mercoledì 17 gennaio 2018

QUANDO ERAVAMO RE/ Il film sulla grande imprese di Muhammad Ali



QUANDO ERAVAMO RE/ Il film sulla grande imprese di Muhammad Ali

Alle Olimpiadi del 1960 a Roma la medaglia d'oro nella boxe, categoria  pesi massimi, la vinse un certo Cassius Clay e da lì inizio l'avventura de il più grande (così venne soprannominato) boxeur della storia. Nacque il 17 gennaio del 1942 e lo vogliamo onorare proponendo il film documentario Quando eravamo re, sull'epico incontro tra Clay e George Foreman del 1974 a Kinshasa nello Zaire. La pellicola di Leon Gast ebbe una lunga gestazione, uscì nel 1996 e fu premiata con l'Oscar l'anno successivo. La statuetta fu consegnata al pugile che, già ammalato di Parkinson, fu accompagnato da Foreman.
Il film è da vedere perché riassume la vita, le idee e la figura di C. Clay. Diventato professionista nel 1964 a 22 anni, divenne campione del mondo battendo Sonny Liston. Aderì alla fede islamica cambiando il nome in Muhammad Ali ("C. Clay era il mio nome da schiavo") e divenne il simbolo per la lotta all'integrazione razziale e del riscatto dei neri. Nel 1967 si rifiutò di combattere in Vietnam: "Nessun vietcong mi ha fatto del male e mi ha chiamato negro". Gli venne tolta la corona dei massimi, la licenza per salire sul ring e fu arrestato. Questo sacrificio immortalò ed esaltò la figura di Ali. Combatté perciò fuori dal ring e divenne un leader senza essere un politico.
Non era solo, c'erano M. Luther King e Malcom X, ma che un povero negro attraverso lo sport potesse risollevare le sorti di un popolo lo rese una figura da adorare. Nel 1971 la condanna fu annullata e dopo anni di inattività si rimise i guantoni. Le prese da Joe Frazier ai punti, ma nella rivincita lo batté.
Siamo nel 1974 e il campione dei massimi era George Foreman, Big George, fortissimo, con un uppercut devastante.  L'incontro con Ali venne organizzato a Kinshasa con il benestare del dittatore Mobutu. Tutto aveva un significato sociale e politico, i due neri più forti del mondo che se le danno in uno dei paesi più poveri del mondo. Contentino per gli indigeni, ma scaltra mossa di Mobutu. Chi organizzò l'incontro? Un altro nero, Don King, che iniziò così la sua carriera di super manager. Ho avuto modo di incrociarlo con Tyson, ho ancora i brividi, non per il pugile ma per il patron.
L'evento doveva svolgersi a settembre e venne chiamato Rumble in the Jungle, con tanto di happening musicale e di feste. Suonarono e cantarono pezzi grossi della Black music, James Brown, B.B. King, Miriam Makeba e altri. Foreman in allenamento si ferì, il match si svolse il 30 ottobre, mentre il concerto fu celebrato a settembre con ingresso gratuito per gli zairesi. Per il fuso orario favorevole alla visione tv negli States, l'incontro ebbe inizio alle 4 del mattino.
Facciamo un passo indietro. Ali era dato perdente 3-1. Tecnicamente Foreman era una macchina da guerra con una potenza straordinaria: colpiva, colpiva e abbatteva. Ali soleva danzare intorno agli avversari con una velocità ed eleganza non comune, dicevano che si muoveva come una farfalla. Teneva le braccia distese non coprendosi il volto e danzando schivava i colpi. Tecnica particolare e strana. Ma contro Foreman utilizzò un'altra tecnica: si appoggiò alle corde coprendo busto e volto e incassò. Si era preparato al match così. George picchiava, Ali incassava, il primo continuava a sprecare energie, il secondo di fatto rintuzzava gli attacchi. E poi lo stuzzica e insultava. 
Tutto questo era però iniziato mesi prima con l'arrivo a Kinshasa, una fine guerra psicologica portata avanti in maniera anche violenta tanto che il grido di battaglia degli zairesi era  Ali bumayè - Ali uccidilo. Foreman, nonostante fosse nero, era considerato uno schiavo dei bianchi e subì pesantemente il contesto non certo a lui favorevole. Ali resistette a tutti gli attacchi di Big George sparando di volta in volta diretti al volto. All'ottava ripresa Foreman era stremato e colpito durissimo andò al tappeto.  The greatest tornò campione del mondo dei massimi contro tutti i pronostici. 
Un film per chi è appassionato di boxe sicuramente da vedere, ma anche un excursus storico sul l'integrazione razziale. Dulcis in fundo, Ali e Foreman in seguito divennero grandi amici.