venerdì 16 marzo 2012

Graham Greene 2



In Saggi cattolici l’autore cita brani e i personaggi de Il Potere e la Gloria, Fine di una storia, Il Nocciolo della questione, i tre romanzi che esemplificano la posizione appena descritta dallo scrittore stesso che si richiama spesso al cardinale H. Newman, che vorrebbe fosse nominato protettore “ dei romanzieri che sono anche cattolici”.
GG è molto legato ai suoi scritti, che leggeva ed ammirava già prima della conversione, e dai quali attingeva.



Nel libro Le Vie senza Legge, scritto dopo il suo viaggio in Messico al tempo della persecuzione contro i cristiani, l’introduzione è un sunto dell’Apologia di Newman sulla necessità di rinunciare al mondo, sulla caducità degli sforzi umani, sulla sua idolatria e sulla condizione dell’intero genere umano che le parole apostoliche definiscono “senza speranza e senza Dio in questo mondo”.
Conclude la citazione di Newman: “Che cosa possiamo dire dinanzi a questo fatto straziante e sconvolgente?
Io posso solo rispondere che o non esiste un Creatore o la società umana è stata rigettata dal suo cospetto… se Dio esiste. Ma poiché Dio esiste, dobbiamo concludere che il genere umano è coinvolto in un orrendo peccato originale”.


In un capitolo di Saggi Cattolici dal titolo È in pericolo la civiltà cristiana?, conferenza tenuta a Bruxelles nel gennaio 1948, Greene conclude con una storia che non ha ancora scritto ma che pubblicherà nel 1990 con L’Ultima Parola e altri racconti, contenuta ora anche in Tutti i Racconti (pag. 476)



Racconta dell’ultimo Papa esistente sulla terra, Giovanni XXIX , nonché l’ultimo cristiano vissuto per 20 anni in una misera abitazione con un crocefisso senza un braccio, l’unica sua compagnia ad attenderlo quando tornava dall’acquisto il pane quotidiano.
Non ricordava nulla del suo passato. Il potere lo aveva tenuto in vita per anni dopo aver annientato l’intera cristianità ed aveva costituito uno stato unico mondiale fondato sulla pace. Il Generale lo fece vestire con una cotta bianca da Papa e lo convocò per rendergli onore prima di ucciderlo. Qualcosa pian piano riaffiorava nella sua memoria e mentre alzava il bicchiere di vino in segno di saluto diceva in una lingua per l’altro incomprensibile “Corpus domini nostri…”
Il Generale fece fuoco e in quell’istante “…un pensiero attraversò lo spirito del Capo: - Sarebbe mai possibile che ciò che quell’uomo credeva fosse la verità?.
Un nuovo cristiano nasceva dal dolore” (pag. 52).


Un altro racconto, contenuto nella voluminosa raccolta che mi ha colpito è Un Barlume di spiegazione (pag. 36). Due uomini si ritrovano in uno scompartimento di un treno. È sera tardi e sono imbacuccati a causa del freddo. Uno si definisce agnostico e coglie che l’altro è cattolico.
Il primo, che narra il racconto in prima persona, afferma che si ribella “di fronte all’idea di un Dio che può abbandonare così le sue creature alle atrocità del libero arbitrio” e vuole avere spiegazioni della sofferenza e della corruzione dei bambini. Il cattolico gli risponde: “Certo a questo non c’è risposta. Cogliamo barlumi…”. Gli racconta allora un episodio della sua infanzia.
Quando era bambino viveva in un paese dove esisteva una piccola comunità di solo cinquanta cattolici e serviva come chierichetto alla Santa Messa. Venne avvicinato da uno dei due fornai del paese. Un uomo con la testa pelata a forma di rapa e con un occhio solo. Si definiva un libero pensatore e da lui nessun cattolico acquistava il pane.
Era avverso alla Chiesa Cattolica come del resto la maggior parte dei cittadini che erano di fede anglicana. Il fornaio, in cambio di un giocattolo, lo convinse a rubare per lui un’ostia consacrata. Il chierichetto compì il misfatto, ma quando era sul punto di consegnare l’ostia, decise piuttosto di inghiottirla. Al che il fornaio cominciò a piangere lacrime disperate dall’occhio buono.

“Quando ci ripenso ora, è quasi come se avessi visto la Cosa (Satana, ndr) piangere per la sua inevitabile sconfitta”, disse il cattolico.
“E il barlume?” chiese l’agnostico, “Mi sembra di non aver capito cosa volesse dire”.
Rispose il cattolico “…sa, per me quella faccenda rappresentò un insolito inizio se ci pensa.”

Qui, a pag. 47 del libro, lascio di proposito il racconto perché c’è una piccola sorpresa finale che val la pena di non essere svelata ma di essere letta.

(2 - continua)