povera gente e di fronte a tanti morti, è proprio questo: sperarli (e pregare per questo) fra le braccia del Padre, finalmente nella felicità certa, per sempre.

Ma noi, davanti alla nostra stessa morte (che è certa, inevitabile), che speranza abbiamo? Proviamo a rifletterci. Per me la sola speranza autentica è in Colui che ha avuto pietà della sorte umana, Colui che ha il potere vero e che ripagherà ogni sofferenza con un felicità senza fine e senza limiti.

Per questo la Chiesa c’è sempre, dentro ogni prova dell’umanità, dentro ogni “inferno” terreno com’è Haiti (provate a leggere le testimonianze accorate da là dei missionari). C’è per portare agli uomini la compassione di Dio, la sua carezza, il suo aiuto e soprattutto per aprire le porte del suo Regno.

“Ti sei chinato sulle nostre ferite e ci hai guarito” dice un prefazio della liturgia ambrosiana “donandoci una medicina più forte delle nostre piaghe, una misericordia più grande della nostra colpa. Così anche il peccato, in virtù del Tuo invincibile amore, è servito a elevarci alla vita divina”.
E la cosa grande che ci porta Gesù, il Salvatore degli uomini, non è solo questa, ma la resurrezione, la vittoria sulla morte, cosicché nulla di ciò che abbiamo amato andrà perduto.

Diceva don Giussani: “Cristo risorto è la vittoria di Dio sul mondo. La sua risurrezione dalla morte è il grido che Egli vuole far risentire nell’animo di ognuno di noi: la positività dell’essere delle cose, quella ragionevolezza ultima per cui ciò che nasce non nasce per essere distrutto. ‘Tutto questo è assicurato, te lo assicuro, Io sono risorto per renderti sicuro che tutto quello che è in te, e con te è nato, non perirà’ ”.
Come si fa allora a non gioire, anche nelle lacrime? Come si fa a non affidarsi – anche nella tragedia – all’unico che salva?

Voglio dirlo con le parole di san Gregorio Nazianzeno: “Se non fossi tuo, mio Cristo, mi sentirei una creatura finita. Sono nato e mi sento dissolvere. Mangio, dormo, riposo e cammino, mi ammalo e guarisco, mi assalgono senza numero brame e tormenti, godo del sole e di quanto la terra fruttifica. Poi io muoio e la carne diventa polvere come quella degli animali che non hanno peccati. Ma io cosa ho più di loro? Nulla, se non Dio. Se non fossi tuo, Cristo mio, mi sentirei creatura finita”.



Antonio Socci

venerdì 15 gennaio 2010

Senza Offendere

Sciopero a Mediaset. Scoperto il movente di Tartaglia: la sua fidanzata è una sarta di Mediaset. Voto 1, poteva colpirlo con gli spilloni.

La Lega Nord ha esultato: a Rosarno negri e terroni si sono picchiati tra loro.

L’On. Maroni nel 1996 morse una caviglia a un poliziotto. A Rosarno un immigrato ha morso un orecchio ad un agente di polizia.
Il primo ora è ministro il secondo tra 16 anni cosa sarà?

Il figlio di Bossi, la trota, pare sarà candidato alle regionali in Lombardia nel borsino degli eletti senza preferenze. Voto 8 da trota a piranha il passo è stato breve.

Filippo Facci tutti i giorni su Libero scrive un articolo su Craxi con countdown. Speriamo che dopo il giorno X vada un po’ in vacanza con la sua Jaguar cabrio. Voto 3, esaurito.

Giulio Andreotti ha compiuto 91 anni, auguri all’uomo de:
“Il potere logora chi non ce l’ha”
Voto 91 come i suoi anni, vuole arrivare al centenario

mercoledì 13 gennaio 2010

Aforismi di Leonardo da Vinci



No si volge chi a stelle è fiso.

Io non mi appartengo.

Chi poco pensa molto erra.

Chi non si fida mai sarà ingannato.

Chi si promette dalla sperienza quel che non è in lei si discosta dalla ragione.

Fuggi e precetti di quelli speculatori che le loro ragioni non son confermate dalla isperienzia.

La sapienza è figliola della sperienzia.

Nessuno effetto è in natura sanza ragione; intendi la ragione e non ti bisogna sperienzia.

Iddio ci vende tutti li beni per prezzo di fatica.

La fama vola e si leva al cielo, perché le cose vertudiose sono amiche a Dio.

Ogni torto si dirizza.

lunedì 11 gennaio 2010

LETTERA DALLA TERRA SANTA


Il racconto di Samar: "Il coraggio di Saiwa davanti al giudice"


Betania, 10 gennaio 2010



Cari amici del Sussidiario,



un saluto e un ringraziamento per il vostro sostegno a Lazarus Home, a Saiwa e alle sue figlie. Vi scrivo appena tornata da Ramallah (capoluogo dei territori palestinesi autonomi in Cisgiordania, ndr) dove oggi si è tenuta una nuova udienza del processo contro Saiwa. Da cinque lunghi anni Saiwa è detenuta senza motivo. E' stata gettata nell'angolo di una prigione e lasciata lì: senza garanzie, senza prospettive o esiti. Il suo avvocato non ha fatto assolutamente nulla per lei. In Palestina, se un uomo uccide una donna, riacquista la libertà il mese stesso. Ma Saiwa (che ha ucciso suo marito dopo una vita di abusi, ndr) è una donna e solo per questo motivo la sua vicenda giudiziaria sta consumandosi in un tempo che sembra non aver fine.



Oggi Saiwa - per la prima volta - non ha pianto, non aveva gli occhi rossi. Ha parlato a voce alta e il giudice l'ha rimbeccata, dicendole di starsene calma. Ma lei non s'è persa d'animo e ha alzato ancora la voce. Ha protestato: «Questo processo va avanti da cinque anni e non approda a nulla. E io ho bisogno di tornare dalle mie figlie che mi stanno aspettando. Stanno diventando grandi senza di me e io soffro per questo».



Ho chiesto come sempre di poter parlare a Saiwa. Ci siamo date un grande abbraccio e le ho detto degli amici italiani che ci sono vicini e che ci sostengono. E questo ci sta dando vera speranza.



In Cristo, Samar





sabato 9 gennaio 2010

La Bellezza salverà il mondo


www.marilenaferrari-fmr.it


Ormai da alcuni giorni sui quotidiani nazionali vi è una pagina che pubblicizza una casa d'arte. Non voglio parlare del soggetto promotore, ma del fatto che ci vuol coraggio oggigiorno a proporre e stampare come propri questa headline che sintetizza il tema della campagna:

-Il futuro è nella bellezza
-Fare della bellezza il principio del fare
-Chi salva la bellezza salva il mondo
-La bellezza è mostrare Dio dentro ogni cosa

giovedì 7 gennaio 2010

Alda Merini (2 parte)


" Nella storia di Maria vergine ho visto un po' la mia storia, perchè quando ero adolescente mi hanno messo in manoquella grossa rivelazione che è la Poesia, che io ragazzina non potevo gestire ma della quale ho compreso tutto l'impegno futuro.
Sono rimasta una ragazza attraverso gli anni, una ragazza che poteva essere anche lapidata perchè non hanno mai capito il segreto della maternità poetica. Infatti Maria è stata ripudiata, come io senza ragione sono andata via dal mondo in un luogo dove ho visto l'orrore della croce. Però in mezzo a tanto orrore c'è una certezza, credo io, molto felice: la scelta di Dio.
Anche perchè la Poesia è anche una divinità che sceglie chi ama e qualche volta ti ripudia. Quando un poeta viene ripudiato nei propri versi si sente una cosa misera e non può che piangere. Ma non piangerà certo il poeta per il ripudio di un uomo, perchè gli uomini son tanti, mentre Dio è uno solo."

Alda Merini, Maria
(Acquaviva)

mercoledì 6 gennaio 2010

Da un libricino regalatomi da un amico

..." E neanche la donna si rende conto delle grandi forze che abitano in lei, ma l'uomo segretamente la invidia o forse la vuole solamente amare e qualche volta lo fa con tanta malagrazia che la donna si spaventa.
Parliamo di Maria, io ne ho parlato spesso di questa vergine adolescente che si vede comparire un mostro che è l'Angelo. E dice Rilke a proposito dell'Angelo: "Il Bello è l'inizio del tremendo". E la parte di questa ragazzina ètremenda: sa che non sarà mai la padrona del figlio ma che dovrà prestare il proprio corpo per la nascita del Messia. Il segreto della verginità di Maria è proprio questo: portatrice del grosso evento del cristianesimo. sarà madre e fanciulla a un tempo e dovrà educare suo figlio non secondo la volontà sua ma secondo la volontà divina.".... (continua)

Alda Merini, Maria
(Acquaviva)

lunedì 4 gennaio 2010

Omaggio a Albert Camus

"Non è a forza di scrupoli che un uomo diventerà grande.
La grandezza arriva, a Dio piacendo, come una bella giornata." (Taccuini)

domenica 3 gennaio 2010

l'Angelus di Benedetto XVI : «Il futuro è nelle mani di Dio, non di maghi e economisti»

Domenica, 4 gennaio 2010

«La nostra speranza è in Dio, non solo creatore ma anche padre». «L'anno nuovo sarà "buono" nella misura in cui ciascuno permetterà liberamente al divino di compiersi»

ROMA - «La vera ragione di speranza dell'umanità» è fondata sul fatto che «la storia è "abitata" dalla Sapienza di Dio». Benedetto XVI lo ha ricordato questa mattina all'Angelus mettendo in guardia i fedeli dagli «improbabili pronostici» dei maghi e degli oroscopi ma invitandoli anche a non lasciarsi impressionare dalle «previsioni economiche, pur importanti».

«SPERANZA IN DIO, NON GENERICO FATALISMO» - «I problemi - ha detto - non mancano, nella Chiesa e nel mondo, come pure nella vita quotidiana delle famiglie. Ma, grazie a Dio, la nostra speranza è in Dio, non nel senso di una generica religiosità, o di un fatalismo ammantato di fede. Noi confidiamo nel Dio che in Gesù Cristo ha rivelato in modo compiuto e definitivo la sua volontà di stare con l'uomo, di condividere la sua storia, per guidarci tutti al suo Regno di amore e di vita. E questa grande speranza anima e talvolta corregge le nostre speranze umane».

«IL DIVINO SI COMPIE CON LA NOSTRA LIBERA COLLABORAZIONE» - Nella visione cristiana, basata sul Vangelo e sulla Sacra Scrittura, «Dio è non soltanto creatore dell'universo, aspetto comune anche ad altre religioni, ma Padre, che ci ha scelti prima della creazione del mondo predestinandoci ad essere per lui figli adottivi e così la Legge di Dio si è fatta testimonianza vivente, scritta nel cuore di un uomo in cui, per l'azione dello Spirito Santo, è presente corporalmente tutta la pienezza della divinità». «E tuttavia - per Papa Ratzinger - il disegno divino non si compie automaticamente, perchè è un progetto d'amore, e l'amore genera libertà e chiede libertà».

« SE L'ANNO SARÀ "BUONO" DIPENDE DA CIASCUNO DI NOI» - «Il Regno di Dio - ha spiegato - viene certamente, anzi, è già presente nella storia e, grazie alla venuta di Cristo, ha già vinto la forza negativa del maligno. Ma ogni uomo e donna è responsabile di accoglierlo nella propria vita, giorno per giorno. Perciò, anche il 2010 sarà più o meno "buono" nella misura in cui ciascuno, secondo le proprie responsabilità, saprà collaborare con la grazia di Dio». «Rivolgiamoci dunque - ha esortato i circa 50 mila fedeli presenti in piazza San Pietro - alla Vergine Maria, per imparare da Lei questo atteggiamento spirituale. Il Figlio di Dio ha preso carne da Lei non senza il suo consenso». «Ogni volta che il Signore vuole fare un passo avanti, insieme con noi, verso la 'terra promessa", bussa prima - ha concluso il Pontefice - al nostro cuore, attende, per così dire, il nostro »sì«, nelle piccole come nelle grandi scelte. Ci aiuti Maria ad accogliere sempre la volontà di Dio, con umiltà e coraggio, perchè anche le prove e le sofferenze della vita cooperino ad affrettare la venuta del suo Regno di giustizia e di pace».

da www.corriere.it

sabato 2 gennaio 2010

Libro - Il tailleur grigio. - di Andrea Camilleri (Mondadori)

Personalmente penso che Camilleri voglia essere il Simenon nostrano, un pò lo copia: Montalbano ha qualche similitudine di Maigret e l’autore siciliano sforna una mole poderosa di pubblicazioni annuali un pò come lo scrittore belga che terminava il suo commissario in tre giorni.
Questo romanzo ha preso qualcosa da Le Campane di Bicetreux, ha in comune la moglie, l’ospedale, la carriera ed i pensieri del protagonista.
Lui è un direttore centrale di banca che dopo quarantanni di lavoro si trova in pensione, lei, sua una moglie ha venticinque anni di meno e lo tradisce da tempo.
Lui lo sà, e si ritrova sulla scrivania tre lettere anonime che parlano di ciò.
É il momento di fare i conti con la propria vita.
Improvvisamente si ammala e viene operato. La moglie lo assiste fedelmente.
Si domanda se forse l’abbia sempre giudicata male. C’è poi il finale abbastanza scontato. E il tailleur grigio cosa c’entra? Era il vestito che la moglie indossava per la morte del primo marito.

Scritto in una maniera sublime, in dialetto siciliano capibile anche ai nordisti, mi ha però deluso per la visione pessimistica del protagonista. Lascia un amaro, una sfiducia e una non speranza.

venerdì 1 gennaio 2010

Libro - Chi ha ucciso Sarah? di Andrej Longo - Adelphi

Per essere un libro giallo ha molto di scontato. Ha preso quà e là da qualche fiction televisiva: c’è il commissario con un passato doloroso (gli hanno ucciso la moglie incinta) che beve thè da una vecchia bottiglia whiskey; un collega poliziotto bresciano che parla in dialetto; il questore rompiballe e i vicoli napoletani
Lo spessore del protagonista e degli altri personaggi è minimo, appena accennato.
Il giovane ventenne vive con la madre che per lui è petulante, suda di continuo in una Napoli d’agosto, spesso preferisce andare a piedi e non con la Vesuviana per pensare. Questo è il refrain del romanzo.
É la prima volta che vede un cadavere ed un pò lo scombussola. Di buono è che ha una gran desiderio di verità che lo smuove dalla pigrizia di restare in ufficio.
C’è un colpetto di scena finale che però non dico.
Dimenticavo, il romanzo è scritto in slang napoletano e questo gli dà un tocco particolare, se fosse stato scritto in italiano sarebbe stato più deludente di quello che è.