Un paio di anni fa vi avevo proposto Non sposate le mie figlie, ed ora vi
propongo il sequel uscito in Italia nel marzo del 2019. Il primo era veramente
un film gustoso, ironico e politicamente scorretto, questo secondo è un po'
stantio e meno brillante. Vale comunque la pena di vederlo, se l’avessero
girato in Italia, sarebbe stato accusato di fascio/leghismo e sovranismo mentre
in Francia al massimo potrebbero accusarlo di gollismo.
Il protagonista è sempre Christian Clavier,
capofamiglia andato da poco in pensione, che si trova alle prese con le quattro
figlie e relativi generi tutti desiderosi di espatriare.
L’avvocato musulmano ha solo clienti islamici e vuol
andare in Algeria, l’ebreo un cazzaro/fanfarone in Israele, il cinese bancario
a Shangai e l’ivoriano a Bollywood per sfondare come attore. Sono tutti
scontenti di come si sentono trattati in Francia pur essendovi nati, non si
sentono capiti e tenuti in considerazione. Si considerano degli immigrati.
Espatriare diventa il loro miraggio.
Mentre i quattro si lamentano continuamente, il nostro
scudiero (guardatelo ne L’Ultimo
Guerriero) è costretto dalla moglie ad accogliere un afgano come
giardiniere, che lui tratta in maniera razzista.
Il vecio Clavier e moglie non son d’accordo con i quattro
che e spiega loro che il mondo è tutto
uguale: i sindacati e i gilet gialli sono ovunque, e rinfaccia loro di aver
votato Macron. E qui esce il suo nazionalismo e amor di patria, organizza solo
con i generi un week end/tour nella valle della Loira decantando i castelli, i
vini, la nazione francese e combinando incontri “fortuiti” con vari personaggi
per dare delle occasioni e dei motivi ai poveri tapini di restare in Francia.
Chiaramente è tutto combinato e Clavier tira fuori molti euri per lo scopo. Ciò
che muove lui e la moglie è l’amore per le figlie e per non aver lo strazio di
vederle andare in luoghi lontani. Ma il suo gollismo, concretezza per arrivare
all’obiettivo, coglie nel segno.
Tutto è raccontato in maniera politicamente scorretta,
con battute semi razziste da parte di Clavier. Aggiungiamoci la figura del
parroco, già visto nel primo film, che questa volta chiede la questua con
l’utilizzo della carta di credito (minimo 10 euro) e che di notte si spara le
serie tv di Star Trek e Gomorra (questo nel doppiaggio
italiano).
Poi c’è il consuocero ivoriano che arriva a Parigi per
il matrimonio della figlia, ma non sa che questa, essendo lesbica, si sposerà
con una donna. E lì il cattolico negrone si sente male. Bordata chiaramente
contro la morale cattolica, che con il sacerdote suddetto è completamente
ridicolizzata. Questo è lo scivolone del film, dopo i quattro matrimoni
multirazziali, l’unica idea nuova è stata questa. Un po' debole ed anch’essa telefonata.
Forse la pecca del film.
Sicuramente non è brillante come il film del 2014, una
genialata quello, ma, comunque, i dialoghi sono scritti bene, da teatro di
rivista, e il ns. Clavier è veramente bravo. I siparietti con il padre ivoriano
sono tutti da ridere.
Come dicevo inizialmente se il film in questione fosse
stato girato nel 2018 in Italia, miiiiiiii,
avrebbe causato una crisi di governo. Forse solo Zalone sarebbe riuscito ad
accomodare tutto (vedi le sue gags sugli omosessuali).
Tutto è bene quel che finisce bene, le quattro
famiglie restano in Francia, e guarda caso al capofamiglia viene regalato dai
quattro pellegrini un berretto, un kepì originale di Charles de Gaulle. W la France.
N.B. Alle medie ho studiato francese….. Mìììììì, non ci posso credere