lunedì 30 marzo 2020

SPENSER CONFINDENTIAL/ Action e risate per il trionfo della giustizia (all’americana)


Oggi un altro film per distrarsi, botti e botte, crash, thriller e lieto fine. Spenser Confidential è appena uscito su Netflix e ha come protagonista Mark Wahlbergfamosissimo, una star, uno dei più pagati di Hollywood. La sua biografilm è impressionante, sempre con pellicole che incassano dollari a palate. Interpreta benissimo il pulotto, il marine, ma andatevi a vedere The Fighter per cortesia e guardate con che registi ha lavorato, tra cui Peter Berg che lo ha diretto in cinque film compreso questo.
Spencer Confidential è un film d’azione/thriller dove il nostro esce dal gabbio dopo cinque anni. È un ex poliziotto che ha pestato a sangue il suo tenente, reo secondo lui di aver insabbiato un caso. Esce dal carcere e va a vivere nella casa del suo padre tutelare, Alan Arkin, proprietario di una palestra di boxe. È alloggiato in una cameretta di 3 metri per 3 con due letti insieme ad Hawk, un omone di colore, interpretato da Winston Duke, a cui dovrà insegnare a tirare di boxe. Aveva una fidanzata/compagna strega che lo assillava quando era libero e da cui ora cerca di star lontano. Il suo cane non lo riconosce, ma è affettuoso con Hawk. Un rientro nel mondo libero non esaltante.
Fin qui poca violenza, ma battute e gags simpatiche. In evidenza l’anziano saggio Alan Arkin, ricordatevi che ha vinto un Oscar per Little Miss Sunshine.
E mo’ cominciano i botti. Il giorno dopo essere uscito dal gabbio, il suo ex tenente, ora capitano della polizia di Boston, viene trovato ucciso. Le indagini convergono sul nostro protagonista, ma quella notte era in camera con Hawk. Viene anche trovato suicida un detective e, 2+2 =4, è incolpato dell’uccisione del capitano. Una chiusura della vicenda per insabbiare il tutto velocemente. Spenser non ci sta, vede non solo del fumo ma dell’arrosto e inizia a indagare per rendere giustizia al detective “suicidatosi” e per la sua storia passata.
Riabilitazione e giustizia. Chiaramente un’americanata dove si capisce dall’inizio chi è il buono, lo sporco e il cattivo. Verrà scoperchiato un traffico di tangenti tra polizia, gangs e banditi. Vince il bene, pardon la giustizia all’americana.
Il film è girato bene, action a raffica, sparatorie e tante botte. La spalla di Spenser nelle indagini e nelle azioni è Hawk, che parla poco, sembra assente, ma c’è e stupisce. Un film per rilassarsi che sicuramente avrà un sequel.
Due parole sull’attore protagonista Mark Wahlberg. Nell’agosto del 2019 ha rilasciato a La Stampa un’intervista che racconta di come ha avuto una vita torbida tra furti, droga e violenza. A 16 anni è finito in carcere per rapina e ferimento e poi grazie a un sacerdote ha avuto una conversione cristiana personale. Non andate a surfare in internet sui vari siti paulotti, un po’ esaltati, cercate l’intervista. A differenza del film, la sua riabilitazione è stata vera e concreta.

sabato 28 marzo 2020

LE MANI SOSTENGONO L'ANIMA - Blaise Pascal


La scritta è di Blaise Pascal, la foto è un quadro di Y.Z.Kami

E' la copertina de LA LETTURA del Corsera 8 marzo

Pascal non parlava mai a caso, e accostare la sua frase a questo quadro ha veramente un senso.

E' nato a Tehran nel 1956,  vive a New York, sicuramente ha la costante domanda sul

senso dell’esistenza. 

giovedì 26 marzo 2020

mercoledì 25 marzo 2020

lunedì 23 marzo 2020

TEX - L'INESORABILE




TEX - L'INESORABILE
Sergio Bonelli Editore

E' il Texone n. 35 che di solito esce a luglio e questa volta è arrivato a febbraio.
Cosa dire? una bella storia avvincente con il soggetto di Mauro Boselli, non trascurabile lo script perchè si adatta a Claudio Villa che ha realizzato i disegni. Grandissimo.




sabato 21 marzo 2020

IL BUONO, IL MATTO, IL CATTIVO/ Action senza effetti speciali nell’omaggio a Leone



Il buono, il matto, il cattivo è un film sudcoreano del regista Kim Ji-woon uscito nel 2008 e presentato a Cannes nello stesso anno. Ebbi l’occasione di vederlo grazie alla Tucker Film, piccola casa di distribuzione cinematografica di Pordenone, ormai affermata che tutti gli anni propone il suo Far Est Film Festival invitando i massimi attori e registi asiatici. Hanno distribuito con successo in Italia la saga di IP Man. Il regista, famosissimo in patria, ha liberamente tratto a mani basse dal capolavoro di Sergio Leone e lo afferma limpidamente. Pesca anche da Giù la testa con il sidecar utilizzato dal Matto.
La Manciuria nel 1930 era una nazione occupata dal Giappone con il suo esercito che veniva blandamente contrastato da bande di ribelli malamente organizzati che cercavano di liberare il Paese. Il Buono, damerino vestito in maniera inappuntabile, è un cacciatore di teste che vuole debellare la delinquenza ed è sulle tracce del bandito Mozzadita. Il Cattivo è un killer professionista vestito di nero Armani con camicia bianca e guanti di pelle nera. Ha un ciuffo lungo che copre l’occhio destro. È feroce e malvagio, detto Mozzadita perché alle sue vittime taglia anche da morti una falange. Il Matto è un ladruncolo che usa le pistole bene come gli altri due ma è particolare, non è una cima e sembra apparentemente un po’ bidon-bidon.
Questi i protagonisti che hanno a che fare con una mappa indicante un tesoro rubata dal Matto su un treno a un politicante. Sulle tracce della stessa mappa c’è l’esercito giapponesi, i ribelli nazionalisti e il Cattivo e la sua banda. Il Matto diventa la lepre da cacciare, mentre il Buono sta inseguendo il Cattivo. 
Tre sono gli scenari dove si svolgono le mirabolanti azioni. All’inizio del film vi è l’assalto al treno della banda del Cattivo, dove il Matto trova la mappa. Fuoco e fiamme, morti affettati e sparati. Una battaglia in movimento. Poi c’è una sparatoria all’ultimo sangue in un villaggio con tanto di Buono, alleatosi con il Matto, contro la banda del Cattivo. Scene da Tarzan con il damerino che sorvola il mercato attaccato a una corda come fosse una liana sparando a raffica. Si passa quasi a fine film a una battaglia in una distesa desertica immensa, tutto in corsa con tutti contendenti, i tre, i ribelli, l’esercito giapponesi con mitragliatori e cannoni, la banda del Cattivo. Resteranno solo in tre per un aspro triello. La fine del film non è affatto scontata.
Film d’azione spettacolare per l’intensità e il dinamismo delle scene, non c’è nulla di statico, anche la battaglia nella piana con i cavalli, i camion, le jeep è sorprendente. Tutto in cinemascope per allargare i campi larghi, già immensi e sfolgoranti. Cielo azzurrissimo con nubi come zucchero filato. Fotografia curatissima sia come luce che colori. Il regista non ha utilizzato effetti speciali digitali, grande. Il film ha avuto un budget enorme per il cinema sudcoreano (eravamo nel 2008) mai avuto prima, 17 milioni di dollari, recuperati in fretta, 44 solo in patria. Vi è un solo momento discorsivo nel film tra il Buono e il Matto, il resto è action. Manca solo il drone che al tempo non esisteva ancora.
L’unico difetto, ma non lo è, son le musiche, imparagonabili con quelle del grande Morricone, ma ha fatto bene il regista a non cercare di copiarle. C’è sangue con scene ogni tanto un po’ truculente, ma tutto condito da ironia, tutto un po’ sopra le righe ma non in versione pulp stile Tarantino. Esilarante il Matto che indossa uno scafandro da palombaro durante la battaglia nel villaggio; le sue performances con il sidecar, le gags con la nonna. È lui il protagonista del film e non a caso l’attore è Song Kang-ho star…issima sudcoreana, che abbiamo visto in Memories of Murder, Lady Vendetta, Snowpiercer e il recente vincitore di Oscar, Parasite.
Importante. È un bel film che non rinnega lo spaghetti-western di Leone, ma che ha un’evoluzione e una contestualizzazione storica diversa, ma è prova che il nostro Sergione è stato un grandissimo.

venerdì 20 marzo 2020

GIOVANNINO GUARESCHI - Francobollo in suo onore





Nel 2008 Poste Italiane ha commemorato il centenario della nascita di Giovannino Guareschi con l'uscita di un francobollo.
Nella cartelletta vi è un dvd con immagini di Giovannino nel 1955 al Parco dell?incompiuta di Roncole Verdi con pittori che lo ritraggono, visita al Podere Canale e trebbiatura. Immagini inedite.
C'è poi una sezione foto e vignette

mercoledì 18 marzo 2020

martedì 17 marzo 2020

lunedì 16 marzo 2020

domenica 15 marzo 2020

venerdì 13 marzo 2020

SNOWPIERCER/ La futuristica lotta di classe nel film di Bong Joon-ho


SNOWPIERCER/ La futuristica lotta di classe nel film di Bong Joon-ho


Se alcune settimane fa è uscito nelle sale italiane Memorie di un assassino, dopo la vittoria agli Oscar di Parasite, vi propongo oggi un altro film del regista coreano Bong Joon-ho, Snowpiercer, una coproduzione inglese/coreana del 2013. Un altro livello rispetto a Memorie di un assassino, un salto qualitativo e tecnico. Il cast è internazionale con Ed Harris, Tilda Swinton, Chris Evans, John Hurt, Jamie Bell (l’ex piccolo Billy Elliot) e Song Kang-ho. Questi è l’attore feticcio del regista presente in molti suoi film, famoso in patria e nel circuito internazionale. La fotografia è ottima, nulla a che vedere con il thriller de 2003.
Il film, uscito in Italia nel 2014, prende un sacco. Il regista l’ha tratto da un fumetto fantasy francese in tempi lontani, 2004. Interessante e sopra le righe Swinton, irriconoscibile, acida e brutta zitella portavoce degli ordini del capotreno Wilford, il cattivone interpretato da Harris. Questi, prevedendo una glaciazione terrestre, aveva costruito un treno futuristico che gira intorno al mondo a velocità pazzesche, autoalimentato. E mentre il cosmo si gelava, gli unici superstiti sono le 2000 persone che erano riuscite ad acquistare il biglietto del treno. Ormai sono trascorsi 18 anni da che il mezzo vagava continuamente.
Potrebbe sembrare un futuro Noè, ma non è così, il padrone delle ferriere ha diviso gli scompartimenti in base alle classi sociali. Abbiamo i poveracci in fondo al treno e poi man mano i ricchi con scompartimenti sauna, piscina, serra, ristorante, acquario, discoteca con tanto di orge, vagone per i drogati di lusso, scuola di indottrinamento per i piccoli nati sul treno. Il tutto controllato da uomini armati tipo reparti speciali.
Negli ultimi scompartimenti siamo in un lager con uomini, donne, vecchi e bambini straccioni e denutriti, alimentati giornalmente da una barretta proteica nera che poi si scoprirà ottenuta centrifugando scarafaggi.
Il vecchio interpretato da Hurt è il saggio dei poveracci, senza una gamba e un braccio per le torture subite dagli uomini di Wilford. Incita alla sollevazione il prestante Curtis (Chris Evans), che diventa il leader dei rivoltosi. Si scatena una guerra sul treno con l’avanzamento degli insorti verso la testa degli scompartimenti dove ha la sua roccaforte Wilford.
Grande maestria nelle riprese e nel montaggio delle scene di lotta e guerriglia. Sin dall’inizio entra in scena Song Kang-ho, il cui personaggio (Namgoong Minsu) è recluso in cassettoni da obitorio con la figlia perché tossicomane. Il suo compito è quello di aprire le porte blindate di ciascun vagone. La battaglia si succede di vagone in vagone. Molto belle le scenografie di alcuni di questi, sullo stile del regista visionario Terry Gilliam (non a caso il cognome del vecchio saggio).
Lotta sanguinaria dei più deboli contro il potere. Sembrerebbe una lotta del Bene contro il Male, ma non c’è religiosità e alla fine si scoprono altarini che deluderanno il capo popolo Curtis. C’è sicuramente sacrificio e abnegazione nelle morti dei rivoltosi per portare un’equità sociale tra i passeggeri, ma il potere si insinua anche nelle azioni benevole (ma questo non lo svelo). Curtis andrà in crisi esistenziale, ma saranno il suo sacrificio e quello di Namgoong Minsu, la nota iniziale della speranza. La scena finale è il treno distrutto con la figlia del coreano e un bimbo che, sani e salvi, si incamminano in un mondo che si sta scongelando.

giovedì 12 marzo 2020

lunedì 9 marzo 2020

sabato 7 marzo 2020

mercoledì 4 marzo 2020

lunedì 2 marzo 2020

MEMORIE DI UN ASSASSINO/ La svolta nel thriller di Bong Joon-ho prima dell’Oscar


MEMORIE DI UN ASSASSINO/ La svolta nel thriller di Bong Joon-ho prima dell’Oscar

Appena dopo la vittoria agli Oscar con Parasite, è arrivato in prima visione un film del regista Bong Joon-ho uscito nel 2003, mai però arrivato nelle sale cinematografiche italiane, Memories of Murder – Memorie di un assassino. Aldilà del marketing a orologeria direi che è un buon film e consiglio di vederlo a chi è appassionato di thriller.
Siamo in paesino della campagna della Corea del Sud nel 1986 e viene trovata morta e stuprata una bella ragazza, nuda, legata e con il viso coperto con i suoi indumenti intimi. Dopo poco tempo ne viene trovata un’altra uccisa nello stesso modo.
La polizia del luogo è impreparata e macchiettistica: il capo ispettore è veramente uno sfigato, mentre abbiamo due detective originali, Park Du-man, che costruisce prove pur di arrestare i sospettati e si vanta di riconoscere i banditi guardandoli negli occhi, e Cho Yong-gu, il cattivo che mena come un fabbro per farli parlare. Tutti e due grezzi e approssimativi.
Si aggiunge alla comitiva un poliziotto mandato da Seul, Seo Tae-yun, che vive chiaramente su un altro pianeta rispetto ai due sopraccitati. E qui facciamo la prima riflessione. Per la prima ora il film è veramente pittoresco, le figure dei poliziotti locali son da comiche, sia per il loro carattere che per i metodi investigativi. C’è una forte ironia nei confronti della polizia, accusata senza veli, di incastrare i potenziali delinquenti con torture. Uno specchio della società di allora. E lo vediamo con il primo sospettato, un ragazzo ritardato a cui gli Starsky & Hutch ne fanno di tutti i colori e poi dopo aver riconosciuto la sua innocenza gli regalano un paio di Nike nuove ma tarocche.
Una poliziotta del comando, utilizzata per consegnare i caffè, ha un’intuizione che fa muovere il tenebroso di Seul centrando nel segno. Le ragazze morte sono tutte carine, vestite di rosso, uccise in una sera di pioggia mentre alla radio suonavano la stessa canzone richiesta da un anonimo ascoltatore. L’ispettore Seo ipotizza che ci sia un’altra donna uccisa precedentemente e la trova mentre S&H giocano a passarsi gli elastici. I due poi torturano un esibizionista legandolo a testa in giù, certi che sia colpevole, ma anche qui è un abbaglio del loro istinto.
L’ultima donna trovata morta non ha neppure un pelo pubico dell’assassino e allora Park Du si reca nelle saune e sale massaggi a vedere se qualcuno è rasato nelle parti intime. Poi su suggerimento della compagna va addirittura da una maga.
Manca un’ora alla fine del film e direi che nella drammaticità abbiamo anche riso. E qui c’è la svolta, Seo scopre una ragazza che è stata lasciata in vita dal killer e comincia un altro film. Diventa drammatico, i contrappunti comici spariscono, e anche i personaggi assumono le vesti e le maschere di chi è immerso in un thriller con sangue che scorre e che scuote gli animi esasperandoli. E da alcuni fatti che accadono le persone cambiano: anche nei buoni si alimenta lo schizzo della vendetta.
La produzione del film è coreana, ma allora il digitale nel cinema era da venì e questo si ripercuote sulla fotografia, volutamente scura dato il tema, ma inefficace sui primi piani. Scelta registica il grigiore, il tempo acquoso, ma la fotografia risulta piatta. Interessante la scenografia, tutti i luoghi interni danno l’idea di povertà e squallore. Anche questa una scelta mirata del regista per trasmettere messaggi.
Direi di non svelare la seconda parte, è da vedere, come il finale. Non andate a  spilorare. Grazie.