VENEZIA 2017/ Il Festival da Oscar per parlare della realtà umana di oggi
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Finalmente
la banda B&B, Babera e Baratta,
ha realizzato un buon festival. Hanno avuto bisogno di alcuni anni per uscire
dal deserto provocato dalla gestione del cinese Marco Muller e quest'anno ci
sono riusciti, sia con i film e sia con le partecipazioni delle star.
Un red carpet da favola: Clooney, M.Damon, J.Moore, R. Redford,
J.Fonda, H.Howke, E.Mirren, Bardem e Cruz, M.Pfeiferr, J.Carrey, Kitano, J.Woo,
M.Caine, e moltissimi altri.
È stata una settimana da Oscar.
Alcuni
giornalisti stranieri si son lamentati dei troppi film italiani: questi in concorso
erano quattro su ventuno (e ci sta) e i
film internazionali erano di buon livello.
Non
mi sembra che al Festival di Cannes i critici abbiano alzato le spade per la
bassa partecipazione hollywoodiana. Ma attaccare l'Italia vale in politica,
immigrazione e ora anche nel cinema.
Quest'anno meglio Venezia che Cannes.
È stato un festival che ha parlato di diversità, integrazione,
razzismo, violenza, povertà e solitudine. Attraverso le pellicole si è vista la
realtà umana del mondo di oggi, la quotidianità che ci circonda.
Non è molto piaciuto ai critici Human Flow di Ai Weiwei, un documentario (un po’ troppo lungo)
sulle misere e disperate condizioni dei vari profughi nel mondo. È un
documentario e così va preso, forse i giornalisti si dimenticano che nel 2013
al sopravvalutato Sacro GRA fu
assegnato il Leone d'Oro.
Ha vinto G. Del Toro con The
shape of water, una favola fantasy-horror molto azzardata, una storia
d’amore tra una donna delle pulizie muta e un essere mostruoso, nel segno
dell'accettazione delle diversità. Buono anche Foxtrot di Samuel Maoz, storia in tre atti, inscenati in maniera
creativa e accattivante, sulla notizia della morte di un soldato israeliano.
Una riflessione sull'ebraismo, sulla situazione politica vista dalla famiglia che riceve la dolente
notizia.
Di integrazione si parla in The
Insult che ha fatto vincere la Coppa Volpi maschile a Kamal El Basha, una disputa
tra un libanese arabo cristiano e un musulmano. Coppa Volpi femminile alla
bravissima C. Rampling per il film Hannah
dell'italiano (con accento e passaporto americano) Andrea Palloro, una donna
sola avanti nell'età a cui cade una grossa tavola sulla testa.
La miglior regia è andata inaspettatamente a Xavier Legrand con Jusqu'à
la garde, una coppia che si separa con la reazione drammatica del
figlioletto.
Tutti si aspettavano un premio consistente per Tre manifesti a Ebbing, Missouri di
Martin McDonagh con una straordinaria Frances McDormand (già Oscar per Fargo). Ha vinto per la sceneggiatura,
ma molti lo pronosticavano per la Palma d'Oro. Una donna lotta violentemente
contro il sistema per scoprire
l'assassino della figlia.
Come vedete, tutte storie che riscopriamo nella vita reale e
quotidiana, specchio del mondo.
Aggiungiamoci Suburbicon
di George Clooney con Matt Damon e J. Moore sullo scoppio di una violenza
inaspettata, stile condominio nostrano, a conferma di quanto ho appena scritto.
Parliamo ora degli altri italiani.
Da collezione Ammore e Malavita dei Manetti Bros (io li adoro) per il loro
musical in dialetto napoletano. Di sostanza The
Leisure Seeker di Paolo Virzì (guardate La Pazza Gioia) con H. Mirren ed una
interpretazione da Oscar di D. Sutherland. Speriamo di veder
partecipare questo film alla premiazione di Hollywood, lo meriterebbe.
Una famiglia di Sebastiano Riso è un film drammatico, già dal
titolo si intuisce di cosa tratta, stringe il cuore.
Dulcis in fundo.
Ma J. Fonda e R. Redford volati a Venezia per ricevere un premio
alla carriera? Grandissimi.
Onore alla banda B&B, Barbera e Baratta.