lunedì 30 settembre 2019

IMMA TATARANNI – SOSTITUTO PROCURATORE/ Le furbate della fiction Rai


IMMA TATARANNI – SOSTITUTO PROCURATORE/ Le furbate della fiction Rai

Di Mariolina Venezia avevo letto anni fa il primo romanzo con protagonista Imma Tataranni, Come pietre tra i sassi, ma non aveva lasciato traccia nella mia mente, vabbè che era il 2011 e da allora ho perso un po'  di neuroni, però se un giallo mi colpisce e mi appassiona, me ne ricordo.
L'autrice ha poi scritto altri due libri e un quarto uscirà in questi giorni.
Questa dicesi furbata, una uscita libraria  in concomitanza della prima puntata della fiction RAI, Imma Tataranni – Sostituto Procuratore, attestatosi sul 23% di share con 5.000.000 di teste.
Direi un buon successo di pubblico ma, a mio avviso, non tutto meritato. Il noto critico Aldone Grasso l'ha stroncata sulla sua quotidiana rubrica del Corrierone, anche se scocca un dardo avvelenato verso il produttore, noto agente di star televisive. Concordo, a parte il dardo, con Aldone.
La scrittura è molto condensata: i dialoghi sono sintetici nella loro temporalità, come se si avesse fretta di concludere le azioni. Ed anche un po' banali.
Si dirà che ė la prima fiction con una donna investigatrice, e questo ė vero, che l'attrice Valeria Scalera interpreta bene la procuratrice Imma, ed anche questo ė vero. Sui vestiti ed i tacchi 12 era facile lavorare, mentre sulla gestualità, mimica e carattere della protagonista c'è stato un buon impegno, diciamo che la Scalera ha svolto una buona caratterizzazione. Andiamo avanti con le furbate.
La seconda ė stata far interpretare il marito di Imma a Massimo Gallo, commissario Palma nella fiction I Bastardi di Pizzofalcone; la terza ė stata l'apparizione a mo' di guest star di Giampaolo Morelli (il mio amato Coliandro dei Flli Manetti) nelle vesti di un improbabile Gesù e la quarta nel ruolo del finto buono, ma invece cattivissimo, il bel Cesare Bocci in arte Mimì Augello, braccio destro del Commissario Montalbano. Insomma, un polpettone attoriale per dare un appeal sicuro. Non da meno lo ė Carlo Buccirosso, Procuraratore Capo, utilizzato come macchiettista napoletano, che invece meriterebbe molto di più.
La furbata più grossa è stata quella di portare in fiction un romanzo ambientato a Matera, Patrimonio Mondiale Unesco, designata Capitale europea della Cultura 2019. Qui la lungimiranza del produttore ha fatto si di proporre un prodotto che cade a fagiolo.
Matera, la citta dei sassi, è bellissima, caratteristica ed unica al mondo. La fotografia del regista Francesco Amato per ora è stata espressa in poche immagini in totale da cartolina. L’atmosfera che ad esempio si respira negli scorci della Sicilia del Commissario Montalbano per ora non si vede proprio, forse valeva la pena di sottolineare invece la location a cominciare dalla prima puntata.
 L’estate del dito è il primo dei sei episodi della serie. La nostra procuratrice è in ferie al mare a Metaponto ed in acqua trova un dito mozzato. Ritorna a Matera, dove non lontano, sono stati trovati prima una gamba e poi degli altri resti, mancano il bacino e la testa. Le indagini conducono ad una azienda agricola, una onlus per il recupero dei carcerati, gestita da un brutale capò e presieduta dall’immacolato, in apparenza, Cesare Bocci. Facile intuire chi è il colpevole.
Una fiction giallo-commedia, visto che le battute e i personaggi macchiettistici si sprecano, come il succitato Procuratore Capo, come la madre di Imma, affetta da demenza senile ed altre battute varie della procuratrice e del marito.
Aggiungiamoci un po' di lotta interna familiare con la figlia e un interessamento verso il giovane appuntato Ippazio ed il minestrone è fatto.
Sicuramente è una fiction distensiva ma non del livello qualitativo a cui Rai Uno ci ha abituati. Considerando che in Valle d’Aosta c’è Rocco Schiavone, a Trieste la Porta Rossa, a Bologna Coliandro, a Roma Nero a Metà con Claudio Amendola, a Napoli I Bastardi e in Sicilia Montalbano, direi che la Rai potrebbe aprire un canale tv in giallo. Manca un commissario Ambrosio tutto milanese. Tra l’altro, l’ennesima replica del commissario di Camilleri andata in onda lunedì, si è attestata sul 21% di share con 4.700.000 telespettatori. Montalbano è sempre una garanzia.
Bene, aspetto la prossima puntata di Imma Tataranni che è tratta dal libro che ho letto, Come pietre tra i sassi.

venerdì 27 settembre 2019

LA FAMIGLIA GUARESCHI A FUMETTI




ReNoir
CORRIERINO DELLE FAMIGLIE


Dopo il successo di DON CAMILLO A FUMETTI, la casa editrice RENOIR avvia un'altra  collana : CORRIERINO DELLE   FAMIGLIE.
Straordinaria e bellissima  idea mettere in fumetto i racconti nati dalla penna di Giovannino Guareschi ispirati alla sua vita familiare.
Al Meeting di Rimini ė stato presentato il volume, dire che è il caso di vederlo, spiega molto meglio di come posso farlo io.


https://www.youtube.com/watch?v=mp6iieSLcDY






mercoledì 25 settembre 2019

don Camillo - il cadavere vivente



E siamo al secondo fumetto formato Diabolik. Le storie sono due, la prima che ne da il titolo ė apparsa su Il Candido nel 1954. Un po' giallo, un po' thriller con una conclusione inaspettata. La seconda, Il Campione del 1956 è esilarante.
Da collezione


lunedì 23 settembre 2019

IL COMMISSARIO MAIGRET/ Il lavoro di Simenon dietro il successo dei film




https://www.ilsussidiario.net

Il Commissario Maigret, compie 90 anni. La prima avventura scritta da Georges Simenon fu “Pietr il Lettone” a cui se ne aggiunsero altre 74. Successo planetari. In Italia ebbe il suo apice con la trasposizione in 35 sceneggiati televisivi, Le inchieste del Commissario Maigret, interpretato da Gino Cervi dal 1964 al 1972, anno in cui uscì poi l’ultimo romanzo con protagonista il commissario di Simenon.

Vi ho presentato quattro film, tre dei quali con Jean Gabin e uno con Gino Cervi nelle vesti di Maigret. Forse in pochi lo sanno, ma già nel 1961 Leonardo Sciascia scrisse vari articoli sul nostro pulotto e sui maggiori scrittori di libri noir e i loro eroi, oggi raccolti in un libricino edito da Adelphi, “Il metodo del commissario Maigret e altri scritti sul giallo”.


“Il metodo di indagine del commissario Maigret non procede per indizi materiali, per deduzioni positive, come quelle di Sherlock Holmes; né attraverso la cerebrale algebrica ricostruzione del crimine, come quello di Poirot.” (Pag. 95)
Non c’è la supponenza del piccoletto coi baffi di Agata Christie, dove spesso le trame sono inverosimili, come ad esempio in “Assassinio sull’Orient Express”; oppure al puro scientismo di Arthur Conan Doyle, che anticipa forse il CSI – Scene del crimine che spesso vediamo in tv.
“Con un’aria di massiccia ottusità, Maigret è un uomo che si affida alla conoscenza del cuore umano e alle istantanee intuizioni: sa cogliere nella vibrazione della voce, nell’esitazione di un gesto, nell’arredamento di una stanza, più verità che nelle impronte digitali e nelle perizie balistiche. Non è un fanatico della legge: qualche volta lascia persino che il colpevole non paghi nella misura della legge; gli basta sapere che pagherà nella misura del rimorso.” (pag. 96)
Maigret non sfrucuglia nelle pieghe degli omicidi (pensate invece ai tanti programmi tv che ci assillano), non esaspera il delitto in quanto male assoluto, è cosciente che a chiunque (anche all’Abele di turno) può scattare il guizzo criminale. Come dire che tutti possiamo sbagliare, anzi, tutti siamo peccatori.
Mi ha sempre colpito l’affermazione che spesso Simenon mette in bocca a Maigret: “Io non penso mai”, lui è un uomo che vede e osserva. Continua Sciascia:“E il vedere gli uomini e l’amarli si possono considerare come qualità peculiari di Simenon: qualità che permettono allo scrittore di giungere alla verità dell’uomo così come a Maigret permettono di giungere alla soluzione di un caso” (pag. 102)
E ancora:“Maigret vede: vede perché ama. Non c’è personaggio, nella letteratura contemporanea, che ami la vita e gli uomini quanto Maigret” (pag. 103).
Molti dei personaggi dei romanzi li aveva incontrati nella vita reale e li aveva adattati per i suoi libri: si fermava nei bar, nelle osterie, sulle chiuse fluviali ed osservava la gente. Prediligeva i poveracci, i falliti, chi era solo. La solitudine contraddistingue la vita di molti suoi personaggi, in primis Maigret, uomo che non dava quasi mai giudizi morali sui suoi indagati.
Simenon conosceva gli uomini, ma non si considerava uno psicologo, diceva di se stesso: “Ancora una volta, è piuttosto una questione di sensibilità… Essere psicologo presuppone un’intelligenza, io non ne ho.”
Oltre al libro di Sciascia vi consiglio anche “Conversazioni con Simenon” di Francis Lacassin e “Intervista con Georges Simenon di Carvel Collins. Il primo è ancora in circolazione edito da Lindau, mentre il secondo è fuori catalogo ed è di Minimum Fax.
A scrivere un episodio di Maigret Simenon impiegava non più di 11 giorni. Si isolava da tutti, sospendeva gli appuntamenti, non si faceva passare le telefonate. Aveva una libreria piena zeppa di guide telefoniche della Francia, da cui attingeva per i nomi dei protagonisti dei suoi romanzi. Ne sceglieva 30 e man mano ne scartava fino ad arrivare a un massimo di 12. Passeggiava avanti e indietro per la stanza ripetendo a voce alta i nomi scelti, scartando quelli che non gli suonavano bene. Poi redigeva il profilo di ciascuno dei rimanenti e iniziava a scrivere a macchina il romanzo con protagonista Maigret.
In queste interviste raccontava che il suo modo di scrivere è molto essenziale e chiaro, non arzigogolato. Dopo la prima battitura rileggeva e toglieva tutti gli aggettivi e le frasi che gli sembravano superflue. Il lettore doveva entrare subito nella scena. Una scrittura asciutta, che non poteva contemplare, ad esempio, la parola crepuscolare. Diceva che se guardi una mela in un dipinto da Cezanne, capisci subito che il pittore ha dato pennellate semplici e decise, e così voleva che fosse la sua scrittura.


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domenica 22 settembre 2019

sabato 21 settembre 2019

venerdì 20 settembre 2019

MAIGRET E I GANGSTERS/ L’ultimo film con Gabin e l’attesa per Depardieu


MAIGRET E I GANGSTERS/ L’ultimo film con Gabin e l’attesa per Depardieu

Maigret e i gangsters del 1963 è il terzo e ultimo film con Jean Gabin nei panni del commissario di Simenon. Rispetto agli altri due, direi che l’attore ha un’interpretazione molto vicina al temperamento del Maigret dei libri, lo ha probabilmente assimilato. Il film è in bianco e nero, e rispetto agli altri ha una realizzazione più dinamica, ha un montaggio più serrato. Risulta lunga ma efficace la sequenza della lotta psicologica che avviene nell’interrogatorio tra Maigret e il padrone del bar che serve da copertura ai delinquenti. E qui si capisce come il commissario si pone: l’attenzione al realismo, i dettagli, la capacità di scavare nel profilo degli indagati senza cadere nel moralismo, ma scandagliando nel loro animo.
La pellicola è tratta dal romanzo omonimo scritto nel 1951 durante il soggiorno americano di Simenon e non a caso la trama s’intreccia con i servizi segreti Usa. Il personaggio iniziale è l’ispettore Lognon, che si trova in molti nei romanzi del commissario. La sua figura è particolare, sempre con il fazzoletto in mano, malaticcio, piagnucoloso, personalità da riassumere con il termine sfighè. Assiste a una sparatoria con un morto che viene raccattato da un’auto misteriosa. Ha sentito vociare in lingua americana. Indaga ma viene picchiato.
Maigret segue la pista di un locale il cui proprietario, americano, ha sempre avuto rapporti con delinquenti. Incontra nell’ambasciata americana a Parigi uno strano personaggio che gli consiglia di lasciar perdere. Il caso si fa spesso e complicato, sembra che non si approdi a nulla e Maigret sottolinea al magistrato che lo incalza sull’esito delle indagini: Aspettare è una parte del mestiere.
Butta un’esca facendo finta di aver arrestato un finto colpevole, i giornali risuonano da amplificatore e i banditi si scoprono lasciando poche tracce, ma importanti per l’occhio attento e la mente di Maigret. Scoprirà infine che c’è di mezzo un collaboratore di giustizia che deve essere trasferito negli States, un infiltrato dell’FBI e …
In questo film Gabin non si toglie mai il cappello se non nel consolato americano e la moglie è completamente assente. Il regista (Gilles Grangier) non ha avuto guizzi alla Jean Dellanoy che ha diretto i due film precedenti. Tutto sommato l’interpretazione di Gabin è buona, ma mancano i silenzi e gli sguardi che nelle pellicole precedenti erano più eloquenti e significativi.
Notizia di questi giorni è che tra novembre e dicembre inizieranno le riprese di Maigret e la giovane con la regia di Patrice Leconte (Ridicule, L’uomo del treno, Confessioni troppo intime) con interprete Gerard Depardieu che considera il commissario l’amico di una vita. Se spegnerà i suoi eccessi, e ne è capace, sicuramente è l’attore giusto. Il fatto di conoscere la letteratura di Simenon lo aiuta notevolmente e afferma: Mi piace il suo istinto, la sua capacità di ascolto. Maigret è anche il suo silenzio. E in questa sua dimensione ritrovo molto di me oggi e del mio desiderio di quiete, di solitudine… Simenon fa parlare Maigret anche con i suoi silenzi.

giovedì 19 settembre 2019

martedì 17 settembre 2019

DON CAMILLO a fumetti - n.17 Sul campanile





DON CAMILLO a fumetti - n.17
Sul campanile
ReNoir


E siamo arrivati al volume 17, sempre con storie tratte dagli scritti apparsi su Il Candido, che poi approderanno in Mondo Piccolo. Abbiamo 6 racconti illustrati tutti apparsi sul settimanale umoristico nel 1951 più una chicca.
Disegnati splendidamente come sempre.
Due mi sono piaciuti in particolare: Mani Benedette e Triste domenica. 
Non che gli altri siano da meno, anzi, ma questi due mi hanno acchiappato di più. Tutti hanno una malinconia che ė positiva.
La chicca è la quarta parte del prototipo di don Camillo scritta nel 1946 e dal titolo Gazzettino Gezzettino di Roccapezza.
Come sempre, da collezionare.







lunedì 16 settembre 2019

sabato 14 settembre 2019

giovedì 12 settembre 2019

MAIGRET E IL CASO SAINT-FIACRE/ Il film da guardare insieme al libro di Simenon



Georges Simenon scrive nel carteggio con André Gide, “Caro Maestro, Caro Simenon”: “…E dall’età di diciotto anni, ho capito che avrei voluto essere un giorno un romanziere in tutto e per tutto, e ho capito anche che l’opera di un romanziere non può cominciare prima dei quarant’anni come minimo”. “Anzitutto il mestiere. Impastare il gesso. Mi sono dato dieci anni per questo”. “Il romanzo può cominciare perché parto da un minimo d’azione. Ma è difficile restare immersi per tutto il tempo della durata dell’azione”. E per fortuna che scriveva i suoi Maigret in soli tre giorni!
E siamo al secondo film (Maigret e il caso Saint-Fiacrecon la regia di Jean Dellanoy e con Jean Gabin protagonista. Il 5 maggio 2019 è ritornato nelle sale italiane restaurato. La pellicola si discosta dal libro, sicuramente più intenso ed efficace; il finale è diverso, ma come il romanzo di Simenon anche il film è un gioiellino.
Al Quai des Orfrèves arriva una richiesta d’aiuto a Maigret, la contessa di St. Fiacre ha ricevuto una lettera anonima: “L’ora del castigo è suonata, morirai durante la funzione delle Ceneri”. Maigret è nato a Saint Fiacre e vi ritorna malinconicamente. Alle sei del mattino è in chiesa, la messa termina, ma l’anziana contessa non si alza, è morta. Maigret si stupisce di non essersi accorto di nulla, una sconfitta per lui, ma pazientemente e acutamente ripercorre tutti i passi e comincia a guardare quello che gli sta intorno e a conoscere le persone che gravitano nel paese e nel castello della morta.
C’è uno scaltro segretario che vende i quadri e i mobili della contessa per far quadrare i conti della decadenza nobiliare; il custode del castello con figlio che lavora in banca; lo scarso dottore del paese, compagno di scuola di Maigret; l’autista e il cameriere; il campanaro tontolone, anch’egli compagno alle scuole elementari del commissario, e il molle curato. Aggiungiamoci l’arrivo del figlio guascone della donna che non fa altro che sperperare franchi e lasciare in giro assegni a vuoto e che aveva già molto fatto soffrire la madre in vita.
La morta ha avuto un attacco cardiaco, Maigret riannodando i fatti accaduti coglie nel segno e acutamente arriva a pensare che un’emozione ha ucciso la donna. Nel breviario della nobildonna trova un falso articolo di giornale che annuncia il suicidio del figlio. Maigret è sarcastico e ironico e tratta con forza i personaggi sopra nominati e, quando è certo di aver annusato il colpevole, convoca tutti un po’ come Poirot alzando i veli delle miserie della maggior parte di loro e incastra il colpevole.
Parallelamente consiglio di leggere anche il libro, qualche critico ha dato un giudizio negativo sul film, accampando il fatto che Gabin/Maigret fosse troppo vecchio rispetto alla contessa che ventenne l’aveva conosciuto ancora ragazzino.
Tre tocchi di Dellanoy:
– Il film parte con un Maigret seduto di spalle in treno che guarda la campagna dal finestrino e la lettera anonima. Poi, sempre di spalle, lo vediamo scendere dal treno finché non entra nel caffè della stazione dove lo aspetta la contessa e finalmente lo vediamo in volto.
– Non si toglie mai il cappotto se non quando riunisce tutte le persone che girano intorno al castello per l’atto finale.
– Alla fine del film Gabin è in primo piano (forse il secondo o terzo di tutta la pellicola), è mesto e triste e una voce fuori campo domanda: “A che cosa sta pensando Maigret?”. Ma come nei vari romanzi di Simenon con lui protagonista non vi è risposta e il film termina.

mercoledì 11 settembre 2019

S. Messa con videoproiezione



S. Messa con videoproiezione
Letture in versione italiana e tedesca per i turisti. Grandissimi.
Una predica di 7 minuti, nessun pippotto all'ingresso e prima delle letture, due minuti di avvisi.
Canti curati




lunedì 9 settembre 2019

sabato 7 settembre 2019

venerdì 6 settembre 2019

martedì 3 settembre 2019

Obrobrio


Che colore....