mercoledì 30 agosto 2017

SHINE/ Vita, libertà e destino in un film con un Geoffrey Rush da Oscar

SHINE/ Vita, libertà e destino in un film con un Geoffrey Rush da Oscar



Shine è un film del 1996 e l’attore Geoffrey Rush ha vinto l’Oscar come miglior attore protagonista impersonando il pianista David Helfgott. Un film non certo facile, per molti palloso; una storia vera, un po’ romanzata, ma che fa palpitare il cuore. Non c’è action e adrenalina, è un film che parla della vita, del destino, di amore, dolore e arte.
Diverse cose mi hanno colpito in questo film. Partiamo dalle immagini. In primis, l’acqua della pioggia che bagna il protagonista completamente; le gocce che cadono sui vetri della macchina come il picchettare sui tasti del piano; l’acqua aperta del lavandino, doccia e vasca; David che si butta contento tra le onde. Acqua come purificazione. Un’altra immagine è quella di David contento che salta sul tappeto elastico con solo l’impermeabile e le cuffie. Mi viene in mente una parola non certo semplice: libertà. Cresciuto in una famiglia ebrea con un padre padrone non molto devoto e che puntava su di lui per farlo diventare un vincente obbligandolo alla sua volontà, lo appiattì, lo rase al suolo psicologicamente e umanamente. 
Pianista talentuoso, David Helfgott vinse una borsa di studio per perfezionarsi in America, ma il padre gli negò la possibilità. Quando gli fu offerta l’opportunità di andare a Londra si ribellò al padre che lo cancellò dalla famiglia. Il genitore aveva deciso il percorso del figlio, voleva e imponeva che fosse un vincente, ma che il riferimento della sua vita fosse sempre suo padre. Afferma egoisticamente: ”Io sarò sempre con te”. È qui mi sovviene la parola destino. Come non volere il bene dei figli per cui spesso si spende la vita? Il loro compimento vero non è nelle mani di noi madri e padri che li abbiamo messi al mondo, a un certo punto bisogna lasciarli andare ed è la libertà di essi che si muove, in bene o in male.
Non c’è vita senza dolore. Questo è il pensiero del padre che ricorda come il suo gli distrusse il violino comprato con i risparmi. ”La vita è tragedia. Vivere per sopravvivere”. Queste sono le frasi che David, adulto, farfuglia all’inizio del film, frasi che lo sovrastano, che lo condizionano; frasi che ha sempre udito dal genitore: ”La vita è crudele ma bisogna sopravvivere”. Per debolezza costitutiva e per non aver mai forse sentito una brezza di speranza e d’amore, David si rifugia nel suo mondo, impazzisce.
Sarà l’amore di una donna e la musica (come desiderio costante di una possibilità di espressione naturale e umana) che lo salverà. Il padre cercherà il perdono del figlio, lo andrà a trovare, ma lui non lo concede, si gira di spalle, anche se, guardando il vecchio in strada dalla finestra, c’è in lui un riverbero di commozione. Quando David è adolescente incontra una donna ormai anziana, che lo prende sotto la sua ala, lo capisce nella sua sensibilità e umanità e nel suo talento, tanto che gli dice: “Quando suoni per me esprimi una cosa inesprimibile”.
Non suona Prince o Fedez, suona il Concerto n. 3 per pianoforte di Sergej Rachmaninov, una musica che è sicuramente drammatica ma che nel suo svolgersi ”è come una liturgia che celebra il Destino” (queste parole son di un amico che di musica classica ne ha sempre capito più di me). Così lo è stato per David Helfgott. Un Oscar, quello del 1997, che doveva per forza essere dato a Geoffrey Rush. Un’interpretazione difficile ma fatta con il cuore.
Tanto per darne notizia e per suscitare in voi un confronto critico, il film vincitore dell’Oscar fu Il paziente inglese.

martedì 29 agosto 2017

Fumetti: NUMERI UNO

NUMERI  UNO



Una chicca per i collezionisti: i n. 1 di Tex, Mister NO, Dylan Dog, Martin Mystere, Zagor,  Comandante Mark, Nick Raider, Nathan Never.
una versione mignon , ma perfetta nella stampa

venerdì 25 agosto 2017

LE CARTE di TEX

LE  CARTE  di  TEX



Se siete maniaci, nel senso buono del termine, di Tex, ecco un gadget che non può mancare: le carete di Tex Willer 


mercoledì 23 agosto 2017

Fumetti: TEX CLASSIC n.10

 TEX  CLASSIC n.10





E' uscito in edicola il TEX CLASSIC n.10, riedizione interamente a colori.
Se nei primi quattro numeri il nostro eroe aveva ucciso 58 cattivoni, ora siamo ad un totale di 105 così suddivisi:
n. 5/dieci, n. 6/sedici, n.7/undici, n.8/11, n.9/tre, n.10/sette.
Il record lo detiene per ora il n.2  con ventuno.
Stranissimo che nel n.9 Tex ne abbia uccisi solo tre


lunedì 21 agosto 2017

Fumetti: CHEYENNE

CHEYENNE



Bellissimo questo fumetto corposo della Sergio Bonelli Editore. Disegnato alla grande fin nei minimi particolari. Complimenti
Ma anche il soggetto è spettacolare. E' la storia di un bimbo rapito dagli indiani e che cresce con loro. Adolescente, viene liberato dalle giacche blu con uno spargimento di sangue alla Soldato Blu. Rincorre anche il Piccolo Grande Uomo, con flashback continui. Il ragazzo cresce diventa uomo, cacciatore di taglie e muore indiano sul set cinematografico









giovedì 17 agosto 2017

POPEYE - Braccio di Ferro nella Valle Nera







POPEYE
Braccio di Ferro nella Valle Nera
La Gazzetta dello Sport

La rosea Gazza pubblica la prima avventura di BdF e successivamente altri 21 albi.
Sono le tavole che hanno dato inizio alla saga del mangia-spinaci, creato da Elzie Crisler Segar. Già allora c'erano Poldo, Bluto, Olivia,etc.



Chi non ha letto in gioventù i fumetti di Braccio di Ferro o visto i suoi cartoni, alzi la mano....
Bellissima idea editoriale.


lunedì 14 agosto 2017

MISSION/ Il film da Oscar "punito" per il suo contenuto



MISSION/ Il film da Oscar "punito" per il suo contenuto


Mission di Roland Joffé è un grandissimo film, vincitore nel 1986 della Palma d'Oro a Cannes, mentre agli Oscar del 1987 gli fu preferito Platoon di Oliver Stone, sia come film e sia come regia. Come dicevo raccontando della vittoria di Un uomo per tutte le stagioni, già dopo vent'anni premiare un film religioso era ormai fuori luogo: infatti Mission vinse solo la statuetta per la fotografia di Chris Menges, già Oscar per Urla dal Silenzio, sempre del regista Joffé. Questi ha anche firmato altri film che meritano di essere menzionati come Vatel, La lettera scarlatta e La città della gioia. 
Lo sceneggiatore è Robert Bolt, Oscar con il Dottor Zivago e Un uomo per tutte le stagioni; le bellissime musiche sono di Ennio Morricone; e abbiamo tre star come attori: Robert De Niro, Jeremy Irons e Liam Neeson. Non c'è dubbio che il film meritasse più statuette, ma Hollywood la pensava esattamente all'opposto. 
È un film possiamo dire storico che ricalca l'evangelizzazione dei Gesuiti in America Latina, nelle zone confinanti con gli attuali Brasile, Argentina, Bolivia, Uruguay e Paraguay. Furono fondati villaggi con tanto di scuole ed economia rurale fatta di allevamento e agricoltura, comunità prosperose e competitive.
La pellicola parte con il martirio di un gesuita e con un altro confratello (Irons) che con la musica di un flauto conquista il cuore degli indigeni. In tutta questa parte del film si odono poche parole e sono padrone la bellissima fotografia e la musica di Morricone. Si vede che i villaggi pian piano crescono con l'aiuto dei sacerdoti gesuiti, nasce un popolo e una cultura, sorgono le reducciones.
Contemporaneamente c'è la figura dello schiavista Mendoza, interpretato da un grande Robert De Niro, che dopo aver ucciso per gelosia il fratello entra in uno stato di prostrazione. Si pente e viene accolto ai gesuiti. Bellissime le scene in cui l'uomo con il fardello della propria armatura, simbolo del suo peccato, scala le cascate, finché un indigeno taglia la corda della rete come gesto di perdono nei suoi confronti. Qui la gestualità interpretativa e la mimica di De Niro sono eccezionali e significative, sempre con una colonna musicale originale e impegnata.
Sembra tutto idilliaco, ma entra in gioco la politica. Siamo nel 1750 e il governo portoghese chiede l'annessione delle missioni in America Latina pena l'espulsione dal Paese dei Gesuiti. Il Cardinale mandato a visitare le reducciones si commuove, ma nulla può fare contro la politica. 
I guaranì si ribellano guidati da De Niro e da altri gesuiti. Le battaglie sono sempre contornate da una fotografia e da una musica bellissima. Simbolica l'immagine finale in cui De Niro morente guarda Irons in processione con l'Ostia sacra che viene ucciso.
Un film che avrebbe dovuto rastrellare molti Oscar: regia, De Niro e musiche. Ma il contenuto del film non poteva passare. C'è tutto in esso: la Croce di Gesù, la costruzione di una cultura sorretta dall'amore, il peccato, la redenzione, la ribellione, il sacrificio e il destino dell'umanità che non è in mano agli uomini, ma a Dio.

domenica 13 agosto 2017

TRAVI

TRAVI



E' il soffitto a vista di una chiesa di un monastero alle porte di Milano. Mi ha molto colpito l'intreccio delle travi e come si puntellano tra loro, un'unità che sorregge il tetto.

venerdì 11 agosto 2017

VABBE' LE PALME IN PIAZZA DUOMO, MA......

VABBE' LE PALME IN PIAZZA DUOMO, MA......



MA COS'E' QUESTO?



UN GONFIABILE ......


... A FORMA DI ALBERI?

giovedì 10 agosto 2017

Color TEX n.11 - COWBOYS




Color TEX n.11
COWBOYS
Sergio Bonelli Editore

Questo fumetto rispecchia il classico western: abbiamo i cowboys, la mandria, i buoni (Tex e Carson), gli indiani e i cattivi.
Le bestie devono essere portate al punto di raccolta per la vendita, ma un bandito ordisce vendetta e vuol uccidere il proprietario. Peccato che questi sia amico di Tex che con il fido pard aiutano sotto intemperie e disastri a portare a buon fine la ma mandria.


 Ci sono gli indiani, che dato il carisma di Tex si schierano con lui. Infine c'è pure tempo per l'amore. 
Un fumetto che è un film.
Bellissimi i disegni soprattutto quelli d'azione tra sparatorie, cavalli e vacche.



martedì 8 agosto 2017

Fumetti: CICO A SPASSO NEL TEMPO


CICO A SPASSO NEL TEMPO è arrivato al terzo numero. Una bella impresa, per il socio di ZAGOR con un fumetto di 64 pagine interamente a colori.
Cico sempre simpatico e spassoso e sempre alla ricerca di cibo si reca al professor Mc Leod, studioso dell'antichità. Si trova tra le mani un reperto Maya che lo trasporta nel passato.



Nel primo numero si trova catapultato nell'antica Atene dove si imbatte con Socrate che lo fa conoscere a Pericle, Qui si inventa un saluto che consiste nel tirarsi i pesci in faccia.




Nel secondo fumetto Cico si ritrova da Atene alla corte di Attila. Per la sua proverbiale fifa viene prima considerato un codardo, ma poi esaltato come un eroe, ma è sempre la sua fortuna che viene fuori. Un numero esilarante.


IL n.3 è forse un pò debolino come soggetto Cico è alla corte di Filippo il bello come giullare.









lunedì 7 agosto 2017

Notizie estive strane

 

"Se tuo marito è ubriaco e violento, sistemalo con questo": il ministro indiano regala bastoni alle sposine.

 

Dopo un fidanzamento forzatamente indissolubile durato quarant’anni, un parrucchiere napoletano si è unito in matrimonio con se medesimo davanti ad amici e parenti.

Dimentica in taxi un quadro di Fontana da 1,5 milioni di euro. Il taxista lo riconsegna.

Lui non arriva e la abbandona sull'altare: la sposa va a festeggiare con gli amici.

Aereo vibra come una lavatrice. Pilota ai passeggeri: “Pregate”

Motociclista dimentica la moglie in autogrill, ma pensa che sia caduta.

 Asti, l’annuncio di lavoro: «Cercasi estetista non in sovrappeso e senza famiglia»

Milano , la banda che scambia le targhe alle auto: appelli sul web


Assaltavano i bancomat con le maschere di Trump


A Gallipoli si affittano anche i balconi
Un posto con brandina 10 euro



sabato 5 agosto 2017

NON HA PAURA !



UNO CHE NON HA PAURA A DIRE A CHI APPARTIENE

venerdì 4 agosto 2017

QUINTO POTERE/ La "profezia" sulla tv premiata dagli Oscar

QUINTO POTERE/ La "profezia" sulla tv premiata dagli Oscar





Quinto potere è un film che nel 1977 ha vinto svariati Oscar: miglior attore e attrice protagonisti, Peter Finch e Faye Dunaway, miglior attrice non protagonista, Beatrice Straight, e miglior sceneggiatura originale a Paddy Chayefsky. È un film molto verboso e recitato, ma qui sta il bello, lo sceneggiatore con i suoi dialoghi è stato il motore del film. Chayefsky aveva già vinto due Oscar nel 1956 con Marty, vita di un timido e nel 1972 con Anche i dottori ce l'hannoma in Quinto potere si è superato. 
Prima considerazione. Gli americani già nel 1976 (anno di uscita del film) avevano compreso il potere e l'influenza che il mezzo televisivo aveva sul pubblico. Questa la trama. Un conduttore televisivo, Peter Finch, viene licenziato dal network televisivo Ubs di Los Angeles, il suo programma è sceso troppo in basso nel gradimento del pubblico e di conseguenza lo share è precipitato. Prima di congedarsi annuncia che si suiciderà in diretta. Viene licenziato all'istante, ma il giorno seguente riappare in video per scusarsi, e recita un nuovo proclama con toni deliranti e blasfemi. Lo share va alle stelle e il conduttore viene lasciato libero di condurre un programma nel suo strillato stile. Chiede: "Perché io?". Gli risponde il producer: "Perché parli alla tv".
Diventa un santone che parla alla pancia della gente di tutti i mali della società: "Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più. Andate a urlarlo alla finestra". E i telespettatori gli obbediscono e il programma diventa un cult, tutti ne parlano e tutti ne scrivono. E lo share s'impenna. Così come gli introiti pubblicitari
Seconda considerazione. Non è che il nostro Grillo si è inventato i Vaffaday e successivamente il Movimento 5 Stelle dopo aver visto Quinto Potere? Anche lui come Finch utilizza la tv e la nuova tecnologia alla stessa maniera. Populismo e malcontento all'ennesima potenza. Su questa scia M5S è entrato in Parlamento e governa a Roma e a Torino. Al contempo Finch è critico con la tv, anche se la utilizza: "La tv non è la verità, è un maledetto parco dei divertimenti, è un circo, carnevale, fenomeni da baraccone. Ammazzare la noia è il solo nostro mestiere. Quindi se volete la verità andate dal vostro dio, dal vostro guru, andate dentro voi stessi, è l'unico posto dove troverete la verità"."Vi diciamo quello che volete sentir dire. È un'illusione, e adesso spegnete la tv". 
L'altro Oscar, Faye Dunaway, impersona una nevrotica e cinica producer che, annusata l'aria che tira, cavalca a più non posso il santone Finch. Una producer disposta a tutto che chiede ai suoi collaboratori programmi alternativi estremi con sesso e assassinii in nome degli ascolti, proponendo anche un reality-show con il fantomatico Esercito di liberazione ecumenico, che filmerebbe le proprie rapine in banca. Il suo amante William Holden dice di lei: "È della generazione della tv. La vita l'ha imparata dalla pubblicità".
Il santone Finch continua con i suoi sermoni finché non tocca gli interessi finanziari dei proprietari del network che lo invitano a cambiare indirizzo. Lo show si ammoscia, così come gli ascolti. La cinica Faye Dunaway decide allora un colpo di teatro, l'uccisione in diretta del guru Finch.
Un film, come già dicevo, molto costruito sui dialoghi e sulle nevrosi di chi lavora in tv. Un film estremo, critico, sopra le righe, ma nello stesso tempo ironico e pungente. Ricordiamo che però è stato girato nel 1976, in anticipo sui vari reality e show che avrebbero invaso successivamente la programmazione televisiva.
Terza considerazione. Oggi la tv è sorpassata, la fanno da padrone internet e i social. Ma in Italia se guardiamo il percorso che ha fatto dall'avvento della tv commerciale, in sintesi potremmo dire che questa ha cambiato socialmente e politicamente il Paese. Nel 1994 Berlusconi scese in campo con un partito virtuale supportato dalle sue reti. Direte, affermazione banale, no, prova ne è che in un regime totalitario come la Corea del Nord la Tv trasmette unicamente le gesta dei vari Kim Sung e il popolo non conosce altro. Tv come oppio dei popoli.
Ora che il filone si è sgonfiato e che internet propone in diretta gli accadimenti nel mondo, hanno voce spesso i programmi che trattano omicidi e morti, uno sfruculiare estremo e diseducativo con l'aggiunta pruriginosa del sesso.

giovedì 3 agosto 2017

NEYMAR AL PSG PER 222 MILIONI

NEYMAR AL PSG PER 222 MILIONI/ E' meglio dare 30 milioni all'ex ad di Telecom?




Neymar da Silva Santos Junior detto solamente Neymar o anche O'Ney, tanto per paragonarlo un po' a Pelé detto O'Rey, è l'uomo del momento.
Cresciuto nel brasiliano Santos e poi passato al Barcellona, ha poco più di venticinque anni ma un palmares lungo un chilometro ed ora ha anche il record del trasferimento più esoso della storia del calcio: il Paris St Germain pagherà 222 milioni di euro alla squadra spagnola come rescissione del contratto, 30 milioni a stagione al calciatore per cinque anni e 150 milioni di bonus a O'Ney e al padre-procuratore. Parliamo di netto...
Chi ha fatto l'affare?
Sicuramente il Barca, che si trova un tesoro cash enorme in cassa e potrà, se vuole, rinforzare la squadra (si parla di Verrati e Dybala) oppure di dare un obolo per terminare la Sagrada Familia.
A mio parere l'affare per i blaugrana è doppio: di O'Ney può anche fare a meno sotto il piano tattico avendo come punte Suarez e una pulce di nome Messi. Questi due nella classifica marcatori di questa stagione hanno stralciato Neymar, che è sì un fenomeno, un fantasista capace di far incazzare i difensori con i suoi sombreri, ma lo metterei quarto nella classifica dei migliori giocatori spagnoli come resa e con Cr7 e Messi primi a pari merito e Suarez terzo.
Certo è il primo della classifica per il costo del suo trasferimento, ma questo è dovuto alla famosa clausola di rescissione e al petrolio che posseggono i proprietari del Psg che in fatto di manie di grandezza non hanno concorrenti. Sicuramente i principi del Qatar pensano a un ritorno d'immagine e vogliono vincere a tutti i costi la Champions League. Hanno poi una squadra piena di ottimi giocatori molti dei quali fuoriusciti dal nostro campionato che scaldano la panca (l'unico che fenomeno non è ma parte spesso titolare, e questo non lo capisco proprio, è Thiago Motta).
Questo per dire che il Psg potrebbe sfoltire la rosa per recuperare dei milioni, ma  probabilmente ai qatarini non interessa più di tanto.
Qualcuno dirà che la cifra è folle, sicuramente per me O'Ney non vale questi denari, ma questo è il mondo del calcio, che è si uno spettacolo ma è lavoro e business.
Ci sono le regole del fair play finanziario stabilito dalla Uefa che veglierà su questi movimenti, e se non verranno violate nessuno potrà, ma neppure ora può, straparlare di scandali.
Probabilmente sarebbe utile mettere un tetto al valore dei trasferimenti e agli ingaggi e sicuramente c'è da fare chiarezza sui ruoli dei procuratori e delle agenzie di immagine, che cercano di arricchirsi e far pagare meno tasse agli assistiti spostando gli introiti nei paradisi fiscali.
Così come bisognerebbe anche dare un freno al valore stratosferico dei diritti televisivi.
Ultima cosa. Non mi scandalizzo e non faccio il moralizzatore per i 30 "denari" annuali dati a O'Ney oppure per i 5-6 a Topogigio Donnarumma, nonostante la sua giovane età. Basta guardare in casa nostra per vedere l'ex ad di Telecom che per 15 mesi ha portato a casa anche lui 30 "denari"…