lunedì 21 ottobre 2013

ROBERT CAPA


Robert Capa
di Alex Kershaw
Rizzoli

La fotografia è stata la mia prima passione, poi sono passato al video, ma è rimasta sempre nel mio cuore. Ancora adesso ritengo la fotografia l’espressione di ciò che il cuore riesce a vedere ed intuire.
La foto sublima un istante che puoi stampare e guardare continuamente, il video passa e se ne va.

Il libro di Robert Capa bisogna cercarlo e leggerlo. Parla dell’uomo e non solo del fotografo.
Robert Capa è stato il più grande fotoreporter del ventesimo secolo. Una vita avventurosa la sua. Scappato dall’Ungheria per sfuggire alle purghe fasciste, approda a 19 anni a Berlino. Impara l’arte della fotografia, ma con l’avvento di Hitler va a Parigi. Da lì parte per fotografare la guerra civile in Spagna . Diventa famoso per la foto al miliziano ucciso.
Va poi in nord Africa alla caccia di Rommel, sbarca con gli alleati in Sicilia, libera Napoli, sbarca ad Anzio. Si salva miracolosamente fotografando per primo l’assurdo assalto degli alleati in Normandia.
Steven Spielberg dirà che per il suo Salvate il soldato Ryan si è ispirato a molte foto di Capa.
Si paracaduta con le truppe alleate in Germania partecipando alla liberazione di Lipsia e Berlino.
Finita la guerra torna in Spagna a documentare la sconfitta comunista.
Si sposta sei mesi i Cina e documenta la critica situazione cine-giapponese.
Fonda l’agenzia Magnum con amici fotografi tra cui Henri Cartier Bresson.
Si catapulta al momento giusto per vedere la fondazione dello stato di Israele.
Muore su una mina in Indocina a 40 anni.
Diventa un mito, anche se un po’ lo era anche da vivo
Personaggio straordinario, senza casa, amante dei bei vestiti, del buon mangiare, del bere, del gioco d’azzardo. Nato povero è morto povero dilapidando a poker i suoi guadagni. Donnaiolo, innamorato di tante donne non ne impalmò neppure una anche se ebbe una relazione di alcuni anni con la bellissima Ingrid Bergam. Un uomo che si sentiva di vivere l’istante e l’oggi come se fosse sempre l’ultimo della propria vita.
Aveva anche capito che professionalmente la televisione avrebbe cancellato la fotografia.
Un uomo con tanto ardimento nella professione ma con tante difficoltà umane personali nella vita normale. Un uomo che ha lasciato il segno.

martedì 15 ottobre 2013

Yellow Book: Il commissario Ambrosio

Yellow Book: Il commissario Ambrosio





La casa editrice Mondadori, prima dell’estate, ha ristampato quattro libri di Renato Olivieri editi negli anni ’80 per la collana I Gialli Mondadori Il Caso Kroda, Dunque Morranno, Largo Righini, La Fine di Casanova.  Sono dei romanzi gialli che hanno come protagonista il commissario Ambrosio e le sue indagini in una Milano ancora avvolta dai nebbioni. Ambrosio è stato denominato il Maigret italiano e non a torto. Vi sono molte similitudini tra i due personaggi: il mangiar bene, il buon vino, gli aperitivi, il fumo, la città, i dettagli dei luoghi. Ambrosio però è malinconico, tendente alla depressione, divorziato dalla moglie e con fidanzata, mentre Maigret è ben strutturato, ha una moglie su cui contare. Nessuno dei due ama i magistrati. Entrambi hanno collaboratori che un po’ bistrattano ma anche uno in particolare che tutelano, in quanto si rivedono in lui giovani poliziotti agli esordi.
Maigret viene da una famiglia non certo ricca, mentre Ambrosio è laureato e suo padre era giudice. È appassionato d’arte e legge libri impegnati.
Tutti e due si occupano di omicidi, di uomini che sbagliano, di storie con al centro sempre le  persone con le loro miserie, colpe ed errori. Ma entrambi non si ergono a giudici.
“ La capacità di ricostruire le personalità degli altri, morti o vivi, era il suo vero mestiere. Capacità? Meglio dire: la tentazione di intuire dove si annida la verità. Una certa verità”  ,    
Madame Strauss - 1993
A ruota di queste quattro ristampe ho recuperato due vecchi Gialli Mondadori, Madame Strauss e Hotel Mozart.
Se fosse ancora vivo farei all'autore questa domanda: perché su cinque libri dei sei che ho letto, il commissario Ambrosio trova sempre donne con efelidi?




venerdì 11 ottobre 2013

Gianni Morandi - serata 2

http://www.ilsussidiario.net

Forse qualcuno dirà che Morandi ha appena sfornato il suo nuovo disco, e che le due serate non potevano essere che una marchetta musicale. Ma non è stato così. Anche la seconda serata è partita con la musica e senza sermoni. Questa volta ha salutato, lunedì no, ma Gianni non è Cele e preferiamo che canti. Anche iersera e partito con un inno alla vita ed alla speranza, Bisogna vivere io voglio vivere (BISOGNA VIVERE) e poi, Ma se il mio cuore spera non sarà solo una chimera (CHIMERA). La prima canzone è del nuovo album dirà un mio amico detrattore. E allora?
Io parto dal presupposto che chi sale sul palco esprime ciò che sente e che vuol dire. E Morandi non ha certo bisogno di smarchettare.

Dopo tre canzone è arrivata Rita Pavone, ed è partito un duetto eccezionale.
Un medley con le  loro più famose canzoni in cui le qualità vocali di Rita-Gianburrasca sono emerse incredibilmente nonostante i suoi 68 anni. E il Gianni (69 da compiere) si è inchinato ai suoi piedi.
Non poteva mancare un comico: il furbissimo Checco  Zalone, che ha camminato sulla riga dell'ambiguità con la canzone sul macheron della Barilla. Il video era già in rete da giorni. Poi varie battute su Berlusconi "impegnato nel sociale". Questa sì che è stata una marchetta. Zalone era lì per lanciare il suo film in uscita a fine ottobre. La canzone su ovaie e spermatozoi se la poteva risparmiare.

Ma, andate a leggere i testi di VARIETÀ (In questo grande immenso bisogno d'amore che ho...) ed IL MIO AMICO e ditemi se non c'è un'apertura ed una ricerca del bene in queste due canzoni. L'ultima l'ha cantata con il figlio Marco.  C'era una commozione palpabile e visibile.

La plasticata Cher  in versione Grease si poteva anche evitare. Patetica. Chissà poi se lei  e Morandi si conoscevano veramente? Non credo.
Amy Stewart, Nina Zilli e Noemi, queste sì che le conosce e mi dispiace, ma non c'è Cher che tenga contro le loro capacità vocali.
Dulcis in fundo, un duetto con un'altra donna dalla voce graffiante, Bianca Atzei.
Spero che nessuno accusi il Gianni di essere maschilista, visto la quantità di brave ed (alcune) anche belle donne, che hanno partecipato a questa seconda serata.


Fiato alle pagelle

Morandi. La prima sera l'ha incentrata con le canzoni volte alla speranza.
Nella seconda non è stato da meno. Grande cantante. Voto 7/8, visto che è l'eterno ragazzo, potrà sempre migliorare.

Fiorello. Number one. Canta, imita, fa battute sagaci su Berlusconi ma non è irritante. Sul palco è a suo agio, naturale. Show Man nato. Voto 8. Inarrivabile.

Carrà. Povera, mi ha fatto una grande tenerezza. L'ho conosciuta nel 1988 ma gli anni passano per tutti, anche per... me. Voto 6, di stima per la sua grande carriera.

Morricone. E, il maestro, pluri-Oscar, lemme lemme è venuto da Morandi. Voto 8 perché è il Maestro e  per la sua umiltà.

Orchestra. Cento giovani orchestrali da tutta Italia. Musica live. Morandi ha rischiato su di loro e non è rimasto deluso. Bravi. Voto 7, hanno comunque tanta strada davanti.

Regia. Cenci, già regista di fama di Campioni (ve lo ricordate?) e di Io canto, ha svolto il suo lavoro la prima sera pensando che Morandi suonasse metal.
La seconda serata è stata meno schizofrenica. Voto 6,5 è facile parlare ...

Rita Pavone. Per me è ancora il piccolo Gianburrasca della mia infanzia. Canta e si muove come una .... giovincella. Voto 8, altro che Cher.

Checco Zalone. Ormai è una star, ma si ripete un po' troppo. E l'esibizione e stat veramente sottotono. Tre canzonette da Colorado e un paio di battute. Voto 5 svogliato e deludente.

Cher. BANG BANG, più che la canzone, ci voleva una pistola vera. Per spararle. Voto 4, almeno la Carrà faceva tenerezza.

mercoledì 9 ottobre 2013

Gianni Morandi - serata 1


È considerato l'eterno ragazzo, anche se ha quasi settant'anni. È nato nel 1944 e dall'esordio del 1962 sembra rimasto quasi lo stesso. Cantante, attore, presentatore, fondatore della Nazionale Cantanti, maratoneta. Ha vinto Sanremo del 1987 e lo ha condotto nel 2010 e 2011. Pare che abbia venduto più di 50 milioni di dischi.
Canale 5 lo propone per due serate con Gianni Morandi Live in Arena. Stessa identica operazione fatta l'anno scorso con Celentano. Se paragoniamo gli ascolti tra i due eventi però non c'è stata storia: Cele era arrivato a quasi il 32% di share con 8.900 mila teste, mentre Morandi si è fermato a 5.800mila persone con il 24%

A differenza del Molleggiato, Gianni è spesso in tv e in concerto, diciamo in gergo che è sovraesposto. Ma bisogna ricordare che il furbo J Lui invitò proprio l'eterno ragazzo  ed il loro duetto arrivò al 41% di share.

Un'Arena di Verona traboccante di fans, una regia però troppo scenografica e forse schizofrenica. Avrei preferito più primi piani. Non era un concerto rock.

Morandi non ha fatto pippotti alla J Lui, ha attaccato a cantare e scusate se le sue prime quattro canzoni hanno risvegliato in me un sussulto di speranza, e di desiderio:
Vedrai il mondo cambierà (IL MONDO CAMBIERÀ),
C'è un grande prato verde dove nascono speranze (UN MONDO D'AMORE),
VITA IO IN TE CI CREDO
Ma poi arrivi tu (SOLO INSIEME SAREMO FELICI).

Canzoni non banali e forse non messe in scaletta a caso.
Ogni tanto sono sentimentale ? Non credo. Constato che dopo, NON SON DEGNO DI TE e BELLA SIGNORA ha continuato con OGNI VITA È GRANDE  e Amo la vita più che mai (SCENDE LA PIOGGIA).
Coincidenze? Vorrei poterlo chiedere a Morandi.

L'apoteosi è stato però l'intervento di Fiorello. Altro che Benigni!
Anche qui, si è vista la differenza con lo show di Celentano, dove al centro della scena c'era  sempre e comunque il Molleggiato.
Morandi invece ha fatto fare a Fiore venti minuti di one man  show e poi hanno duetatto insieme. L'ex divin codino dello spettacolo ha fatto battute a gogò sul Cavaliere e su Pinotto-Celentano. Da sbellicarsi dalle risate. Gli ascolti sono arrivati al 27% di share.
L'omaggio all'amico Lucio Dalla era obbligato, ma senza retorica o parole, solo cantando una sua canzone.

Dopo l'uragano Fiore, Morandi e passato alla chitarra acustica. Scelta oculata, bisognava abbassare i toni e rientrare delicatamente in serata.
La scivolata c'è stata e mi spiace dirlo si è avuta con Raffaella Carrà. Se ne poteva fare a meno ed anticipare perciò il maestro Ennio Morricone a cui si poteva lasciare più spazio.

Buon concerto, buona la  scaletta e la scelta delle canzoni.
Un applauso anche ai centro giovani orchestrali.
Peccato per gli ascolti. 

lunedì 7 ottobre 2013

IL CASO/ Licenziarsi su Youtube



Notizie di questi giorni.
In Marocco due adolescenti hanno postato su Facebook una loro foto in cui si baciano e sono stati arrestati. Il poco Onorevole Crimi ha insultato via Twitter Berlusconi rischiando di far cadere la decadenza da senatore del Cavaliere.
In Ohio vive Catlin, una giovane donna che lotta con problemi ormonali e con la propria obesità. Si è fatta fotografare in costume di Lara Croft e si è messa su Facebook. Ed internet è diventato crudele: gli internauti l'hanno coperta di aggettivi non certo gentili.
Questa e la democrazia della rete?
Certo, ognuno può scrivere, postare foto, video e chiunque può fare liberamente considerazioni di tutti i generi. Soprattutto offensive.
Controlli e filtri ve ne son ben pochi.
La libertà della rete www. è ormai un boomerang. Una trappola.

Sempre in questa settimana è arrivata alla ribalta delle cronache mondiali un'altra eroina della rete. Già, se una volta era il telegiornale che dettava legge e verità, adesso è internet. E tutto dipende dai click dei visitatori. Tutto ciò  ha un nome, internet virale. Semplicemente un passaparola che si espande velocemente nella rete internet e tanti, come dei babau senza nerbo, cliccano e abboccano.
Così è stato per il video di Marina, I QUIT, caricato su Youtube.
Si è dimessa cantando e ballando. Il video ha spopolato, siamo quasi a 15 milioni di visitatori. Ed i media hanno rilanciato il fatto.
Intanto 500 poveri cristi annegavano a Lampedusa. La notizia ha aperto i Tg e i new media per un giorno e mezzo, poi sabato sera la prima notizia delle testate giornalistiche nazionali on line è stata la richiesta di affidamento ai servizi sociali di Berlusconi. Tutto passa velocemente.
Le notizie orami vengono diffuse e divorate dalla rete. Se i quotidiani cartacei sono obsoleti, anche la tv è ormai un mezzo mediatico che arriva sempre in ritardo. Solo internet ha la capacità di essere quasi istantaneo nella comunicazione e raggiunge il mondo intero.

Ma torniamo al video I QUIT con le dimissioni a tempo di rap di Marina.
Niente di che, un'idea come tante, e neppure realizzata bene. Eppure in troppi, contagiati dal virus di internet, hanno speso il loro tempo per vederlo. L'azienda da cui si è dimessa non ha trovato di meglio che postare un video ironico di risposta esaltando le qualità della società. Di male in peggio.
La storia è poi continuata con l'eroina invitata in uno show dove le è stata fatta una proposta di lavoro allettante.
Questo è il sogno americano che si compie oppure una favola virtuale?              Il tempo darà ragione a tutto ciò.

La giovane Marina, 25 anni, nel suo video ha affermato che ha dato due anni della sua vita per il lavoro, mentre il capo contava solo i contatti internet delle sue pubblicazioni. Niente qualità, niente creatività, solo business. E così si  è licenziata con uno sfottò. Probabilmente, per la sua età, ha un alta considerazione di se  stessa e delle sue idee innovative che però realisticamente non rendevano dollari. Al tempo stesso per scegliere di abbandonare un lavoro bisogna avere il fondo schiena parato oppure dei dollari da parte.
Ultimamente mi sto scontrando con questo fatto: mi arrivano molte idee creative, e fin qui tutto bene, è segno che la crisi sociale in cui viviamo non annebbia le menti, ma al tempo stesso chi me le propone ha la supponenza di essere lo special one. Di José Mourinho ce n'è stato uno solo ed ha costruito la sua carriera con sacrificio e lavoro. A 25 anni e dopo solo due anni di lavoro, anche Mou era un signor nessuno. Un consiglio alla giovin Marina di I QUIT: si goda questo momento ma tenga desto il desiderio di imparare.
Se internet l'ha resa famosa, non si dimentichi che comunque è sempre una realtà virtuale.

mercoledì 2 ottobre 2013

Yellow Book: Child 44, Il rapporto segreto, Agent 6

Yellow  book: Child 44Il rapporto segretoAgent 6 - Tom Rob Smith
                        Mondadori



Tom Rob Smith è un giovane scrittore inglese che è esploso con Bambino 44 e poi ha continuato con altri due romanzi, la storia è diventata una trilogia.
Child 44, il primo giallo, è ambientato nella Russia staliniana degli anni cinquanta e, il protagonista, Leo Demidov ufficiale della polizia segreta russa scoprirà e risolverà il caso di un killer seriale che uccide bambini. Il libro è ben strutturato, sia nella costruzione del personaggio che per l’ambientazione storica. L’intreccio con la figura della moglie fa già trasparire che vi è un seguito.
Il rapporto segreto è ambientato nel periodo post-staliniano, e porta Leo Demidovnel nel lager della Kolyma. Non come prigioniero ma sottocopertura. Da lì poi andrà in Ungheria alla ricerca di una delle figlie che ha adottato e assisterà alla rivolta ungherese. Un po’ surreale.
Agent 6. Dopo aver abbandonato il KGB ritroviamo il protagonista in Afghanistancome agente di collegamento, depresso e drogato. L’amata moglie è stata uccisa durante un viaggio negli Stati Uniti e lui vuole a tutti i costi la verità. Quest’ultimo libro si trascina un po’, è il meno interessante della trilogia.
Tutto sommato vale la pena di leggerli tutte e tre, le ricostruzioni storiche e i racconti umani che si intrecciano, raccontano bene le privazioni, la mentalità e il clima di terrore che c’era in Russia. Pare che Tom Rob Smith non abbia mai messo però piede in territorio sovietico, perciò tanto di cappello per la storicità e le ambientazione dei romanzi.
Di Child 44 uscirà una versione cinematografica con il bravo Tom Hardy, GaryOldman, Vincent Cassel. Speriamo che non deluda le aspettative.