domenica 30 dicembre 2018

C'E' SEMPRE UNA PECORA NERA.....



C'E'  SEMPRE  UNA  PECORA  NERA...

O

BIANCONERA

giovedì 27 dicembre 2018

PRESEPE VIVENTE di AGLIATE


PRESEPE  VIVENTE  di  AGLIATE 



ANNUNCIAZIONE














mercoledì 26 dicembre 2018

Il riposo del guerriero






Il riposo del guerriero

GLI EROI DEL NATALE/ Dal Vangelo agli animali, il cartoon che ricorda la nascita di Gesù

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GLI EROI DEL NATALE/ Dal Vangelo agli animali, il cartoon che ricorda la nascita di Gesù


Gli Eroi del Natale (The Star) è uscito nelle sale cinematografiche nel breve periodo natalizio del 2017 e poi è scomparso. Sono riuscito a vederlo, mi è molto piaciuto e da poco  è arrivato anche  in DVD. Potrebbe essere un buon regalo per i piccini, ma anche per gli adulti. È un cartone animato realizzato dalla Sony Pictures Animation con la regia del giovane e bravo Timothy Reckart. È un cartoon che dovrebbe essere sponsorizzato sia dagli animalisti che dalla pasionaria di Forza Italia Michela Vittoria Brambilla.
Il film racconta la Natività di Gesù, partendo dall’annuncio dell’Angelo a Maria, proseguendo con le titubanze di Giuseppe, con il viaggio per il censimento a Betlemme, i Re Magi, Erode, la nascita di Gesù. Il Vangelo tale e quale, ma visto dagli occhi di un ciuchino. Il protagonista è Bo, un asinello che, legato alla macina, aspira a portare in groppa un re.  Riuscito a scappare dal giogo,  si ritrova nel giardino di casa di Maria e Giuseppe, dove viene accudito.  
Erode dopo aver incontrato i Re Magi, sguinzaglia i suoi prodi alla ricerca del futuro re: due brutti e cattivi cagnoni, Thaddeus e Rufus, tenuti in catena da un soldato dogman altrettanto spaventoso e corpulento. Quando Bo scopre che vogliono uccidere Maria e il prossimo nascituro, insieme all’amica colomba Dave, si mette sulle loro tracce per aiutarli. Si unisce anche la pecorella Ruth, uscita dal gregge per seguire la Stella Cometa. Avventure e gag divertenti dove gli animali parlano tra loro e gli uomini non li capiscono. Simpatici anche i tre cammelli dei Re Magi, Felix, Cyrus e Deborah. Ne succedono di tutti i colori finché giunti a Betlemme Gesù viene adorato dai Magi, pastori e animali.
Come dicevo all’inizio, sono gli animali gli artefici della storia, il cocciuto Bo, che desidera portare in groppa un re e di fatto lo salverà, la petulante colomba Dave, la simpaticissima pecorella Ruth che sveglierà a Betlemme il resto del gregge per aiutare Maria e Giuseppe. I cammelli maschi sono due sagome, mentre Deborah è la saggia del gruppo. Alla fine anche i feroci Thaddeus e Rufus verranno perdonati e adoreranno anch’essi Gesù.
Un bel film animato, che ripercorre il Vangelo in maniera fedele e che diventa fiaba attraverso gli occhi degli animali. Ma non sono per fortuna animali protagonisti alla Walt Disney, sono partecipi della storia dell’umanità, della venuta di Gesù sulla terra. Un film essenziale e semplice per grandi e piccini. Buon Natale. 

sabato 22 dicembre 2018

venerdì 21 dicembre 2018

Gianni Biondillo - IL SAPORE DEL SANGUE





Gianni Biondillo
IL SAPORE DEL SANGUE
Guanda

Dopo tre anni ritorna il commissario Ferraro.
Sasà dopo quattro anni, con un cavillo giuridico, è uscito dal carcere dove avrebbe scontato trent'anni. Uomo della 'ndrangheta, feroce killer, ha intenzione di recuperare il suo tesoro messo man mano da parte insieme al suo sodale Francesco Greco ad insaputa del capo bastone. Vorrà poi sparire con la moglie e la figlioletta. 
A Milano nevica e Ferraro si mette sulle sue tracce avvisato da Lanza.
Sasà scoprirà che il socio lo ha gabbato e da lì in poi si scatenerà provocando una scia di sangue.
Ferraro è sempre più acciaccato e bolso, che sia l'ultimo romanzo?

giovedì 20 dicembre 2018

venerdì 14 dicembre 2018

martedì 11 dicembre 2018

GERONIMO/ Il film con qualcosa in più di una pagina nera per l’esercito americano

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GERONIMO/ Il film con qualcosa in più di una pagina nera per l’esercito americano

Per avvantaggiarsi nelle recenti elezioni di midterm, Donald Trump era entrato in scena in uno degli ultimi comizi sulle note di “Macho Man”, esaltando la paura dei bianchi e parlando dei nemici del popolo. Un po’ spaccone, un po’ Custer, un po’ uomo rozzo del West. Facciamo dei passi indietro per ricordarvi che mentre gli Stati Uniti non erano ancora una vera e propria nazione, nel 1846 invasero il Messico per annetterne due terzi, poco dopo sterminarono in un ventennio i pellerossa e quasi contemporaneamente (1861) scatenarono, con la scusa dell’abolizione della schiavitù, la Guerra di Secessione.
Oggi vi presento il film Geronimo: An American Legend (1993) di Walter Hill, con il soggetto di John Milius, interpretato dagli Oscar Gene Hackman e Robert Duvall, da uno sbarbato Matt Damon, da un convincente Wes Studi (Balla coi lupi L’ultimo dei Mohicani) nei panni di Geronimo e da Jason Patrick in quelli del tenente Gatewood. Tutti grandi, ma il film considerato “revisionista” (per come la parola la intendono i nostri partigiani dell’Anpi) fu molto criticato e non sfondò. Aggiungo che tra i grandi della pellicola, le musiche sono di un certo Ry Cooder.
È la storia di Geronimo, capo dei Chiricahua, tribù Apache, grande guerriero, che si consegna a Gatewood con la sua banda per entrare nella riserva assegnata dal Grande Padre Bianco. Matt Damon è il giovane e inesperto ufficiale appena uscito da West Point che racconta in prima persona gli eventi. Il racconto si incentra sul rapporto di amicizia tra Geronimo e Gatewood: questi ormai era amareggiato e disilluso per come il Governo americano aveva vessato è sterminato gli indiani.
È un rapporto tra i due serio e profondo, di stima, tanto che Geronimo regala all’ufficiale una pietra per lui preziosa. Confinati nella riserva e aizzati a dovere, gli Apache con alla testa Geronimo si metteranno sul piede di guerra.
Il generale Crook (Hackman), uomo ligio al dovere ma giusto, cercherà di far ragionare Geronimo, ma non vi riuscirà. Al Sieber,(Duvall), capo scout, acido coi pellerossa, resterà ucciso per difenderli. Si scatenerà una caccia agli indiani assurda, tanto che Geronimo sarà costretto a riparare in Messico. Ma anche lì si troverà a combattere contro i Rurales. Tenne in scacco tutti, il 6^ Cavalleria e i messicani. Gatewood e Davis (Damon) vennero mandati a convincere Geronimo alla resa e questa volta vi riuscirono. Per dieci anni il grande capo Apache aveva tenuto in scacco l’US Army e concordò la resa. Non erano più di 35 guerrieri. Una pagina nera per l’esercito americano.
Un mondo di vita millenario stava scomparendo. La stima tra i due protagonisti era rimasta però intatta, tanto che Gatewood in cambio della pietra preziosa che gli era stata regalata, donerà a Geronimo la sua catenina con il Crocefisso:
Gatewood: Il mio Dio… Il mio Dio è un Dio di pace, Dio della vita non Dio della morte. Che cosa dice il tuo Dio?
Geronimo: Dimmi cosa c’è in tuo cuore?
Gatewood: La guerra è finita. Ti offro questa croce, perché ha un grande potere per me.
Geronimo: Yosin, il Dio degli Apache è un Dio di pace. Io ti ho dato pietra Blu, tu da a me questo, e sarà pace.
Mentre gli indiani a piedi si incamminano parte una musica ed un canto sommesso, è il Salmo 38: “O Signore, non rimproverarmi nella tua ira”. (Salmo 38,1)
1. Occupati gentilmente del tuo servo, Signore, 
e se l’asta dovrebbe essere necessario, 
il tuo aiuto stagionale si può permettere; 
la mia anima nei guai ti vola.
2. Il tuo cipiglio è terribile da sopportare, 
ma grazia una fonte di provviste di speranza; 
la tua rabbia più della morte temo, 
il tuo favore più della vita che premio.
3. Ma ho molto paura, per paura che tra qualche ora 
di tentazione dolorosa, potrei cadere; 
e cedendo al potere del tentatore, 
può dimostrare senza fede e rinunciare a tutto.
4. Signore, salva il tuo verme, per te solo 
puoi trattenermi nell’ora del giorno; 
il tuo aiuto a cui mi fido, non il mio; 
il tuo amore, la tua saggezza e il tuo potere.
5. Quando sarà necessario castigare, 
correggi il tuo verme, ma non nell’ira; 
La mano di un padre che avrei voluto vedere; 
la verga di un padre senza terrore ha.
Era il 4 settembre 1886

lunedì 10 dicembre 2018

SANTA MARIA IN TRASTEVERE



SANTA  MARIA IN TRASTEVERE 
Bellissimi i mosaici di  PIETRO CAVALLINI
L'esterno è da vedere anche di sera con l'illuminazione artificiale 


Icona  della MADONNA della CLEMENZA e della Pace
è sicuramente meglio dal vivo che dalla mia foto


venerdì 7 dicembre 2018

PIZZERIA SAN FRANCESCO

Ormai non ci restano che i Copti

mercoledì 5 dicembre 2018

domenica 2 dicembre 2018

venerdì 30 novembre 2018

mercoledì 28 novembre 2018

Tom Clancy con Mark Grenaey - SFIDA TOTALE






Tom Clancy con Mark Grenaey
SFIDA TOTALE
Rizzoli


Un romanzo che all'inizio fatica a prendere ritmo, ma poi non si ferma.
Jack Ryan è il presidente degli Stati Uniti, uomo integro che quando può prega Dio.
Crede nell'amicizia e il suo staff è composto da persone di fiducia.
Chiaramente gli USA sono i buoni, la Corea del Nord i cattivoni e la Cina quella che si adatta a tutte le stagioni.
Un agente americano, ma cinese d'origine, viene infiltrato in una enorme miniera di metalli .... con cui la Corea nordista vuole ricavare piccioli per acquistare testate nucleari che arrivino fino in California.
Al tempo stesso un'agenzia privata di intelligente combina un casino in combutta con i coreani. Durante la visita ufficiale in Messico, Jack Ryan, viene ferito durante un attentato dinamitardo organizzato da un esperto di esplosivi iraniano, da un cartello della droga messicano, coordinati dai cattivi americani che coprono un miliardario affarista e i nordcoreani.
Il tutto s'incrocia con la squadra dei servi segreti americani per cui lavora il figlio del Presidente.
Avvincente e avvolgente.

giovedì 22 novembre 2018

Mettete dei fiori nei vostri cannoni



Mettete dei fiori nei vostri cannoni

mercoledì 21 novembre 2018

L’ISPETTORE COLIANDRO/ La serie “surreale” che fa capire che la vita non è un pozzo nero


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L’ISPETTORE COLIANDRO/ La serie “surreale” che fa capire che la vita non è un pozzo nero
Premessa. Sono un fan sfegatato di Coliandro e dei registi Manetti Bros. La mia critica televisiva sarà sicuramente di parte. Giampaolo Morelli interprete de L’ispettore Coliandro è l’attore feticcio dei fratelli Manetti. Si sono incontrati nel 2005 nel film Piano 17, nel 2006 è iniziata la saga dello scalcagnato ispettore  e da lì in poi non si sono più lasciati: è stato il protagonista dei film Song’e  Napule  e  Ammore e malavita che ha portato  il David di Donatello ai due registi.
La Rai è partita alla grande in questo autunno con le fiction di Rocco Schiavone, I Bastardi di Pizzofalcone e adesso Coliandro, buonissimi gli ascolti e le storie. I libri noir e gialli sono sempre in testa alle classifiche in Italia, via obbligata a realizzare fiction, ma se Mediaset dorme, la Rai è sempre un passo avanti. Ma di fiction parleremo in un’altra occasione.
La figura dell’ispettore Coliandro l’ha inventata il grande Carlo Lucarelli scrivendo inizialmente tre libri e poi le sceneggiature realizzate appositamente per la tv. Per dirla tutta, nell’ultima puntata de I Bastardi di Pizzofalcone, buona parte non è tratta dall’ultimo libro di Carofiglio, indi per cui non penso acquisterò il suo prossimo giallo: la fiction tv ha anticipato la produzione libraria.
Direte: ci propini sempre le stesse cose, le stesse emozioni e considerazioni dal 2016, ma non è così. Innanzitutto la prima puntata di questa settima edizione di Coliandro ha fatto un botto di ascolti, 11% di share con  2.500.000 teste, molto di più degli anni passati e poi… E poi i detrattori mi dicono: scrivi sempre le stesse cavolate positive su Coliandro. È vero, l’ispettore nato nel 2006 in tv non si è evoluto, sempre le stesse frasi, i soliti soprannomi, le identiche battute tratte dai film, eppure sono passati 12 anni. Ma questo è il bello, il nostro ispettore non si deve evolvere, non deve diventare politicamente corretto, deve restare com’è nato. 
A differenza di Rocco Schiavone e del Cinese di Pizzofalcone, lui è nato cazzaro, giuggiolone, sfighé, la macchietta italiana dell’ispettore Callaghan. Probabilmente, anzi sicuramente, non rappresenta la realtà a differenza di ciò che Schiavone e Lojacono vogliono rappresentare con le loro depressioni, le storie personali tristi, con mogli morte, separazioni familiari, angosce, turbolenze psicologiche e morali. Ma è questa la realtà vera? 
Aldilà dei discreti libri di Carofiglio e Manzini, la fiction tv non può rappresentare  la realtà della vita, a meno che si parli di Santi. Meglio un’ora e mezza di situazioni surreali e di rilassamento che ci fanno cogliere che la vita ha le sue contraddizioni ma non è un pozzo nero, perché in fondo dei conti non la gestiamo noi. Per questo secondo me Lucarelli non fa evolvere Coliandro. Però ne ha anticipato i tempi sin dal 2006 in periodi non sospetti: oggi il suo capo è il leghista Salvini, ministro dell’Interno, e direi che la sceneggiatura e i coloriti dialoghi  colgono in pieno il pensiero di molti italiani e il loro voto politico. L’ispettore Coliandro è puro intrattenimento, è puro divertimento e questa è una volontà esplicita del suo inventore, Carlo Lucarelli.
Se invece volete vedere qualcosa di più corposo guardate la fiction La porta rossa, andata in onda l’anno scorso. Bellissima  interpretata magnificamente, soprattutto da Lino Guanciale. Perché l’ho indicata? La sceneggiatura è di Carlo Lucarelli.

lunedì 19 novembre 2018

PICCOLO GRANDE UOMO/ Il west e il mondo che fu dei pellerossa nel film con Dustin Hoffman


PICCOLO GRANDE UOMO/ Il west e il mondo che fu dei pellerossa nel film con Dustin Hoffman

A Milano c’è la mostra che festeggia il 70° anniversario della nascita del fumetto Tex Willer, ranger e capo degli indiani Navajo con il nome di Aquila della Notte. Una vera chicca per gli appassionati di western. Rimango su questo tema. Nel 1970 arrivarono nelle sale cinematografiche tre film: Il Piccolo grande uomo, Soldato blu Un uomo chiamato cavallo. Il fil rouge delle tre pellicole è lo sterminio dei nativi pellerossa d’America.
Negli Stati Uniti, era divampata già dal ‘69 la protesta contro la guerra in Vietnam e sull’onda della contestazioni erano emersi alla ribalta più forti che mai i giudizi storici sull’annientamento delle tribù indiane e l’esproprio delle loro terre e riserve come critica parallela all’ingerenza nel Paese asiatico. In Italia, l’editore Bonelli ci aveva pensato nel 1948 creando la saga di Tex/Aquila della Notte, strenuo difensore della giustizia e delle tribù indiane. A pensar male, forse, il film Un uomo chiamato cavallo si è ispirato (copiato) al nostro eroe bonelliano.
Nel 1964 era arrivato alle stampe il romanzo ”Il piccolo grande uomo”, scritto da Thomas Berger e portato al cinema nel ‘70 dal regista Arthur Penn. Dustin Hoffman interpreta Jack Crabb, che da bambino, insieme alla sorella, viene rapito dai Cheyenne. Crescerà con loro, diventando un giovane guerriero combattendo valorosamente contro altri indiani. Quando i bianchi rompono unilateralmente i trattati, per salvarsi la pelle in uno scontro con la cavalleria americana, si dichiarerà con il suo nome di bianco, J. Crabb. Tornerà nella civiltà, o supposta tale, della frontiera del west. Conoscerà un Dio protestante e la moglie del pastore (una bellissima Faye Dunaway), Buffalo Bill, Wild Bill Hickock, il generale Custer. Farà il pistolero, il commerciante, diventerà un ubriacone.
Dopo varie avventure ritornerà tra i Cheyenne dal suo padre adottivo Cotenna di Bisonte, metterà su famiglia, e vivrà come un indiano. E siamo giunti all’eccidio della tribù Cheyenne dove moriranno sua moglie e suo figlio. Deciso a vendicarsi si arruolerà nell’esercito come scout per uccidere Custer. Non riuscirà nell’intento, ma porterà il narciso maggiore Custer (non era generale) alla disfatta di Little Big Horn.
Grande e bel film, panoramiche e fotografia stupende, interpretato in generale in maniera eccezionale. Il libro e il film trattano un periodo drammatico della storia americana in modo, direi, molto umoristico. Se il film Soldato blu è stato un cavallo di battaglia della sinistra contro l’imperialismo americano, in Piccolo grande uomo il giudizio storico esce chiarissimo, ma è trattato con molto humor. Al tempo stesso si evidenzia la grande cultura e spiritualità del popolo pellerossa, contrapposta alla rozzezza bianca del West, alla cavalleria U.S. Army e ai politicanti americani.
I Cheyenne chiamano loro stessi ”popolo degli uomini”, vivevano pacificamente, pregavano il loro Dio, il Grande Spirito, avevano una concezione della parola data e dell’onore che tra i bianchi non esisteva. Dice Cotenna di Bisonte a Piccolo Grande Uomo: “I bianchi non conoscono il centro dell’universo”. Tutto per gli indiani aveva significato, la natura, gli animali, le stesse tribù nemiche.
Alla fine del film, il capo tribù, nonostante la vittoria a Little Big Horn è cosciente che i bianchi cancelleranno la civiltà pellerossa. È così avverrà. Ultima noticina. Già nel libro e poi anche nel film c’è la figura di un omosessuale, l’indiano amico del protagonista. La libertà sessuale era stata sbandierata già nel ‘68 americano, Woodstock era stato l’anno seguente, Cassius Clay si era rifiutato di combattere in Vietnam e finì in prigione, Nixon nel 1972 diede forfait per il Watergate e poi… Oggi siamo arrivati a Trump che nelle elezioni ha vinto negli Stati che un tempo erano il west.